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Dopo Aleppo, la battaglia si sposta a Palmyra

Mentre iniziano i festeggiamenti per la liberazione di Aleppo, la battaglia si sposta fra Palmyra e Deir Ezzor. Dopo anni di guerra durissima, l’Operazione Alba di Vittoria si sta ormai concludendo con la completa liberazione della metropoli siriana del nord; i comunicati del Ministero della Difesa russo e siriano, confermati dal sedicente “Osservatorio siriano per i diritti umani” con sede (e protettori) a Londra, danno per ormai conclusa la battaglia.

PalmyraI terroristi si sono arresi: dopo la caduta di Sheick Sa’eed, l’ultima loro roccaforte, fra domenica e lunedì oltre 2mila di loro si sono consegnati all’Esercito siriano e ai loro alleati; gli altri, secondo l’accordo raggiunto, sono in ritirata lungo un corridoio aperto ad Anadan, a nord di Aleppo, sulla strada che porta alla Turchia. I civili, tenuti a lungo in ostaggio, sono defluiti a decine di migliaia; secondo recenti calcoli sono oltre 130mila ad essere già sfollati dall’inizio dell’offensiva. Le operazioni militari siriane si sono arrestate per permettere sia la loro sistemazione che l’evacuazione dei terroristi.

Adesso comincia la messa in sicurezza dei quartieri liberati, con la bonifica del tappeto di mine e trappole esplosive lasciate dai takfiri e i rastrellamenti per eliminare eventuali bande residue ancora nascoste nella città, operazioni che dureranno a lungo.

Il grosso delle truppe impegnate ad Aleppo verrà spostato su altri fronti critici: ad ovest, per liberare i Governatorati di Aleppo ed Idlib occupati dai terroristi legati alla Turchia; a sud, fra Palmyra e Deir Ezzor, dov’è in corso un’offensiva dell’Isis.

Il Daesh, in crisi in Iraq, dov’è assediato a Mosul ed espulso dalla gran parte dei territori che occupava nell’ovest del Paese, ha voluto lanciare un duplice attacco su Palmyra e Deir Ezzor per approfittare dell’attenzione mediatica sulla Siria e riaffermare la propria vitalità.

L’Isis ha concentrato su Palmyra forze fresche per almeno 4mila unità, appoggiate da una cinquantina di blindati e da almeno 150 pick-up armati; secondo quanto comunicato dal comando russo, li ha spostati dal nord, dove il momentaneo cessate il fuoco (l’ennesimo sollecitato da Onu e Occidente) ha permesso ai Daesh di disimpegnarsi, riorganizzarsi e calare a sud, e dall’Iraq, dove rischiavano di venire eliminati dall’avanzata nell’ovest del Paese delle milizie Hashd al-Shaabi e dell’Esercito iracheno.

Dopo furiosi combattimenti, il migliaio di combattenti di Damasco si sono ritirati dall’abitato di Palmyra per concentrarsi attorno alla base aerea di Tyas (conosciuta come T-4), nodo strategico a 40 Km dalla città e a ridosso della strada 32 che la congiunge a Homs.

Il perimetro difensivo della base ha già respinto un attacco nella mattinata, anche grazie alla copertura aerea che sta martellando i terroristi, ma ne sono previsti altri e più pesanti, vista l’importanza strategica della postazione ed i concentramenti di Daesh segnalati nei suoi pressi. Mentre i difensori si stanno trincerando, è in corso un afflusso di uomini e mezzi per preparare la nuova liberazione di Palmyra. Secondo indiscrezioni, le intenzioni dei comandi alleati russo-siriani sarebbe quella di inchiodare le forze dei terroristi in un’area desertica per indebolirle fortemente con attacchi dal cielo prima di procedere ad una nuova offensiva.

Contemporaneamente all’attacco su Palmyra, i Daesh stanno attaccando pesantemente Deir Ezzor, la città assediata da quattro anni con la sua popolazione, di cui l’Occidente non s’è mai occupato. I quartieri di Hawiqa e Al Rashdeyah sono stati al centro di duri scontri che hanno visto i terroristi respinti con forti perdite, ma sono in preparazione nuovi attacchi. Deir Ezzor, oltre ad essere una spina nel fianco per l’Isis in un territorio che esso controlla, costituisce il simbolo della Resistenza contro il Daesh.

I nuovi fronti di Palmyra e Deir Ezzor sono i colpi di coda dell’aggressione alla Siria: oltre ad avere la funzione di rilanciare l’immagine dell’Isis appannata da una lunga serie di sconfitte, serve a tentare di fermare il messaggio che in Siria l’aggressione sia stata ormai battuta, dando bugiardi argomenti a quanti (Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita e così via) intendono provare a ribaltare a un tavolo negoziale un risultato acquisito sul campo dall’Asse della Resistenza a prezzo di durissimi sacrifici. Un progetto destinato a infrangersi a Palmyra e Deir Ezzor come già ad Aleppo.

di Salvo Ardizzone

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