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Siria, Caschi Bianchi e menzogne

I Caschi Bianchi hanno conosciuto una crescente notorietà nella guerra siriana e in particolare, più di recente, in occasione della battaglia per la liberazione di Aleppo, finendo per essere candidati al Premio Nobel per la Pace e ricevendo il Right Livelihood, una sorta di Nobel alternativo. Per mesi i media occidentali hanno riempito gli schermi con le loro immagini, mentre salvavano vittime della guerra, diffondendo le loro dichiarazioni come la Verità Assoluta e facendone degli eroi senza macchia.

caschi bianchiPeccato che nessuno dica che i Caschi Bianchi, o meglio White Helmets, sia un’organizzazione con sede in Turchia fondata da James Le Mesurier, un ex ufficiale inglese tutt’ora in stretti rapporti con l’Intelligence britannico. Né dica che i Caschi Bianchi siano sovvenzionati (largamente) dal Governo inglese (12,5 ml di sterline nel 2016, ma erano 32 nel 2013, e questi sono solo fondi “ufficiali”), da società dell’onnipresente Soros (13 ml di dollari) e dagli Stati Uniti tramite l’Agenzia per lo sviluppo internazionale (23 ml di dollari), oltre che da diversi Paesi occidentali grazie alle pressioni di Usa ed Inghilterra.

Come pure, nessuno ha mai trovato singolare che i Caschi Bianchi operino esclusivamente nei territori controllati da Al-Nusra (ovvero Al-Qaeda) e perfino dell’Isis. D’altronde, uno dei suoi capi, Mosab Obeidat, è noto per aver svolto il ruolo di mediatore per rifornire i “ribelli” di armi e munizioni (i rapporti parlano di un “affare” da 2,2 ml di dollari).

Con simili premesse, è singolare che i Caschi Bianchi siano considerati una delle fonti più attendibili per ogni tipo di accusa lanciata contro il Governo siriano e i suoi alleati. E di accuse ne hanno lanciate un’infinità, sempre a senso unico, sempre più “drammatiche”, scagliate nella speranza che la reazione delle opinioni pubbliche occidentali, perché per esse erano confezionate, fermassero l’offensiva di Damasco che stava sgretolando i terroristi.

Eppure, le denunce che i Caschi Bianchi non siano un organismo indipendente ma fornisca servizi medici e supporto ai terroristi, oltre a mettere in atto una sistematica campagna di disinformazione contro il Governo siriano, sono tante. Ma accuse come quelle della giornalista Vanessa Beeley, o di giornalisti arabi come Abbas Jom’eh, che raccontano di salvataggi posticci a beneficio di media compiacenti, cadono nel vuoto.

Il ruolo di plateale disinformazione svolto dai Caschi Bianchi è stato emblematico da metà novembre, quando, per fermare l’appoggio aereo all’offensiva lanciata da Damasco su Aleppo Est, l’organizzazione, puntualmente ed immediatamente ripresa dal portavoce del Dipartimento di Stato Usa John Kirby, ha continuato incessantemente a denunciare bombardamenti di ospedali e cliniche mobili ad ogni incursione, tanto da far sbottare il portavoce della Difesa russa, generale Konanshenkov, che se fosse stato vero, ad Aleppo non ci sarebbe stato altro che cliniche e ospedali.

Ciò malgrado, il comando russo ha chiesto più e più volte ai rappresentanti della comunità internazionale di avere indicazioni sull’ubicazione di scuole e strutture sanitarie ad Aleppo Est, avendo per risposta che disponevano solo delle informazioni passate dai Caschi Bianchi (dimostratesi infondate quando la città è stata liberata) e da sedicenti “giornalisti” locali, rivelatisi successivamente organici alle formazioni di terroristi.

In realtà, la saga dei Caschi Bianchi non deve stupire e non è affatto l’unica; insieme c’è il sedicente “Osservatorio siriano per i diritti umani”, da sempre voce dei “ribelli”, con sede a Londra e diretto da Rami Abdel Rahman che vive a Coventry, vicino agli ambienti (ed ai finanziamenti) dei Servizi britannici. E ancora, c’è l’infinita serie di appelli che hanno inondato i social da Aleppo; profili farlocchi che raccontavano d’essere comuni cittadini che invocavano l’intervento dell’Occidente, salvo scoprirsi dopo uomini legati ai “ribelli”.

Per tutte vale la storia di Bilal Abdel Kareem, un giornalista accreditato fra i terroristi di Aleppo Est, conosciuto per aver intervistato i capi di Al-Nusra; una personalità assai in vista fra i “ribelli” che si spacciava per espressione della “società civile”.

Per concludere, i Caschi Bianchi fanno parte di un progetto di disinformazione, portato avanti con la più completa acquiescenza (e molto spesso complicità) dei media occidentali e del Golfo (vedi Al-Jazeera ed Al-Arabya), per distorcere e falsare la realtà agli occhi del mondo, presentando i carnefici come vittime e chi li combatte come macellai.

Storia vecchia, a cui Washington e i suoi alleati/sudditi ci hanno abituato, ma a cui un’opinione pubblica priva di consapevolezza continua ad abboccare supinamente.

di Salvo Ardizzone

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