Siria: a Yarmouk mentre i “ribelli” banchettano i civili muoiono di fame
Un breve video girato nel campo profughi palestinese di Yarmouk, 8 km a sud di Damasco, mostra un anziano deceduto per la fame e un giovane uomo forte e in salute di fronte al cadavere. Amr Shihab, attivista palestinese, racconta così la situazione nel campo: “Dietro le telecamere che riprendono i morti per fame e dietro le barricate del Fronte al-Nusra e di Aknaf Bayt al-Maqdis Brigades ci sono le persone che non hanno mai patito la fame durante questa guerra”.
Lo stesso vale per altre zone intorno a Damasco. I combattenti di al-Nusra possono permettersi di acquistare beni primari anche a prezzi esorbitanti perché sono finanziati dalla loro organizzazione. Dopo di loro ci sono i combattenti di Jaish al-Islam, affiliati al Fronte Islamico, con base nella parte orientale di Ghouta e i combattenti di Douma.
La popolazione civile, nelle aree controllate dai cosiddetti “ribelli”, rappresenta il più infimo gradino nella scala sociale e vive in condizioni di estrema indigenza. I militanti del Free Syrian Army si procurano beni di prima necessità anche con i furti, mentre quelli di al-Nusra e quelli di Jaish al-Islam sono finanziati dall’estero, secondo quanto riportato da Al-Akhbar. Un’attivista della Mezzaluna Rossa Siriana ha dichiarato che i “ribelli” si impadroniscono sistematicamente anche di una parte di aiuti che il governo di Damasco tenta di far entrare nel campo per cercare di arginare la piaga della miseria. I “ribelli” traggono profitto dal contrabbando di beni di prima necessità.
Yarmouk è il più grande campo profughi del Medioriente. Costruito nel 1957, non aveva per niente le fattezze di un campo profughi, era più simile a un qualsiasi quartiere periferico. Fino al 2011 ospitava più di 180 mila palestinesi, ridotti a meno di 20 mila dopo quasi tre anni di conflitto. Ora rappresenta l’emblema della devastazione e della miseria, in cui la bande armate dei “ribelli”, supportate e finanziate dall’Occidente e dai loro alleati regionali, primi fra tutti Arabia Saudita, Turchia e Qatar, hanno fatto precipitare la Siria.
L’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi, che nel campo si è sempre occupata di garantire i servizi essenziali, ha stilato, insieme al Undp (United Nations Development Programme) e il Scpr (Syrian centre for policy research), un dettagliatissimo rapporto, pubblicato in questi giorni, dal titolo “Umanità Dilapidata”. Nel rapporto, che copre gli ultimi due trimestri del 2013, si mettono in evidenza la drammatiche conseguenze del conflitto, in termini di aumento della povertà, della disoccupazione, del debito pubblico. “L’impatto sociale ed il peso sulle persone sono incalcolabili,” dice Chris Gunness, portavoce dell’Unrwa. “Come sottolinea il rapporto, il conflitto sta dilapidando l’umanità attraverso la violenza, la paura e la distruzione che hanno inflitto un danno socioeconomico che ricade su tutti gli aspetti della vita delle persone”.