Sicilia, record di cervelli in fuga
In Sicilia, stando ai dati dell’Istat, vi è stato un incremento del 7% di ragazzi che abbandonano la propria regione, ma dato ancora più allarmante, solo 43 ragazzi su 100 si iscrivono all’università dopo aver ottenuto il diploma.
Secondo i dati dell’Istat il “benessere equo e sostenibile” (Bes) passa anche attraverso il livello di istruzione di una popolazione di un determinato territorio e stando ai dati, la Sicilia che ne viene fuori è una regione lontanissima dall’ottenere lo stato di “Bes”. Quello a cui è chiamata la Sicilia nei prossimi anni è uno sforzo che servirebbe per colmare il gap con le altre regioni italiane e cercare di offrire un livello di formazione adeguato anche perché gli studenti delle scuole superiori siciliane sono risultati i meno efficienti nelle competenze alfabetiche e in quelle numeriche. La regione Sicilia è prima solo per i Neet, ossia giovani che non studiano, non lavorano e non si formano. Un quadro che definire desolante è eufemistico.
A leggere i numeri ci sarebbe da rabbrividire: dal 2012 al 2017 la percentuale di giovani (25/39 anni) laureati che ha preferito fare fagotto e andare verso l’estero e in parte nelle regioni settentrionali è aumentata passando dal 21 al 28%; si tratta di giovani formati, con competenze che la Sicilia e l’Italia non sa valorizzare.
A livello provinciale la Sicilia ne piazza tre negli ultimi sette posti: Caltanissetta con il 57% dei laureati è penultima, Enna si piazza al 104esimo posto, Agrigento al 101esimo e Palermo all’87esimo, ma il dato che dovrebbe far riflettere i politicanti che sbandierano slogan di facile appeal c’è il tasso di giovani in possesso di un titolo di laurea. La Sicilia figura all’ultimo posto essendo l’unica regione che va al di sotto del 20%, il 18,8% per la precisione con la provincia di Palermo che si situa al 91esimo posto su 108 provincie, al penultimo posto la Campania con il 20,05%, mentre al primo posto si trova il Friuli Venezia Giulia con il 30% dei laureati.
Maglia nera a livello provinciale è Siracusa con il 38,5%, mentre Enna, Palermo e Catania figurano negli ultimi dieci posti. La Sicilia è penultima anche per bambini iscritti alla scuola dell’infanzia (87%), la provincia di Palermo al 102° posto, e per persone di 25/64 anni con al massimo il diploma di scuola superiore: poco più del 50% mentre il Lazio sfiora il 70%. Sale invece al terzultimo posto per competenze alfabetiche e numeriche dei ragazzi che frequentano il secondo anno della scuola superiore. Ma siamo primi per giovani tra 15/29 anni che non lavorano e non studiano: i Neet. Le prime quattro posizioni occupate da province siciliane: Caltanissetta (48,2%), Catania (40,6%), Trapani (40,0%) e Palermo (39,8%).
Ma lasciando i freddi numeri che danno un quadro desolante che cosa rimane? Rimane un dato di fatto: la politica è totalmente assente e disinteressata a far sì che questi numeri diminuiscano ed il motivo è molto semplice: bisognerebbe mettere in atto politiche educative mirate a risolvere la dispersione scolastica, politiche universitarie che dovrebbero introdurre il giovane laureato nel mondo del lavoro, ma non come carne da macello, ma come risorsa da utilizzare al meglio.
La politica italiana mira, indipendentemente dal colore politico, a devastare sempre di più il mondo dell’istruzione. E allora, i mirabolanti slogan come “Prima gli Italiani” lasciano il tempo che trovano e si dovrebbero vedere per quello che sono: bolle di sapone che incantano ma che scoppiano al primo alito di vento.
di Sebastiano Lo Monaco