Rsf: 49 giornalisti uccisi in tutto il mondo nel 2019
Sono quarantanove i giornalisti uccisi in tutto il mondo nel 2019, ha riportato martedì scorso Reporter senza frontiere, il bilancio delle vittime più basso degli ultimi 16 anni. Una media di circa 80 giornalisti all’anno hanno perso la vita negli ultimi due decenni, ha affermato l’organizzazione internazionale.
Giornalisti uccisi nei Paesi in “pace”
Il presidente di Rsf, Christophe Deloire, ha avvertito che il numero di giornalisti uccisi in Paesi presumibilmente in pace è ancora drammaticamente alto, con 10 morti solo in Messico. L’America Latina, con un totale di 14 giornalisti uccisi in tutto il continente, è diventata mortale come il Medio Oriente. Sempre più giornalisti vengono assassinati per il loro lavoro nei Paesi cosiddetti democratici.
Mentre un minor numero di giornalisti muore nello svolgimento del proprio lavoro, molti altri finiscono dietro le sbarre, riporta Rsf. Circa 389 sono stati rinchiusi nel 2019, il 12% in più rispetto allo scorso anno. Quasi la metà sono stati incarcerati in tre Paesi: Cina, Egitto e Arabia Saudita. Il regime saudita è responsabile del raccapricciante omicidio dell’editorialista Jamal Khashoggi nella sua ambasciata a Istanbul.
Il 2 ottobre scorso, Jamal Ahmad Khashoggi, 59 anni, dissidente saudita e colonnista del Washington Post, uno dei più noti critici dell’establishment del suo Paese, dal quale è fuggito nel settembre 2017, scompare improvvisamente. La compagna Hatice Cengiz, cittadina turca, dichiara che l’uomo è entrato presso il consolato dell’Arabia Saudita di Konaklar Mahallesi, nel quartiere di Beşiktaş, a Istanbul, in Turchia, verso le una del pomeriggio. Alle cinque, orario di chiusura del consolato, non è ancora uscito dall’edificio. La Cengiz allerta la polizia. Il “caso Khashoggi” inizia così, in un giorno di ottobre, a Istanbul, infausto preludio di una compromissione sempre più maggiore dei già precari rapporti politico-diplomatici tra Ankara e Riyadh.
Questi dati mostrano che la libertà di espressione e di informazione è ancora oggi precaria in molti Paesi. Si spera che gli Stati in questione e la comunità internazionale prendano delle misure di sicurezza per poter salvaguardare la vita dei giornalisti o degli operatori mediatici e favorire una giusta libertà di stampa.
di Giovanni Sorbello