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Sgomberi e stallo politico: vite in pericolo per le vie di Roma

L’inverno è ormai giunto a Roma e la condizione dei rifugiati diventa sempre più drammatica. Molti sono di passaggio, altri desiderano semplicemente ricongiungersi alle proprie famiglie. Eppure sono in Italia, tentando di sopravvivere all’inverno e allo stallo burocratico che li imprigiona nelle nostre frontiere. La situazione è ormai arrivata anche al tavolo delle Nazioni Unite, i quali si sono espressi in un comunicato nel cui evidenziano serie preoccupazioni per i ripetuti sgomberi avvenuti negli ultimi mesi.
Accompagnati dai volontari, queste persone hanno iniziato un vero e proprio pellegrinaggio dal centro Baobab alla stazione Tiburtina, Verano ed altri luoghi da cui venivano sgomberati ogni 2-3 giorni. La violazione di un diritto umano fondamentale come il diritto ad una casa è peggiorato dal clima – politico e meteorologico – che si inasprisce sempre più nella capitale.

BaobabDurante l’arco del 2016, abbiamo avuto la fortuna di incontrare un volontario dell’associazione Baobab: il giovane G., militante politico ed attivista. Grazie al suo duplice ruolo nell’ambiente romano, è riuscito a fornire un quadro generale alle mie perplessità sin dall’inizio.
Per queste ragioni, a seguito delle ennesime notizie che giungono fino all’estero, abbiamo deciso di chiedere a G. una breve intervista informale per aiutare a chiarire una situazione intricata che sembra sempre più manipolata da mass media e politici. La stella polare deve essere la vita e la protezione di queste persone che fuggono da guerre e miseria, ricorda G., ma spesso sembra dimenticato per motivi politici e/o ideologici.

Quanto è durata la tua esperienza all’interno dell’associazione Baobab e come è iniziata?

Sono stato un volontario per circa un anno e mezzo. Ho iniziato facendo una semplice raccolta fondi. Una volta entrato, ho poggiato le scatole a terra e non sono più andato via. C’era tanto di quel lavoro da fare e tante di quelle facce che chiedevano aiuto… Non potevo portare roba da mangiare ed andare via, dovevo rimanere lì ad aiutare.

Grosso modo quanti sono i rifugiati e qual è il loro Paese d’origine?

Tra migranti in transito e quelli che sono rimasti più tempo, il Baobab ha accolto un totale di circa 39mila ospiti. Erroneamente si pensa che gli ospiti del Baobab desiderino rimanere a Roma ed in generale in Italia, ma in realtà siamo un centro per migranti in transito. Dopo un lungo viaggio arrivano sulle coste, si spostano a Roma e da lì vogliono migrare a Nord, verso la Germania. Attualmente non c’è più una struttura, quindi è impossibile calcolare quante persone ci siano, anche se è un numero infinitamente minore rispetto ai flussi che abbiamo toccato. Ad esempio, a luglio 2015 c’erano circa 800 persone in strutture che potevano contenerne 200.
Le nazionalità sono principalmente tre, tutte dal Corno d’Africa: Eritrea, Etiopia e Somalia, ma negli ultimi tempi abbiamo ricevuto anche persone dalla Libia.

Ultimamente l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha segnalato la violazione di diritti umani da parte del Comune di Roma. Cosa ne pensi a riguardo?

Penso che il Baobab si sia sostituito al lavoro che avrebbero dovuto fare le istituzioni. Abbiamo fatto tante cose, magari anche sbagliando o non facendole seguendo determinati procedure, ma non avevamo scelta. Abbiamo sopperito ad un buco enorme dell’amministrazione romana, sia durante la giunta Marino che quella Raggi.
L’inverno è il periodo più duro. La violazione dei diritti umani cade tutta nelle mani dell’amministrazione romana. Queste persone sono per strada e la sindaca Raggi non sa dare una risposta. Il Consiglio straordinario che ha costituito qualche settimana fa ha espressamente detto “io non so cosa fare”. Questo significa che Roma, una capitale europea con oltre tre milioni di abitanti, non è in grado di gestire un gruppo di 300/400 persone e non riesce ad attenersi a degli standard ed aspettative minime dettate dall’Ue.

La risposta alla fine è arrivata da un centro di volontari e non dalla giunta comunale. Pensi sia stato complice il non dialogo che coinvolge istituzioni e associazioni?

Io credo che il Baobab sia un bellissimo esempio di quello che i cittadini, in mancanza di una risposta da parte delle istituzioni, sono in grado di dare. Però, il problema principale è il muro che si è creato tra l’associazione e le istituzioni: nessuna delle due parti riesce più a comunicare, si trovano ormai su due piani differenti.

Sulla base di ciò, trovi ci siano differenze tra la giunta Marino e la giunta Raggi?

Non ci sono differenze: nessuno è riuscito a dare una risposta concreta. Se n’è parlato parecchio ma se n’è parlato male, perché la questione non è semplicemente dover sistemare 30 persone per una notte, ma trovare una soluzione a medio-lungo termine. Roma può e deve essere una città che accoglie! Deve essere una città che dà una risposta, anche all’Europa intera. È inaccettabile e non riesco a trovare un aggettivo diverso. Nonostante ciò, la risposta dei cittadini romani è stata fantastica e penso debba essere d’esempio per l’Italia, dato che il caso di Roma è una fotografia del caso italiano: la legislazione in merito è molto complessa e spesso confusionaria.
I richiedenti asilo sono persone che hanno attraversato deserti, conflitti, un mare. Finiscono poi in una città che non riesce a garantirgli quegli standard minimi di qualità della vita che possono essere una coperta, un tetto, dei materassi, dei pasti caldi. È veramente grave.

Diciamo che questa è la situazione attuale, siamo per strada e girovaghiamo per la città e a rimetterci sono quelle povere persone, alla mercé di violenze, malattia e condizioni di vita degradanti.

di Giada Pistilli

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