Siria: la portaerei russa Admiral Kuznetsov verrà schierata nel Mediterraneo
di Salvo Ardizzone
Dopo molte anticipazioni è ormai ufficiale che la portaerei russa Admiral Kuznetsov verrà schierata nel Mediterraneo da ottobre a gennaio, partecipando con il potenziale del suo Carrier Battle Group alle operazioni in Siria. Dal Cremlino fanno sapere che navigherà a ridosso della costa siriana e il suo gruppo di volo imbarcato si coordinerà con la Task Force di stanza nella base di Hmeymin.
La nave, costruita in Ucraina a metà degli anni ’80 ma completata solo nel ’95 a causa degli spaventosi tagli alla Difesa conseguenti alla dissoluzione dell’Urss, sta concludendo il suo addestramento nel Mare di Barents dopo estesi lavori di riparazione. A conclusione della crociera offensiva nel Mediterraneo, entrerà nel cantiere di Roslyakovo (presso Murmansk) per il completo rifacimento del ponte di volo e dei sistemi di decollo e d’atterraggio, lavori che dureranno tre anni.
L’impiego di quella che è al momento è l’unica portaerei russa, obbedisce a molteplici ragioni tutte tese, come di consueto per Mosca, al conseguimento di obiettivi politici strategici attraverso l’impiego calcolato dello strumento militare.
La Kuznetsov, che può imbarcare fino a 52 aeromobili fra componente ad ala fissa ed ala rotante, per l’operazione preventivata avrà a bordo un gruppo di volo basato su 15 aerei fra Su-33 (variante navalizzata del Su-30) e Mig-29K, e 10 elicotteri fra Ka52-K, Ka-27 e Ka-31, che ha appena concluso il periodo di addestramento in Crimea. Non si tratta di una forza in sé imponente, ma darà un prezioso contributo ad una linea aerea già spinta quasi al limite nel congestionato aeroporto di Hmeymin.
E poi, ciò che conta di più è il gesto politico sotteso a quel dispiegamento e sottolineato dall’importanza, questa si, del Carrier Battle Group che l’accompagnerà: oltre ad almeno due cacciatorpediniere classe Sovramenny e Udaloy e un sottomarino d’attacco, si parla di affiancarle il gruppo da battaglia dell’incrociatore lanciamissili nucleare Pyotr Valiky, ammiraglia della Flotta del Nord; un’unità possente dell’antica classe Kirov, di cui è attualmente l’unica in servizio attivo, dotata di un mastodontico quanto micidiale armamento.
Un simile dispiegamento, che si va ad aggiungere alla Task Force già da tempo presente nell’area, è una potente dimostrazione muscolare sia nei confronti del Carrier Battle Group della Uss Dwight D. Eisenhower che incrocia nel Mediterraneo Orientale, sia nei confronti degli altri Paesi dell’area, a testimonianza del proprio ritrovato ruolo di superpotenza al centro degli equilibri della regione.
La formazione russa, oltre a contribuire a liquidare la traballante resistenza dell’Isis, è laggiù per sostenere le politiche di Mosca e indirizzare gli eventi nel senso degli interessi russi, più ancora che con i raid e i missili (che certamente lancerà) con la sua presenza e con il peso che deriva da un credibile quanto considerevole strumento militare, posto al servizio di una lucida politica tesa al conseguimento degli interessi nazionali.
Piaccia o no, al di là delle coincidenze d’interessi, il Cremlino ha un’agenda globale che non si identifica con la sola regione mediorientale, e le sue mosse sono finalizzate a fare tesoro del peso acquisito nell’area su dossier lontani, come in Europa o altrove.
Il suo crescente successo è comunque testimoniato dalla corsa degli attori locali a riallacciare (vedi Turchia) o rinforzare i rapporti (vedi Israele e lo stesso Egitto) per rientrare nel quadro degli interessi russi.
Mosca ha fatto con rapidità ed efficienza un notevole investimento politico e militare ed ora sta passando all’incasso sui dossier che più gli stanno a cuore; realismo politico vuole che gli scenari in evoluzione in Medio Oriente come in Nord Africa, dovranno necessariamente fare i conti con la crescente influenza russa e gli interessi profondi del Cremlino (che non necessariamente coincidono in pieno con quelli di chi gli è stato sin’ora alleato).