Scandalo partecipate: una vergogna tutta italiana
Quella delle partecipate è una giungla, si sa anche troppo bene; secondo la banca dati del Tesoro, il loro numero è di 7.581, ma secondo altre stime sarebbero quasi diecimila. Sia come sia, Cottarelli ha esaminato i dati di bilancio del 2012 (ultimi disponibili) di 5.264 di esse, perché 1.242 risultavano praticamente inattive, mentre per 1.075 i bilanci erano indisponibili anche per il Commissario alla Spending Review (e pensar male sul loro contenuto è praticamente obbligo); non mancavano quelle, e sono 86, i cui dati, eufemisticamente, “non risultano coerenti” in quanto riportano errori evidenti.
Su quelle esaminate, ben 1.424 risultano con rendimenti negativi, cioè lavorano in perdita, generando complessivamente un rosso di almeno 1,2 Mld all’anno; ad una cosa servono però, a garantire almeno 26mila poltrone (magari alcune piccole, ma pur sempre poltrone) nei vari consigli di amministrazione.
Le partecipate dagli Enti Locali si occupano praticamente di tutto, e passi per la gestione dei servizi pubblici come elettricità, gas, acqua, rifiuti, trasporto pubblico, ma queste rappresentano circa il 20% del complessivo, il resto si dedicano (quando lo fanno) alle cose più disparate, dalla gestione di software ad attività che proprio nulla hanno a che vedere con quelle istituzionali, come commercio o ristorazione, o addirittura viaggi, nel caso delle 150 (!) agenzie conteggiate.
Cottarelli ha puntato da subito su questo bubbone, ipotizzando di ridurle al massimo a mille (che già sarebbero tantissime) accorpando quelle che bene o male funzionano e liquidando (ma sul serio) quelle che sono secchi sfondati per il denaro pubblico; in questo modo conta di risparmiare almeno da 2 a 3 Mld l’anno. Ovviamente le resistenze sono state e sono furiose, con i soliti strilli sulla tutela delle autonomie (di sprecare il denaro di tutti), dell’occupazione (per non fare nulla) e così via.
Il perpetuarsi di simili situazioni è uno schiaffo intollerabile a tutti quelli colpiti dall’esplosione dell’area del disagio e della povertà. È sulla capacità di tagliare alla base quest’andazzo, questo sconcio disgustoso, che si misura la volontà d’agire di un Governo; di annunci roboanti ne abbiamo tutti abbastanza.