Sicilia in balia della cattiva amministrazione
La Sicilia, squarciata da temporali, mostra una superficie friabile come pasta sfoglia. Catania, in primis. Le voragini e le pozzanghere abbondano, in compenso, in alcuni paesi, dai rubinetti neanche una goccia d’acqua. La segnalazione, da parte di molti cittadini, della negazione di diritti fondamentali: acqua potabile, ospedali, strade percorribili, non sono un valido lasciapassare per far agire le istituzioni. Scontata ma vera la metafora di una terra ormai crocevia di pozzanghere, basi militari, serre e raffinerie. Resta di inossidabile attualità il rischio di un giorno per giorno sempre più instabile, incerto, stracolmo di affanno. I siciliani si sono rassegnati all’idea di affidare il loro destino unicamente alla sorte.
E non bastano certo le chiacchiere belle propinate in tv. Chiacchiere che non raccontano passione politica e soprattutto umana e morale. Intanto il Paese affonda, non solo metaforicamente. Manca poco, e nell’immaginario collettivo, oltre ai carretti, all’Opera dei Pupi e alle splendide città, la nostra isola richiamerà alla memoria anche i dissesti, i crolli, i cedimenti e la grave incuria a cui sono abbandonate migliaia di strade, paesi, ponti per tutto il territorio delle regione. E mentre le nostre strade si sgretolano, qualche mese fa lo Stato ha chiesto la restituzione di ben 273 milioni di euro alla Regione Sicilia perché il tempo per utilizzarli è trascorso infruttuosamente.
Questi soldi erano la prima tranche dei Fondi Pac siciliani, quelli destinati all’occupazione e a progetti di sviluppo. Immaginiamo con quanta incredulità e rassegnazione lo Stato si sia ripreso i 109 milioni destinati ad appalti per infrastrutture. Siamo davvero al paradosso. Da una parte si invocano finanziamenti per rendere sicure le strade e le città, dall’altra si getta via l’opportunità di fare davvero qualcosa di concreto.
Con 109 milioni di euro si sarebbe potuto intervenire nei luoghi che ad oggi sono considerati più a rischio, mettendo in sicurezza una parte del territorio. Sarebbe stato già un inizio, ma i nostri amministratori sono sempre impegnati a occuparsi d’altro. Una (vana?!?)speranza: interventi più efficaci, attuabili in tempi brevissimi. Tutto ciò non può più essere considerato un auspicio, ma deve trasformarsi in un imperativo categorico.