Dal 2013, le truppe egiziane hanno demolito più di 12.300 edifici nella penisola del Sinai. Questa campagna di sgomberi forzati rappresenta un “crimine di guerra” secondo quanto riferito da Human Rights Watch (Hrw).
Le tensioni e le violenze decennali nella provincia del Sinai settentrionale si sono intensificate nel 2013 quando l’esercito ha rovesciato il primo presidente democraticamente eletto dell’Egitto, Mohamed Morsi.
Tra la fine del 2013 e il luglio 2020, l’esercito ha distrutto almeno 12.350 edifici, per lo più case, soprattutto nell’area di El Arish. L’esercito ha anche raso al suolo circa seimila ettari di terreni agricoli, per lo più dalla metà del 2016″, riporta il comunicato di Hrw.
Human Rights Watch ha affermato che le demolizioni e gli sgomberi forzati “sono delle violazioni del diritto internazionale umanitario e delle leggi di guerra, e probabilmente equivalgono a crimini di guerra”.
Il gruppo per i diritti ha anche scoperto che il processo di risarcimento è opaco, lento e privo di revisione o appello indipendenti. Migliaia di persone non sono mai state elencate per un risarcimento o non ne hanno ancora ricevuto alcuno.
Abusi egiziani nel Sinai
“Il governo egiziano dovrebbe porre fine agli sfratti e alle demolizioni abusivi, accelerare un risarcimento equo e trasparente per tutti i residenti e fornire garanzie che gli sfrattati possano tornare a casa non appena e quando possibile”, ha affermato Joe Stork, vicedirettore per il Medio Oriente e il Nord Africa dell’organizzazione per i diritti con sede a New York.
Le autorità egiziane non hanno risposto alle domande inviate da Human Rights Watch a gennaio in merito agli sviluppi in Sinai. I funzionari egiziani negano abitualmente la natura forzata degli sgomberi nella penisola.
Un precedente rapporto pubblicato da Hrw nel 2019 che dettagliava “gravi abusi” da parte dell’esercito contro i civili nel Nord Sinai ha suscitato rabbiose smentite dal Cairo.
di Redazione
