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L’Europa cambia, l’Italia fa promesse

di Salvo Ardizzone

In queste settimane in Europa sono avvenute cose della massima importanza, magari non scaldano i cuori calamitando l’attenzione, ma di certo toccano i destini di tutti e qui cercheremo di comprendere che sta accadendo. 

È sotto gli occhi di tutti che la Ue nel suo complesso non riesce a venir fuori dalla crisi, anzi, è impantanata sempre di più in una recessione che fa pagare un costo sociale altissimo che continua a crescere; è altrettanto noto che, al suo interno, la Germania e un gruppo di Paesi suoi scudieri impongono regole e interpretazioni delle stesse in funzione esclusiva degli interessi dei propri Sistemi Paese, che nella sostanza impongono a tutti gli altri, ivi comprese le ricette per uscir fuori dal tunnel in cui siamo. Ma quelle si sono dimostrate ottuse e tossiche, e le cose continuano a peggiorare, così Draghi, che già aveva ridotto al minimo i tassi, il 4 settembre ha rotto gli indugi e messo in campo tutte le misure che aveva promesso, suscitando le inviperite reazioni della Bundesbank. 

La Bce ha ridotto i tassi praticamente a zero (lo 0,05%), le banche che “parcheggiano” il denaro presso di lei devono pagare addirittura uno 0,20%, ha varato un programma di finanziamento dei sistemi finanziari da mille miliardi di Euro (i Tltro) e sta studiando l’acquisto di Abs (Asset Backet Security) che in pratica sono pacchetti di crediti delle banche o di altre strutture finanziarie, che in questo modo liberano le proprie riserve per concedere altri crediti a famiglie e aziende. 

Ma le cose non sono così semplici: è vero che le economie boccheggiano perché il denaro non gira, ma il fatto è che le imprese sane (quelle a cui lo si può prestare) lo chiedono se hanno prospettive di crescita, di aumento della domanda dei beni che producono, in caso contrario non investono e non assumono, e, in ogni caso, in un quadro fatto d’incertezze, stanno ben attente a diminuirli i debiti non a farne senza ragione. Allo stesso modo le famiglie, che di debiti ne hanno già anche troppi, con il futuro fosco che si vede cercano di risparmiare e non di chiedere soldi per spenderli. Infatti, la prima asta di Tltro fatta dalla Bce il 18 settembre per dare liquidità alle banche è stata un mezzo flop, con 82,6 Mld aggiudicati in tutta Europa, appena la metà di quanto ci si aspettava. È un cane che si morde la coda: la crisi alimenta se stessa in un circuito che di fallimento in fallimento peggiora. 

A questo punto sarebbero gli Stati a dover fare gli investimenti alimentati da deficit di bilancio; il denaro circolerebbe ravvivando l’economia e famiglie e aziende tornerebbero a chiedere denaro per investire; il ciclo economico tornerebbe positivo e il gettito fiscale che ne deriverebbe contribuirebbe a riportare i conti in ordine. Questo in teoria, ma nella pratica ci sono dei problemi, almeno per i Paesi come l’Italia che più ne avrebbero bisogno: se la Pubblica Amministrazione non funziona, se il Sistema è reso inefficiente da un’infinità di zone protette, privilegi, regole assurde, mancanza di progetti seri e corruzione diffusa, il rischio è quello di versare acqua (vale a dire i capitali) in un secchio sfondato, fabbricando solo nuovo debito. E il debito in ogni caso costa, e oltre un certo livello diviene difficile sostenerlo, anche perché si può divenire vittime della speculazione internazionale, che aspetta proprio casi del genere per ingrassare. 

Quanto abbiamo detto dimostra comunque alcune cose: che le politiche monetarie possono incidere fino a un certo punto senza un’azione politica sensata, inoltre, che adottare ossessive politiche di austerità prima che l’economia si sia rimessa in marcia, equivale a strozzarla mentre è più debole. Come pure è inutile, anzi dannoso, pensare che i soldi debbano essere riversati nello stesso sistema e con le medesime regole che hanno fatto i danni: sarebbe gettarli al vento, procurando qualche vantaggio momentaneo ad alcuni pagato a caro prezzo da tutti. 

Sia come sia, il discorso ci porta alla guida politica che dovrebbe portarci fuori dagli impicci in Europa e in Italia. Il 10 settembre è stata presentata la Commissione della Ue, che per la verità potrebbe essere chiamata la Kommission; la Merkel, pilotando a piacimento Jean Claude Juncker, che deve solo a lei la Presidenza, ha montato e smontato, accorpato e diviso i mandati dei Commissari per averne il pieno controllo. Alla fine, i Popolari si sono aggiudicati i posti chiave e l’ultra-rigorista finlandese Katainen non solo è vice presidente, ma avrà il diritto di veto sulle questioni economiche, assicurando la completa continuità alle assurde politiche d’austerità ossessiva che stanno massacrando un continente.

I due Paesi che potevano mettersi di traverso giocando di squadra sono stati giocati: la Francia, che chiedeva il posto di Commissario all’Economia per Moscovici, è stata accontentata ma subordinandolo nella sostanza a Katainen e tacitandone le perplessità col contentino di poter continuare a sforare col deficit fino al 2017; con l’Italia è stato ancora più semplice: Renzi, invece di puntare a un risultato pesante per il Sistema Paese, come l’Agricoltura che vale la metà del bilancio dell’Unione ed è per noi vitale, ha preteso il “pennacchio” di Lady Pesc per la Mogherini, rappresentante di una politica estera e di una sicurezza che semplicemente non esiste. L’Inghilterra, per parte sua, è stata tacitata mettendo Hill, uomo della City, a sorvegliare i mercati finanziari (come dire il topo nel formaggio), ma per non far correre rischi ai colossi bancari tedeschi lo ha subordinato a Katainen. Un capolavoro da cui l’Italia ed i Paesi mediterranei possono aspettarsi solo la continuazione dei disastri già vissuti. Le avvisaglie si sono già intraviste nelle polemiche innescate con Katainen, dimostrando tutta l’inadeguatezza del nostro Premier, incapace di comprendere che a Bruxelles non contano gli annunci ma i fatti, e solo se saputi far valere. 

Ma in casa nostra a parte le chiacchiere, decisamente troppe, a fatti stiamo a zero; c’è una sorta d’impazzimento collettivo e invece di concentrarsi sui dossier che dovrebbero disincagliarci da tutte le inefficienze e le storture su cui stiamo naufragando, chi dice di governarci, nessuno escluso, insegue le chimere di improbabili riforme che dietro titoli altisonanti celano il nulla. E le opposizioni (se così le possiamo chiamare) quando non sono colluse, invece di incalzare, fare valere il proprio peso, condizionare, incidere, si perdono dietro progetti risibili quanto dilettanteschi: una vera benedizione per i centri di potere che così perpetuano indisturbati i propri privilegi in una Nazione che affonda. Restano tutti i problemi per il Sistema Italia a cui nessuno bada, ma, come sul Titanic, il tempo sta scadendo.  

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