Scontri e tumulti, in Etiopia continua lo stato d’emergenza
Feysa Lilesa destò l’attenzione dei media mondiali con il suo gesto. Mani incrociate come manette, un gesto di protesta che l’ha costretto a non poter più tornare nella natia Repubblica Federale Democratica di Etiopia.
È passato un anno da Rio ma, continuano i tumulti nel Corno d’Africa. Il parlamento etiope ha rinnovato lo stato di emergenza in seguito ad una nuova ondata di rivolte scoppiate nella regione di Ormo, la più ostile al governo centrale.
La legislatura ha approvato lo scorso martedì un piano quadrimestrale per combattere l’emergenza già precedentemente annunciato sei mesi fa dal premier Hailemariam Desalegn. Siraj Fegessa, ministro della Difesa, ha affermato che il prolungato stato d’emergenza è necessario per risanare la guerra civile che dilaga nel Paese.
L’attuale malcontento generale poggia le proprie radici nelle scarsa rappresentanza che molte delle regioni etiopi sentono nei confronti del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope, coalizione leader che nel 2015 ha vinto la maggioranza in parlamento con i suoi 547 seggi.
Il 2 ottobre 2016, nel giorno del ringraziamento di Irreecha nella città di Bishoftu, a sud della capitale Addis Abeba, la polizia ha sparato in aria proiettili e gas lacrimogeni per far disperdere la popolazione, causando la risposta dei dimostranti che hanno bloccato tutte le strade che portavano verso la capitale.
Sempre nell’ottobre del 2016, il premier etiope ha incontrato la Cancelliera Angela Merkel, nell’incontro il primo ministro ribadì la vitale importanza nel sanare le spaccature socioeconomiche. In questa sede si è anche fatta luce sulle misure violente che hanno portato alla morte di centinaia di persone; dato già precedentemente riportato in un documento di Human Rights Watch.
Nonostante le regioni siano molti diverse e divise tra di loro, questo è il primo stato in emergenza dichiarato dal parlamento da quando la colazione Eprdf ha assunto il potere nel 1991 a seguito della caduta del regime comunista di Mengistu Haile Mariam.
L’opposizione partitica della minoranza vede in questo atto governativo un ulteriore possibilità per il governo centrale di sedare in maniera violenta il dissenso pubblico. Desalegn, dal canto suo, ha assicurato che lo stato d’emergenza in Etiopia non andrà a nuocere in nessun modo i diritti del cittadino etiope né tantomeno i diritti dei diplomatici.
di Carolina Lambiase