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Rivendicazioni ed egemonie territoriali fanno scattare la corsa al riarmo in Asia orientale

di Salvo Ardizzone

Nell’Asia sud orientale, nell’area compresa fra India, Giappone e Australia, è in atto una corsa agli armamenti, e soprattutto al riarmo navale, sempre più simile a quella che un secolo fa coinvolgeva l’Europa alla vigilia della catastrofe del 1914; e se allora erano le corazzate a tenere banco, ora sono le portaerei e le portaelicotteri d’assalto anfibio ad essere le star. Cina, Giappone, India, Australia e ora anche la Corea del Sud annunciano costruzioni di nuove unità di quella categoria (nei prossimi anni se ne prevedono nell’area da 12 a 15), per la gioia di cantieri navali, costruttori di sistemi d’arma, di elicotteri ed aerei. Già, aerei, perché anche di questi è in corso uno shopping compulsivo, con Paesi che fanno a gara ad annunciare nuovi contratti per l’acquisto di piattaforme aeree di ultima generazione; è di questi giorni la notizia che Corea del Sud ed Australia stanno per firmare con gli Usa massicci quanto costosi contratti per la fornitura di F-35 (almeno 40 per la Corea, ulteriori 58 per l’Australia che s’aggiungono ai 14 già ordinati).

Ne abbiamo già parlato diverse volte: la Cina si sente ormai forte e ha buttato alle ortiche il “profilo basso” degli anni passati; ora sostiene l’espansionismo sempre più aggressivo della sua politica imperialista con stratosferiche spese militari (stimate per il 2014 complessivamente in 150 mld di $ fra spese ufficiali e “ufficiose”). Da ultimo ha impostato un massiccio programma di costruzione di Lhd (ovvero Landing Helicopter Dock, portaelicotteri d’assalto anfibio) che pare fatto apposta per preoccupare Taiwan e gli altri Paesi dell’area, con cui Pechino ogni giorno moltiplica le rivendicazioni ed alza l’asticella della tensione. E quei Paesi rispondono, spendendo cifre folli per riarmarsi.

La Storia non ha insegnato proprio nulla, e le Nazioni s’incaponiscono a infilarsi nella medesima spirale che parla di forza bruta e guerra. La nascita d’un nuovo imperialismo che reclama l’egemonia su un’area ha sempre generato conflitti, e la Cina pare sempre più avviata su questo corso.

Gli Usa si sono accorti (eccome!) del pericolo di una crisi di portata devastante, ma non sanno cosa fare, divisi fra l’interesse a coltivare le enormi relazioni commerciali e finanziarie con Pechino e quello di impedire l’affermarsi della sua egemonia in quell’area vitale, difendendo gli alleati dalle sempre più pesanti pretese del Dragone.

E l’Europa? Beh, quella come al solito è irrilevante, persa com’è ad avvitarsi nelle proprie beghe, e preferisce cacciare la testa sotto la sabbia. Peccato che se si arrivasse a una crisi, nel mondo e nell’economia quale è adesso, i contraccolpi l’investirebbero egualmente in maniera devastante.

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