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Sicilia, terra devastata sotto ricatto delle multinazionali

Sicilia – Sabato 16 ottobre, ad Augusta, sul sagrato della Chiesa Madre, si sono riuniti rappresentanti delle popolazioni di Gela, Milazzo e del triangolo Augusta–Priolo–Melilli. Gente che patisce sulla propria pelle l’effetto di pesanti concentrazioni industriali petrolchimiche. Sono territori, stuprati, devastati, avvelenati da aziende che, arrivate portando il miraggio dell’occupazione, hanno fatto terra bruciata per ogni altra attività, e ora tengono intere popolazioni ostaggio dell’ignobile scelta fra diritto alla salute o il lavoro.

Lo scopo dell’evento è stato quello di coordinare azioni giudiziarie comuni, perché chi inquina debba pagare sia in sede civile, risarcendo le vittime (che sono tantissime), sia penalmente per lo scempio ambientale e per la strage silenziosa che da anni si va compiendo per il cancro e le tante altre patologie indotte da quegli insediamenti.

Fra gli altri sono intervenuti: l’avvocato Antonio Giardina, legale delle azioni giudiziarie già promosse nei siti di Milazzo e Gela; Giuseppe Marano, consigliere comunale di Milazzo, citato dall’Eni per chiara ritorsione a seguito delle numerose iniziative contro l’inquinamento portate avanti sul suo territorio. A fare gli onori di casa era padre Palmiro Prisutto, il sacerdote che da molto tempo conduce una tenace battaglia contro i danni spaventosi che il polo petrolchimico di Augusta (il più grande d’Italia) arreca al territorio e alle popolazioni; la terra dei tumori potrebbe essere chiamata, visto che, come sostiene amaramente, ogni due funerali che celebra almeno uno è per cancro.

L’iniziativa intende dare visibilità ad un problema tragico quanto gigantesco, di cui nessuno vuole parlare perché troppo scomodo; per provare a dare una svolta ad una situazione terribile, occorrerebbe che le industrie devolvessero alla sua soluzione una parte degli immensi profitti che nell’arco di decenni hanno tratto dalla devastazione di quei territori. Occorrerebbe, ma anche se è ingenuo pensare che ciò accada, non si può accettare che la vita della gente sia cinicamente sacrificata nel silenzio all’utile dei gruppi industriali.

Nel quadro delle iniziative per dare voce ad una tematica ritenuta scomoda da troppi, sono state stampate 50mila cartoline da spedire al Presidente della Repubblica ed alla Procura perché finalmente vengano accese sul caso le luci che per troppo tempo sono rimaste ostinatamente spente.

Continueremo ad occuparci di questi casi, perché riteniamo che sia ignobile mettere in gioco la salute della gente in nome del profitto, e lo sia doppiamente se ciò avviene con la spregevole aggravante del ricatto occupazionale.    

di Salvo Ardizzone 

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