Rwanda: indagine sul ruolo della Francia nel genocidio
Il Governo del Rwanda ha aperto un’indagine formale sul presunto ruolo di 20 funzionari francesi nel genocidio del 1994. I funzionari francesi sono accusati di avere sostenuto il governo nazionalista hutu, che ha effettuato l’uccisione di massa da 800mila a un milione di ruandesi, prevalentemente di etnia tutsi.
“L’indagine, per ora, si concentra su 20 individui che, secondo le informazioni raccolte finora, devono essere sentiti dall’autorità per spiegare o fornire chiarezza sulle accuse contro di loro”, ha riferito il procuratore generale del Rwanda, Richard Muhumuza. Un’indagine forse restrittiva, se si pensa che la Francia ha avuto rapporti molto stretti nella regione, come sostiene Linda Mervel, un’esperta britannica sul genocidio: “Al momento della pianificazione del genocidio il governo francese aveva 47 alti ufficiali incorporati nell’esercito ruandese, e il governo meglio informato su tutto quello che stava succedendo in Rwanda era quello francese”.
Dal mistero dell’aereo abbattuto ai 100 giorni di macellazione
La questione di chi ha abbattuto l’aereo che trasportava l’ex presidente del Ruanda Juvenal Habyarimana, nell’aprile 1994 rimane uno dei più grandi misteri di fine secolo. Nella notte del 6 aprile 1994 l’aereo che trasportava il presidente di allora, Juvenal Habyarimana, e il suo omologo Cyprien Ntaryamira del Burundi, entrambi hutu, fu abbattuto. L’atto è servito da catalizzatore per il genocidio ed è subito iniziata una campagna ben organizzata di macellazione.
In soli cento giorni da 800mila a un milione di persone furono massacrate in Rwanda da estremisti hutu, che prendevano di mira i membri della comunità tutsi di minoranza, così come i loro avversari politici, indipendentemente dalla loro origine etnica.
Circa l’85 per cento dei ruandesi sono hutu, ma la minoranza tutsi ha a lungo dominato il Paese. Nel 1959, gli hutu rovesciarono la monarchia tutsi e decine di migliaia di tutsi fuggirono nei Paesi vicini, tra cui l’Uganda. Un gruppo di esuli tutsi formò un gruppo di ribelli, il Fronte patriottico ruandese (Fpr), che invase il Ruanda nel 1990 e la lotta continuò fino a quando si concordò un accordo di pace nel 1993.
Dell’abbattimento del Mystere Falcon nei cieli sopra l’aeroporto di Kigali, gli estremisti hutu accusarono i ribelli tutsi. I ribelli tutsi, guidati da Paul Kagame, l’attuale presidente, ed altri, tra cui alti funzionari delle Nazioni Unite presenti sul territorio, sospettavano che gli hutu avessero effettuato l’attacco, al fine di fermare il defunto presidente nella firma di un accordo di pace concordato con i ribelli tutsi.
L’inchiesta montata dalla Francia contro il presidente Kagame
Nel mese di ottobre un giudice istruttore francese Jean Louis Bruguiere, ha accusato il capo dei ribelli tutsi, di allora, Paul Kagame, di essere stato responsabile dell’abbattimento dell’aereo.
Kagame, attuale presidente del Rwanda, è andato su tutte le furie ed ha rotto le relazioni diplomatiche con la Francia. Il giudice Bruguiere ha montato l’inchiesta in Francia, perché tra i morti dell’aereo abbattuto c’era anche personale francese. Il governo ruandese ha respinto le affermazioni, affermando che è un tentativo da parte della Francia di coprire il suo ruolo nel genocidio.
Dal genocidio le relazioni tra i due Paesi tra alti e bassi
Al centro della controversia è il ruolo della Francia come uno stretto alleato del governo nazionalista hutu di Juvenal Habyarimana. Nel 2014, il presidente ruandese Paul Kagame ha ripetuto le accuse che le truppe francesi sono state sia complici che “attori” del massacro. Il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian ha dichiarato il 16 novembre che era “una bugia vergognosa” dire che l’esercito francese ha preso parte al genocidio.
A distanza di 22 anni, con l’auspicio che l’inchiesta del procuratore del Rwanda possa fare luce sui responsabili di quel massacro che ridusse il Rwanda ad un lago di sangue, ne ricordiamo solo il travisamento operato dai nostri mass media e classi politiche. Leggemmo di una storia che nulla aveva a che fare con la realtà di quegli eventi. Un genocidio preparato con cura, assistito dall’ignavia imperante in Occidente, veniva descritto quale massacro tribale, una specie di calamità “naturale” del continente nero. La veste “tribale” ne fu solo lo strumento, non il motivo scatenante.
In estrema sintesi: un’intera classe dirigente in Rwanda venne a tal punto corrotta dalla profusione incontrollata di fondi internazionali da convincerla che la difesa dei propri privilegi esigesse il ricorso a un deliberato avvelenamento del proprio popolo, mirato all’individuazione di un nemico. Il “nemico” doveva essere sterminato fino all’ultimo uomo: questa la sola via d’uscita dal disastro economico causato da quella medesima classe dirigente.
Fino a quando Agathe Kanziga-Habyarimana e altri responsabili del genocidio ruandese continueranno a vivere tranquillamente in Francia, ogni esibizione di indignazione di fronte all’insistenza delle attuali autorità ruandesi sulle responsabilità francesi nel genocidio risulterà indifendibile, come ha ribadito il presidente Kagane nel ventennale del genocidio.
di Cristina Amoroso