Siria, pochi traditi e molti traditori
Siria – Nelle ultime settimane è stato detto di tutto e il contrario di tutto sulla questione siriana e sulla sbandierata “liberazione”. Cercando di non essere l’ennesima fazione pro o contro e senza voler fare i “tifosi da stadio” di cui l’Italia è patria, proviamo a fare un po’ di chiarezza e verità sui fatti che hanno portato alla caduta di Bashar Al-Assad. Senza voler peccare di presunzione, ci teniamo a sottolineare che le nostre sono fonti che arrivano direttamente dal campo.
Lo scorso anno, in una mossa sorprendente, il Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti è atterrato a Damasco, promuovendo una normalizzazione delle relazioni tra Bashar al-Assad e gli Stati del Golfo, in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Dopo di ciò, sono state prese numerose e sorprendenti decisioni contro l’Asse della Resistenza, in particolare prendendo di mira Hezbollah e l’Iran. Il tutto, dimenticando chi, oltre un decennio fa, ha salvato Assad e il suo governo dall’aggressione terroristica.
Siria attua le seguenti restrizioni contro la Resistenza
- Una direttiva della sicurezza siriana per chiudere le scuole iraniane, compresi i seminari religiosi, e per vietare agli iraniani di affittare case o siti.
- Limitare il numero di visitatori iraniani che entrano in Siria a 200 a settimana.
- Limitare severamente le attività iraniane, in particolare quelle umanitarie come le organizzazioni di assistenza agli orfani e i programmi culturali. Gli ambienti specializzati che si occupavano degli affari siriani erano a conoscenza di questi sviluppi.
Inoltre, c’era un ordine da parte della leadership siriana di espellere tutti i membri di Hezbollah e di vietare loro di entrare in Siria con armi, anche personali. Hanno anche dovuto affrontare rigide ispezioni ai posti di blocco militari.
In precedenza, la Resistenza aveva richiesto di facilitare alcune operazioni di intelligence militare nel Golan dal territorio siriano, ma anche questa richiesta era stata respinta. Le restrizioni si estendevano anche alle fazioni irachene, a cui era stato ordinato di lasciare il territorio siriano più di nove mesi fa. L’unica presenza rimasta consisteva in alcuni membri a guardia del santuario di Lady Zaynab, a sud di Damasco. Sembra che le promesse che Bashar al-Assad ha ricevuto dal Golfo abbiano influenzato pesantemente il suo cambiamento di posizione.
Iran non abbandona gli alleati
Nonostante ciò, la Repubblica Islamica non abbandona i suoi alleati. La leadership iraniana ha tentato con insistenza di riconciliare rapporti e collaborazione con Assad. Ali Larijani ha cercato personalmente di convincerlo a riconsiderare queste restrizioni, ma sfortunatamente Assad non ha risposto.
Quando la Repubblica Islamica ha saputo degli accordi presi per rovesciare Assad, Larijani lo ha informato dell’intero piano più di sei mesi fa. Tuttavia, Assad è rimasto indifferente e ha continuato a prendere le distanze dalla Resistenza. Alla fine, la Repubblica Islamica ha preso la sua decisione e ha convinto Hezbollah a cessare i combattimenti il più rapidamente possibile.
L’Iran non affronta pubblicamente i suoi problemi attraverso i media, quindi questi dettagli non sono emersi al momento e sono rimasti confinati a una piccola cerchia a conoscenza della situazione. Molti sostenitori presumono che il crollo della Siria sarebbe una sconfitta per l’Asse della Resistenza, ma non è vero. L’unico valore strategico fornito dalla Siria era il corridoio terrestre, che Bashar al-Assad aveva tagliato un anno fa per sua decisione.
Da allora, la Resistenza ha lavorato su alternative e ha superato con successo le sfide poste dalle restrizioni siriane. L’Asse non è nuovo a tali ostacoli: lo Yemen è un esempio vivente. L’Asse della Resistenza aveva bisogno di uno Stato per raggiungere lo Yemen? O l’Iran aveva bisogno di una via terrestre attraverso uno Stato per consegnare le armi a Gaza?
Il tempo consegnerà tante scomode verità a coloro che oggi festeggiano la consegna della Siria a Israele, Usa, Turchia e Qatar.
di Redazione