Sanità, la roulette russa delle cure

Il corpo martoriato della Sanità italiana è l’ineluttabile scenario che si presenta nel momento in cui mettiamo piede in un nosocomio. 40 ore di attesa in un Pronto Soccorso, otto mesi di attesa per un referto istologico, due ore di attesa per un’ambulanza. In Italia la differenza tra il vivere e morire, il lasciarsi andare e curarsi è dovuta al caso, ossia al luogo in cui si è avuto la fortuna o la sfortuna di nascere. Non più la malattia, ma la capacità del sistema sanitario di rispondere alle emergenze/urgenze; il problema è che questo sistema, molto spesso, non è capace più di rispondere.
Le storie
Cristina Pagliarulo, 41 anni, deceduta al Ruggi di Salerno dopo 40 ore di attesa in pronto soccorso con un finale lapidario scritto dopo l’autopsia: “La morte era prevedibile e prevenibile e il ritardo oltre il margine di errore accettabile”. Insomma, poteva salvarsi se non fosse rimasta in attesa.
Serafino Congi, 48 anni, muore per infarto a San Giovanni in Fiore; in ospedale c’era un solo medico per coprire un turno che ne avrebbe previsti sei. Nessuna ambulanza, nessun elisoccorso, per ore ha atteso un mezzo che arrivasse da Cosenza.
Maria Cristina Gallo, 56 anni, si era sottoposta ad una biopsia nel 2023, il referto le è stato consegnato dopo otto mesi in cui il tumore è avanzato. La donna aveva denunciato pubblicamente le inadempienze dell’Asp di Trapani ma non è bastato: è morta.
Il messaggio che arriva da queste tragiche vicende è uno: o paghi o aspetti, m aspettare, in molti casi, significa giocare a scacchi con la morte.
Sanità, un sistema devastato
Le storie raccontate non sono eccezioni, ma sintomo di un sistema ormai allo stato cancrenoso. Eppure il Governo Meloni si autoincensa quando racconta di aver destinato alla sanità “risorse record”. Una narrazione che crolla dinnanzi al rapporto della Gimbe che certifica il collasso di un sistema che cresce solo sulla carta.
Vero, il fondo sanitario è aumentato ma solo nominalmente: 125,4 miliardi nel 2022 contro il 136,5 miliardi del 2025, ma in rapporto al Pil la quota è scesa dal 6,3% al 6,1%. Sembra poco ma si tratta di uno scostamento di 13,1 miliardi sottratti alla sanità con le conseguenze che si vedono nelle corsie, nei Pronto Soccorso e nelle liste di attesa dove oltre 5,8 milioni di italiani, nel 2024, hanno rinunciato alle cure.
I viaggi della speranza
Anche la mobilità sanitaria racconta il fallimento del sistema: nel 2022 oltre cinque miliardi di euro sono serviti a curare cittadini del Centro e del Sud nelle regioni del nord: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Il 78,8% dei pazienti costretti a spostarsi proviene da sei regioni, in gran parte governate dalle destre: Abruzzo, Calabria, Sicilia, Lazio, a seguire Campania e Puglia. Non va meglio per i Livelli essenziali di assistenza. Nel 2023, solo 13 regioni rispettavano i Livelli essenziali di assistenza, le prestazioni che dovrebbero essere garantite a tutti i cittadini.
di Sebastiano Lo Monaco



