Sicilia, una Regione allo sbando
Che la Sicilia sia carica di problemi antichi è cosa che tutti conoscono, il guaio è che tanti, troppi, di essi sono generati da chi la dovrebbe amministrare.
Da fine luglio l’Assemblea Regionale è praticamente ferma, bloccata da una crisi della Giunta non formalizzata ma sostanziale; da allora non una legge, non un provvedimento e in ottobre è ancora peggio, con i deputati (si chiamano così in virtù dello Statuto Speciale incorporato nella Costituzione) che si sono riuniti in tutto per tre ore e mezza, e le commissioni legislative che funzionano una volta alla settimana; è l’intera macchina legislativa e amministrativa che gira a vuoto, pur continuando a costare una barca di soldi (che non ci sono). Alla faccia dell’impegno per un territorio che, tra fabbriche che chiudono, disoccupazione spaventosa e la costante minaccia del crimine organizzato, attraversa un momento terribile!
In compenso fuori dall’aula è un frenetico ribollire d’incontri, contrattazioni, patteggiamenti, in attesa di saldare il conto a un Governo Regionale che da tempo non riesce più a dire nulla.
Quella di Crocetta (il Presidente della Regione) è una crisi che viene da lontano; salutato da molti come una speranza per cambiar registro dopo la sciagurata vicenda di Lombardo (altro ex Presidente sotto processo per contiguità con la mafia), s’è risolta in un’esperienza fallimentare quanto paralizzante, costellata da “incidenti” di percorso. Gli ultimi in ordine di tempo, le dimissioni di un Assessore (la Sgarlata) per illecito edilizio a Siracusa quest’estate, e l’incredibile pasticcio del Piano Giovani, un flop colossale che, fra inchieste e polemiche, ha definitivamente seppellito sotto il ridicolo un’Amministrazione nata per cambiare tutto e che poco o nulla ha fatto.
A testimoniarlo è la relazione con cui la Corte dei Conti ha letteralmente crocifisso il bilancio del 2013; d’accordo che le colpe non sono certo tutte di Crocetta e dei suoi (basta ricordare i nomi di Cuffaro e di Lombardo), ma sarebbero stati necessari quell’umiltà e quell’equilibrio che sono totalmente mancati in chi s’è ritenuto (e si ritiene) l’unico difensore dell’onestà, secondo il quale chi è con lui è il bene e qualunque cosa faccia (o non sia capace di fare) è scusato, e chi è contro è il male. È in un simile clima manicheo quanto autoreferenziale che gli “incidenti” (leggi le corbellerie amministrative) vengono fuori a raffica nella paralisi generale.
Illuminante l’accordo sottoscritto il 5 giugno da Crocetta con lo Stato, in base al quale d’un tratto rinunciava per il periodo 2014 – 2017 ai tantissimi quanto corposi ricorsi per somme non versate dall’autorità centrale, in base alle prerogative dello Statuto Speciale e degli altri accordi, in cambio d’una cifra secca di mezzo miliardo; piccola cosa rispetto a quanto vantato, a parte la svendita delle prerogative statutarie e costituzionali. Ma guai a fargliene carico, si è tutti corrotti tranne lui e suoi sodali.
Ciò che serve alla Sicilia è altro: né Savonarola di quart’ordine, né ritorni a un passato buio. L’auspicio è che i siciliani ne tengano conto alle prossime elezioni regionali che, per come si mettono le cose, potrebbero per fortuna non tardare.