Sciopero della fame: continua la protesta nonostante misure punitive di Israele
Non si ferma lo sciopero della fame di massa dei prigionieri palestinesi, nonostante tutte le misure punitive adottate dai funzionari delle carceri israeliane contro più di 1.600 prigionieri che hanno attuato il loro sciopero della fame sotto lo slogan “Libertà e dignità”.
I partecipanti, che hanno lanciato il loro sciopero della fame il 17 aprile – in occasione della Giornata dei prigionieri palestinesi – hanno fatto 13 richieste per migliorare le loro condizioni di detenzione, ma l’autorità israeliana ha risposto negativamente e ha minacciato di adottare misure punitive per costringerli a porre fine al loro sciopero della fame.
Le forze di controllo all’interno delle prigioni hanno effettuato venerdì violente incursioni nelle celle dei prigionieri che hanno aderito allo sciopero, in particolare nella prigione di Nitzan, dove hanno usato cani poliziotto durante le loro ricerche e hanno sequestrato tutte le forniture di sale e libri del sacro Corano. Il primo giorno dello sciopero della fame l’autorità israeliana delle prigioni ha ordinato la confisca dei beni dei prigionieri, inclusi i vestiti, mentre continuano a trasferire i leader dello sciopero da una prigione all’altra e isolarne altri. La prigione di Nitzan viene utilizzata per l’isolamento degli scioperanti della fame, tra condizioni disumane di carcerazione.
Mentre diversi uomini in sciopero sono già stati ospedalizzati, i leader israeliani si rifiutano di negoziare con le richieste dei prigionieri. “Quando si tratta dello sciopero della fame da parte di terroristi nelle carceri israeliane, prendo l’approccio di Margaret Thatcher”, ha commentato il ministro israeliano della Difesa Avigdor Lieberman su Facebook, riferendosi all’ex primo ministro britannico che ha notevolmente permesso agli scioperanti della fame irlandesi di morire in prigione nel 1981.
Il ministro della Sicurezza Pubblica Erdan, come Lieberman, si è impegnato a ignorare le richieste degli scioperanti della fame. “Non c’è alcuna giustificazione reale per questo sciopero”, ha dichiarato Erdan. “I terroristi non sono in prigione per ottenere buone condizioni. Sono lì per essere puniti. Uno sciopero della fame non dovrebbe cambiare il nostro comportamento verso i prigionieri”. Erdan ha guidato la legislazione per legalizzare l’alimentazione forzata degli scioperanti della fame palestinesi nel 2015, quando ha paragonato gli scioperi della fame alle bombe suicide.
Israele detiene attualmente più di 6mila prigionieri politici palestinesi. Centinaia sono detenuti senza alcuna prova, e migliaia dopo le prove fornite dai tribunali militari israeliani che hanno un tasso di condanna quasi al 100 per cento.
Oltre ai funzionari delle carceri israeliane, anche i cittadini israeliani non lesinano sforzi per opporsi ai detenuti palestinesi in sciopero della fame. Un gruppo di dirigenti israeliani ha organizzato un barbecue accanto a una prigione israeliana in Cisgiordania, dove i prigionieri palestinesi sono in uno sciopero della fame, dichiarando che speravano che l’odore del cibo avrebbe reso più dura la loro astensione. “In questo momento i prigionieri sentiranno il profumo dei cibi, ha dichiarato l’organizzatore dell’evento di fronte a due grandi barbecue. “È un gruppo di terroristi che ci minacciano con lo sciopero della fame, siamo contenti che sono in sciopero, lo facciano pure finché vogliono”.
Intanto l’Onu osserva ancora una volta inerme. Il portavoce delle Nazioni Unite ha riferito la scorsa settimana che l’organismo internazionale sta osservando attentamente la situazione di centinaia di detenuti palestinesi che hanno lanciato uno sciopero della fame a tempo indeterminato nelle carceri del regime israeliano.
“Siamo ovviamente consapevoli della situazione e seguiamo attentamente gli sviluppi”, ha dichiarato il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric, “come principio, ovunque sia, chiediamo sempre che i detenuti siano trattati in modo umano”.
di Cristina Amoroso