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Genova, dopo il crollo inizia lo sciacallaggio politico

A Genova ed in tutta Italia la data del 14 di Agosto verrà ricordata come una delle più infauste nella storia della nazione. Alle 11:34 avviene il crollo una campata del Ponte Morandi, importante snodo viario del capoluogo ligure e anello di congiunzione per tutti i movimenti gommati che ogni giorno attraversano l’Italia. Che sia successo qualcosa di terrificante lo si capisce subito, ma è nelle ore successive che si ha la triste fotografia della situazione: 38 morti, 20 dispersi, 600 sfollati.

crollo-ponte-genovaSi perché oltre le vittime che si trovavano sul ponte in quel fatidico momento vi sono 600 famiglie che vivono nella zona sono state fatte sfollare dai Vigili del Fuoco che temendo ulteriori crolli. A vedere le foto c’è da rabbrividire, in quanto alcuni piloni del ponte poggiano proprio sui palazzi sottostanti.

Senza avere uno straccio di prove, senza sapere il perché ed il per come, esponenti di entrambi i partiti di governo, Lega e 5 Stelle, iniziano a sparare nel mucchio cercando di dare alla nazione affamata di verità un capro espiatorio sulla quale riversare la rabbia. In un esperimento continuativo del populismo mediatico per colpire le emozioni più ancestrali e nascoste. Una semplificazione costante di problematiche che andrebbero affrontate con tutte le cautele del caso. Tutto viene elementarizzato, dai vaccini passando per i fenomeni migratori sino ad arrivare all’ingegneria edile.

Senza contare che il “Prestanome” presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, giurista, professore di diritto privato presso l’Università di Roma Tre, l’Università di Sassari, l’Università di Firenze e l’Università Luiss di Roma, decide bene di affermare a reti unificate che: “Non aspetteremo i tempi della giustizia”, un’affermazione che implica due fattori: la giustizia italiana non funziona e quindi non bisogna affidarsi ad essa e la voglia di punire senza attendere alcuna sentenza mandando all’aria lo Stato di diritto e la divisione dei poteri.

I principali esponenti del governo iniziano ad affondare i denti sulla società che ha in gestione Autostrade per l’Italia, quella famiglia Benetton che il governo D’Alema diede in concessione le autostrade italiane.

La prima azione pensata dai 5Stelle è stata quella di voler recidere i contratti di concessione con Atlantia che gestisce Autostrade per l’Italia, ma la sparata oltre che indicare un bersaglio verso la quale far lanciare strali è impraticabile in quanto una recessione senza una sentenza che ne provi le colpe costerebbe al governo oltre 120 miliardi di penale. La risposta della società Atlantia non lascia dubbi: “L’annuncio del governo” è stato effettuato in carenza di qualsiasi previa contestazione specifica alla concessionaria ed in assenza di accertamenti circa le effettive cause dell’accaduto, siamo fiduciosi di poter dimostrare di aver sempre correttamente adempiuto ai propri obblighi di concessionario, nell’ambito del contraddittorio previsto dalle regole contrattuali che si svolgerà nei prossimi mesi.

Ma intanto il governo ha lanciato il sasso e dato alla popolazione un corpo da sbranare in quella che è a tutti gli effetti una perenne campagna elettorale fatta di soli annunci e della ricerca costante di un colpevole alla quale additare tutte le problematiche che attanagliano una nazione allo stremo. Purtroppo duole dirlo siamo dinnanzi ad uno spettacolo macabro, per le vittime che si contano e indecente per la politica che dovrebbe gestire con razionalità una situazione che vede già abbastanza emotività in circolo; eppure non è il primo ponte che crolla, altri ne sono crollati e forse altri ne crolleranno, anche se la speranza è quella di non dover più raccontare di tali avvenimenti che purtroppo non sono tragedie, ma effetti di un’incuria e di un lassismo che attanaglia la nazione.

Di ponti come quello di Genova ne è piena l’Italia, se è vero che dare in gestione qualcosa vorrebbe dire di mettersi nelle mani di chi gestisce è anche vero che non sempre le “cure” dello Stato hanno evitato tragedie. Utile sarebbe lavorare con razionalità e con decisione alla messa in sicurezza delle autostrade, utile sarebbe evitare di dare concessioni edilizie dove vi sono possibilità di frane, utile sarebbe evitare di sotterrare torrenti che esondano trascinando via vite umane, eppure in un sistema malato come quello italiano, il comportamento della politica è parte integrante della crisi e non della soluzione.

In un Paese fortemente debilitato, incapace di darsi una mossa per risolvere le croniche problematiche che lo attanagliano, “il governo del cambiamento” non fa nient’altro che accendere un faro sulla crisi del sistema nella quale l’Italia è immersa, dalla quale è impossibilitata ad uscirne per pura volontà politica.

 di Sebastiano Lo Monaco

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