Medio Oriente

Soleimani lavorava per costruire pace e sicurezza

Riproponiamo l’intervista dell’Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran, Hamid Bayat, all’agenzia di stampa AdnKronos, nell’anniversario del martirio di Qassem Soleimani.

Il 3 gennaio sarà il primo anniversario della morte del generale Qassem Soleimani. Uno scienziato nucleare, Mohsen Fakhrizadeh, è stato recentemente ucciso in Iran. C’è una connessione tra i due omicidi?

Il martire Gen. Soleimani, di cui in questi giorni ricorre l’anniversario dell’assassinio, lavorava alacremente per costruire pace e sicurezza non solo per il popolo iraniano, ma anche per la Regione dell’Asia occidentale e per l’umanità. Uno dei suoi grandi servizi a tutti i popoli, inclusi gli europei, è stato quello di liberare il mondo dall’Isis e di porre fine al suo dominio territoriale in Iraq e Siria, compiuto con coraggio e abnegazione e ovviamente, su richiesta dei governi iracheno e siriano. Il Gen. Soleimani, intransigente combattente e nemico del terrorismo, è stato martirizzato per volere di Trump, che asserisce falsamente di combattere il terrorismo, come prova della vergognosa vacuità degli slogan americani nella lotta al terrorismo. I suoi solenni e imponenti funerali in varie città dell’Iran e dell’Iraq e lo svolgimento di numerose cerimonie in suo onore in tutto il mondo, sono la testimonianza della alta considerazione dei popoli per lui.

Anche lo scienziato martire Dr. Fakhrizadeh è stato tra coloro che hanno lavorato nel campo della ricerca nucleare pacifica, compresa la difesa nucleare. A capo della Organization of Defensive Innovation and Research, le sue attività di ricerca includevano la produzione del kit per il coronavirus e l’individuazione del suo vaccino. Il suo assassinio dimostra l’ostilità del regime israeliano e dei suoi sostenitori verso le attività scientifiche al servizio dei popoli. Sulla base di nuovi indizi, pare che l’assassinio del dottor Fakhrizadeh sia stato compiuto dal regime israeliano, il più stretto alleato degli Stati Uniti nella Regione, che ha una lunga storia di atti terroristici contro scienziati nucleari iraniani.

L’uccisione del Gen. Soleimani e del Dr. Fakhrizadeh, perpetrati dai nemici dell’Iran in palese violazione dei diritti umani, hanno come scopo privare l’Iran degli strumenti e delle risorse che determinano il suo potere e di renderlo indifeso dinnanzi alle cospirazioni. I mandanti di questi omicidi non sono in grado di comprendere il semplice fatto che la strada tracciata da queste due eminenti figure continua ad essere percorsa più che mai dal popolo iraniano e dai numerosi discepoli che hanno formato.

Quali conseguenze ha avuto l’uccisione di Soleimani sulla lotta al terrorismo nella regione?

Solo gli Stati Uniti, il regime israeliano e i terroristi, compreso l’Isis, si sono rallegrati dell’assassinio del Gen. Soleimani. La lotta al terrorismo, da lui guidata, ha portato all’annientamento della creatura che Stati Uniti e Israele avevano creato nella Regione, vale a dire l’Isis (Daesh), rendendo i suoi creatori furiosi. Dopo questo assassinio, gli Stati Uniti stanno cercando di apportare cambiamenti nella Regione con l’obiettivo di diffondere insicurezza e instabilità per creare le condizioni di un ritorno di questo movimento. L’obiettivo degli Stati Uniti è di rendere la nostra Regione non sicura e instabile, perché una delle conseguenze importanti della instabilità, è quella di accrescere il mercato per la vendita delle loro armi e prodotti militari ad alcuni Paesi della Regione.

La Repubblica Islamica dell’Iran, insieme ai governi e ai popoli della Regione, come Iraq e Siria, porta avanti invece la lotta contro il terrorismo e la violenza, nella forma di gruppi come il Daesh. Contrariamente alle politiche statunitensi, l’Iran cerca sicurezza e stabilità con la partecipazione dei Paesi della Regione. Crediamo che se i Paesi della Regione non partecipassero unanimi alla ricerca condivisa della sicurezza sul loro territorio, ci sarebbe sempre la possibilità che gruppi terroristici operino con il sostegno americano.

Si parla sempre più di un ritorno degli Stati Uniti nel Jcpoa. Pensa che il ritorno di Washington all’accordo sia positivo?

Per quanto riguarda il ritorno degli Stati Uniti all’accordo nucleare, guardiamo alle azioni, non alle dichiarazioni. Resta da vedere quale decisione prenderà il presidente eletto Biden dopo la presa del potere. Sono stati gli Usa sotto Trump a ritirarsi dal Jcpoa e dalla relativa risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza. A seguito del ritiro dall’accordo nucleare nel maggio 2018, gli Stati Uniti hanno reimposto tutte le sanzioni e portano avanti una politica ostile nei confronti del Jcpoa e dell’Iran, continuando a minacciare ed esercitare pressioni palesi e nascoste e diffuse contro i partner commerciali dell’Iran, compresa l’Italia (che fino al 2018 era il principale partner commerciale dell’Iran in Europa con un volume di scambi di oltre cinque miliardi di euro).

In tal modo, gli Stati Uniti hanno commesso una violazione sostanziale, sistematica e continua dei loro obblighi ai sensi della Risoluzione 2231, della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. D’altro canto, gli Stati Uniti hanno di fatto ostacolato l’adempimento degli impegni di altri governi. Gli Stati Uniti di Trump hanno imposto più di 1.500 sanzioni all’Iran negli ultimi quattro anni.

Se gli Stati Uniti di Biden torneranno all’attuazione dei loro obblighi e revocheranno le ingiuste sanzioni contro l’Iran, in modo tale da esercitare un positivo impatto sulla vita del popolo iraniano, allora anche l’Iran tornerà al pieno adempimento dei suoi obblighi. Questo processo potrebbe condurre al ripristino della diplomazia multilaterale e il mantenimento degli impegni internazionali.

L’Italia potrebbe tornare centrale se dovessero riaprire i negoziati sul Jcpoa?

Iran e Italia hanno alle spalle relazioni durature che hanno attraversato i secoli. La storia dei rapporti bilaterali tra i due Paesi ha sempre dimostrato che esistono le capacità per andare oltre nello sviluppo delle relazioni in diversi ambiti. Abbiamo sempre accolto favorevolmente il contributo dell’Italia alla pace e alla stabilità. Crediamo che la lunga storia di amicizia e di vicinanza tra Iran e Italia e un ulteriore sviluppo delle nostre relazioni, costituisca un grande patrimonio per i due Paesi, al servizio del benessere dei loro cittadini. Senza dubbio se gli ostacoli esistenti, comprese le sanzioni, venissero rimossi, l’Italia tornerebbe rapidamente alla sua posizione di primo partner commerciale dell’Iran in Europa con un volume di scambi molto più alto di prima.

Le aziende italiane, grandi e piccole, hanno sempre espresso la loro insofferenza verso l’imposizione di sanzioni e di ostacoli nel percorso dei rapporti tra i due Paesi, e sottolineato la loro disponibilità a proseguire le collaborazioni. L’Italia gode di una buon credito tra gli iraniani e in Italia esiste rispetto nei confronti dei rapporti con l’Iran in ogni ambito e dimensione. Posso quindi affermare con sicurezza che se gli ostacoli venissero rimossi, l’Italia tornerebbe rapidamente alla posizione di primo partner commerciale dell’Iran in Europa e si determinerebbero ancor più opportunità rispetto al passato per sviluppare le relazioni tra i due Paesi.

Ci sono contatti con il governo italiano sulle sanzioni contro l’Iran?

I rapporti con l’Italia, primo partner commerciale dell’Iran in Europa, sono stati influenzati negativamente negli ultimi anni a seguito dell’imposizione delle sanzioni, quindi questo è stato uno degli argomenti di discussione con il governo italiano e le aziende italiane. Sfortunatamente, molti esportatori italiani sono stati privati dell’opportunità del mercato iraniano e ciò ha comportato gravi perdite per queste aziende. Ridurre al minimo gli effetti delle sanzioni illegali e unilaterali americane, richiede cooperazione tra i governi. Nonostante tutte le pressioni degli Stati Uniti e persino le minacce alle imprese, l’Italia rimane il secondo partner commerciale dell’Iran nell’Unione Europea.

Pensa che possa riprendere un dialogo tra Washington e Teheran con la nuova amministrazione Biden?

Nel quadro del Jcpoa (qualora gli Stati Uniti rientrino nell’Accordo e si sospendessero le sanzioni) possiamo dialogare con questo Paese. Più precisamente gli Usa qualora rientrino nell’Accordo tornerebbero a sedere al tavolo negoziale e quel tavolo nuovamente si trasformerebbe in un 5+1 con la Repubblica Islamica dell’Iran. L’Amministrazione Biden deve rimanere fedele alla Risoluzione 2231 e dimostrare la propria buona determinazione interrompendo la guerra economica iniziata da Trump contro l’Iran. Certo non si può dimenticare che il Jcpoa è un Accordo multilaterale il cui processo di definizione è durato anni. Abbiamo chiaramente detto e qui lo ribadisco che l’Accordo nucleare è il frutto di uno sforzo diplomatico multilaterale e dell’Unione Europea, nella persona dell’italiana Federica Mogherini che vi ha svolto un ruolo rilevante. Come tale non è rinegoziabile, né passibile di aggiunte o sottrazioni, benché corrano voci negli Stati Uniti e in Europa in questo senso. Ogni proposta di revisione, rinegoziazione o rinnovo sarebbe in contrasto con la Risoluzione 2231 e chiaramente non accettabile nemmeno per l’Iran.

In Italia c’è grande attenzione per il caso Djalali, condannato a morte in Iran. È possibile che venga rilasciato o rimarrà ancora in prigione?

A questo proposito e riguardo alle questioni concernenti i diritti umani, l’Ambasciata della R.I. dell’Iran in Italia ha contatti frequenti con le competenti istituzioni del Paese tra cui il parlamento. Si sono svolti incontri  e scambiata corrispondenza con le autorità responsabili presso il Senato della Repubblica italiana. I due Paesi hanno partecipato a quattro sessioni di Dialogo sui Diritti Umani e la quinta, ospitata dal “Siracusa International Institute”, è stata ritardata a causa della pandemia da Covid.  Questo genere di iniziative sono estremamente utili per una reciproca comprensione delle tematiche relative ai Diritti Umani e alla Giustizia penale.

Quando si parla di Diritti umani, bisognerebbe fare una distinzione. Un conto è il concetto in sé di diritti umani e la necessità della loro salvaguardia; dubito infatti che esista un Paese al mondo che osteggi seriamente la necessità di promuovere i diritti dell’Uomo. La società così come la intendiamo non potrebbe autodeterminarsi senza di essi e non ci potrebbero essere relazioni tra Governance e popolazione. Altra questione sono alcuni meccanismi che sottendono la questione dei diritti umani. Ritengo che questi meccanismi rendano possibile una strumentalizzazione  politica ai danni di quei Paesi soggetti al monitoraggio del grado di tutela dei diritti umani.

Ci sono vari esempi di ciò: basti osservare come ogni Paese che abbia problemi politici con determinati Paesi, si trovi dopo poco, oggetto di accuse che riguardano la violazione delle Risoluzioni sui Diritti umani, azioni di terrorismo, detenzione di armi di distruzione di massa, non appena però le problematiche di ordine politico vengono superate, anche la questione dei diritti umani perde importanza e la sua discussione scompare dall’ambito delle relazioni tra quei Paesi, soprattutto con i Paesi occidentali. Doppi standard di giudizio fanno sì che la natura delle problematiche inerenti i diritti umani cambi e che questi alti inalienabili valori si trasformino in meri strumenti con cui perseguire intenti che sono per lo più politici.

In relazione ai dossier giudiziari, è importante considerare i dettagli di ogni singolo caso, poiché parte delle ambiguità verrebbero chiarite. Riguardo alla vicenda del Sig. Djalali è bene sapere che il processo si è svolto in un ragionevole lasso di tempo e sulla base di prove certe è stata formulata un accusa di spionaggio. Le informazioni che il suddetto ha messo a disposizione dei servizi di informazione di Paesi ostili hanno reso possibile l’assassinio degli scienziati nucleari iraniani. Nonostante questo, le ultime notizie pervenute dal potere giudiziario, parlano per il momento di una sospensione dell’esecuzione.

Quando inizierà la campagna di vaccinazione contro Covid in Iran?

Dal febbraio scorso, l’Iran sta affrontando il diffondersi del Covid-19 e le serie difficoltà createsi in ambito sanitario per la cura e la prevenzione del contagio. Da una parte la pressione esercitata dalle disumane sanzioni americane ha limitato fortemente la vita quotidiana della popolazione iraniana, dall’altra, gravi difficoltà sono derivate alla R.I. dell’Iran dai seri ostacoli Usa e dall’adesione alle politiche americane da parte di  alcuni Paesi occidentali, fornitori di apparecchiature mediche e farmaci. A ciò si aggiungono gli ostacoli posti alle transazioni commerciali con l’estero anche se finalizzate all’acquisto di farmaci o dispositivi medico-sanitari per la prevenzione di malattie speciali e straordinarie quali il Covid-19. Nonostante ciò, la capacità del Paese di gestire la situazione, i suoi immani sforzi e l’alto spirito di sacrificio, hanno permesso all’Iran di controllare la crisi e contenere in parte i danni da essa derivati.

Riguardo alle vaccinazioni su scala nazionale, si sono intrapresi tre percorsi paralleli; l’uso delle capacità scientifiche nazionali per la realizzazione e la produzione di un vaccino iraniano, l’acquisto di un vaccino in ambito COVAX e infine la co -produzione in collaborazione con importanti società.

La ricerca per la produzione di un vaccino anti Covid è iniziata anche in Iran contemporaneamente ad altri centri di ricerca e nonostante le limitazioni derivate dalle illegali sanzioni Usa, è stata raggiunta la terza fase delle sperimentazioni cliniche.

Per l’acquisto del vaccino l’Iran ha aderito al progetto globale di assegnazione dei vaccini COVAX nel mese di Aprile. Anche qui le sanzioni hanno significato per l’Iran problemi seri riguardo al pagamento della propria quota che perdurano tutt’ora. Sebbene la Banca Centrale iraniana abbia dichiarato di poter onorare parte della quota, l’ostacolo principale  rimane l’impossibilità di trasferire le somme alla società produttrice  e questo a causa del sabotaggio Usa.

Infine, l’Istituto Pasteur iraniano in collaborazione con un altro Paese è giunto al termine della prima fase delle sperimentazioni cliniche e sotto la supervisione dell’Istituto è iniziata la seconda. Si prevede che le sperimentazioni per l’ottenimento di un vaccino anti Covid si concludano per la fine del prossimo mese di febbraio.

di Redazione

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