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Trump e Israele, intervista con Amira Hass

Per motivi di sicurezza nazionale ed evitare di compromettere il processo di pace tra Palestina ed Israele, il Jerusalem embassy act con l’obiettivo di spostare l’ambasciata americana da Tel-Aviv a Gerusalemme, approvato dal Congresso nel 1995, veniva bloccato dalla “proroga semestrale”, che tutti i presidenti, fino all’amministrazione Obama, avevano firmato.

Amira HaasDopo l’ascesa alla Casa Bianca di Donald Trump, le dichiarazioni del nuovo ambasciatore in Israele David Friedman, dimostrano la volontà di cambiare linea e di avviare il processo di spostamento, con una larga approvazione del governo d’Israele, felicitato dell’atto che dimostra di confermare una volta per tutte Gerusalemme come capitale di Israele.

Il nuovo ambasciatore ex avvocato di Trump, è un personaggio poco conosciuto, che però fin da subito ha manifestato le sue ostilità contro il popolo di Palestina, dichiarandosi favorevole ad una definitiva annessione della Cisgiordania.

Netanyahu gioioso della vittoria di Trump, ha annunciato la conferma della costruzione di 2500 alloggi nei territori occupati della Cisgiordania, idea che era stata congelata per evitare ulteriori attriti con l’amministrazione Obama.

Amira Hass giornalista israeliana che vive nelle zone occupate, durante una conferenza organizzata dall’Università di Torino il 26 Gennaio 2017, racconta che parte della comunità ebraica ha imparato ad abusare della storia del nazismo, mercificando l’olocausto e usando l’antisemitismo come scusa per criminalizzare qualsiasi protesta o critica contro lo Stato d’Israele.

L’abuso di fatti e sofferenze reali come strumenti utilizzati per l’ascesa al potere, è stata molto evidente in quest’ultimo periodo con l’elezioni di Trump, rappresentando la scia cavalcata fin da sempre da Israele, ormai, parte della nostra epoca.

Il vuoto prodotto dalla cultura del negazionismo che si scontra con quella della conoscenza è riempito dalla creazione di false notizie; tutti questi elementi aprono l’era del post-verità, e per la gioia della destra israeliana, ha riunito i due gemelli separati dalla nascita.

L’era Trumpista, spiega la Hass, libera i due centri di potere, Israele e Stati Uniti, dall’obbligo di fingere che esistano dei valori di giustizia sociale e desiderio di uguaglianza, i quali dovrebbero guidarli; l’ipocrisia non è necessariamente negativa in politica, perchè costituisce un riconoscimento dell’esistenza di quell’insieme di valori descritti prima, che limitano e pongono dei limiti delle idee nazionaliste, narcisiste del singolo al potere.

Con Trump questo sistema di valori viene ridicolizzato; Netanyahu non ha più bisogno di fingere e non c’è più nessuno che possa fermare le sue idee di espansionismo. Tutto ciò, ammette Amira Hass, fa molta paura, non si riesce ancora a capire fino a che punto si arriverà; l’ascesa di Trump non è accidentale, fa parte di tendenze analoghe, che incoraggiano alcuni governi, in questo caso quello Israeliano a proseguire idee criminali, narcisiste, che, nonostante prima non si fossero arrestate, avevano quantomeno dei limiti.

Tale atteggiamento degli Stati Uniti non sembra favorire un ipotetico arresto della politica di Netanyahu, ibernando la possibilità di una pace con il popolo di Palestina, ma soprattutto, ignora tutte le risoluzioni internazionali che fino ad ora hanno considerato illegittima l’occupazione israeliana.

 di Stefania Arito

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