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Bahrain. Quando i crimini sono a farli i regimi “amici” non servono ispettori e sanzioni Onu

di Pietro Spitaleri

Continua la silenziosa repressione da parte del regime in Bahrain. Le forze di sicurezza sostenute da militari sauditi hanno soffocato con una sproporzionata violenza, le manifestazione anti-regime che si sono tenute in questi giorni in tutto il Paese, per denunciare il regime Al Khalifa.

Gli scontri più violenti si sono registrati la scorsa settimana, quando migliaia di persone hanno manifestato in diverse città e villaggi per celebrare la fine dei giorni di lutto per Yusef al-Nashmi, l’ultima vittima della brutale repressione del regime contro il popolo. Al-Nashmi è morto l’11 ottobre dopo aver trascorso quasi un mese in carcere.

Sabato scorso, la polizia in assetto antisommossa ha sparato colpi d’arma da fuoco e usato gas lacrimogeni per disperdere centinaia di manifestanti anti-regime in marcia nel villaggio di Sanabis, a ovest della capitale Manama, dove si stava svolgendo una manifestazione per al-Nashmi. Un manifestante, identificato come Abdullah Yassin, è stato colpito da un proiettile ed è stato portato in ospedale in condizioni critiche.

La rivolta del Bahrein ha avuto inizio a metà febbraio del 2011. I manifestanti chiedono le riforme politiche e una monarchia costituzionale, oltre che la fine della famiglia regnante Al Khalifa responsabile della brutale repressione delle proteste popolari, in cui sono morti decine di manifestanti, molti dei quali sotto tortura durante la detenzione, e migliaia sono stati arrestati dopo la rivolta popolare iniziata nel Paese del Golfo Persico.

Vergognoso è il silenzio da parte della comunità internazionale sulle violenze da parte del regime e sulle numerose violazioni dei diritti umani. Quando le violenze ed i crimini sono a farli i regimi “amici” non sono necessari ispettori e sanzioni dell’Onu.

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