Sicilia: il Muos e le sue tante contraddizioni
Sicilia – Ormai il temine Muos (mobile objetive system) è entrato di diritto nel lessico quotidiano di ogni cittadino di Niscemi. Volente o nolente da qualche anno a questa parte scandisce le giornate di tanti siciliani. Per quelli che ancora non lo conoscessero si tratta di un sistema di telecomunicazioni satellitare composto da quattro satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali definitivamente ultimata a fine gennaio di quest’anno. Il nuovo sistema, gestito dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, andrà a sostituire il precedente progetto Uhf Follow-Onn. Il mega radar nasce dall’esigenza di quest’ultimi di rendere ancora più efficienti e moderne le comunicazioni tra gli utenti mobili, e sarà in grado di comandare a distanza droni, cacciabombardieri, unità navali e veicoli di terra. Insomma, dietro quelle enormi parabole si nasconderebbe una vera e propria macchina da guerra di nuova generazione.
Il progetto iniziale prevedeva la costruzione dell’imponente impianto a Sigonella, ma il rischio legato a possibili problemi di malfunzionamento o peggio ancora di eventuali incidenti è stato considerato troppo elevato. Così si è individuato un nuovo sito, ovvero la base americana di contrada Ulmo, che si trova a pochi chilometri dalla città di Niscemi in provincia di Caltanissetta (Sicilia). L’individuazione da parte della Marina militare americana del nuovo sito è il primo elemento da cui scaturiscono una serie di decisioni presi di concerto dagli americani e dallo Stato italiano, che violano palesemente le leggi europee, nazionali e regionali in materia di tutela ambientale. Infatti il Muos si trova all’interno di una Riserva naturale di straordinaria bellezza, che vanta alberi millenari, un sottobosco ricco e luminoso ed una fauna diversificata con la presenza di specie rare. Non a caso la Riserva è stata dichiarata zona Sic (sito di interesse comunitario).
Una scelta folle
Perché scegliere la base americana che dista solo una manciata di chilometri dal centro abitato, quando sappiamo che le altre tre antenne rispettivamente in Australia, Virginia e isole Hawaii sono in zone non abitate? Vuoi vedere che la Marina militare statunitense ha scelto la zona nei pressi di Niscemi dopo aver studiato e analizzato gli abitanti del luogo? Magari in modo scientifico avranno misurato il grado di alfabetizzazione e coesione dei cittadini. E’ legittimo chiederselo. Anzi, alcuni interrogativi si pongono: è concretamente possibile che per vent’anni nessuno si sia chiesto cosa stesse accadendo all’interno della base di contrada Ulmo e non si sia mai accorto di ben quarantasei antenne, una delle quali visibile da ogni angolo della città? E il Comune che ruolo ha avuto in tutto ciò? Molti gli interrogativi che non trovano risposta.
L’opposizione in Sicilia
L’annosa questione Muos prende avvio nel 2008, quando la Us Navy presenta il progetto alla Regione Sicilia; da quel momento in poi la vicenda coinvolge pian piano sempre più gente, varie associazioni e movimenti ambientalisti, tutti preoccupati dell’impatto che il nuovo impianto avrà sul territorio, sull’ambiente e sulla salute delle popolazioni residenti in prossimità della base. E cosi che nel giro di qualche anno nascono movimenti spontanei No Muos in ogni angolo della Sicilia e non solo. E’ l’inizio di un lungo braccio di ferro tra coloro che si battono per difendere il proprio territorio e le istituzioni.
La forte opposizione dei tanti attivisti e motivata anche dal fondato timore che questo nuovo impianto andrà ad aggravare una situazione di per sé già allarmante, poiché all’interno della base esistono già altre quarantasei antenne (Nrtf) attive dal lontano 1991, che provocano un forte inquinamento elettromagnetico. Le preoccupazioni degli attivisti No Muos sono inoltre giustificati da numerosi studi svolti da autorevoli scienziati i quali evidenziano i possibili rischi correlati ad una prolungata esposizione a campi elettromagnetici di forte intensità. Ma nonostante il parere negativo degli esperti i lavori per l’installazione dell’impianto continuano fino alla definitiva messa in funzione avvenuta lo scorso novembre.
Del tutto comprensibile la lotta e la protesta dei cittadini che si vedono negato il diritto ad esprimere il proprio dissenso nei riguardi delle scelte che coinvolgono il proprio territorio. Indubbiamente, lo sguardo dentro robusti paraocchi, da parte delle istituzioni aumentano l’impotenza e la rabbia di chi si sente privato dei propri diritti, primo fra tutti quello alla salute. In questo contesto i media – eccetto rare eccezioni – hanno sotteso al loro compito di informare e documentare con continuità gli accadimenti. Brutti segnali che denotano un’informazione malata.
di Adelaide Conti