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Resistenza ha fatto crollare reti di spie in Libano

Dall’inizio degli anni ’80, le agenzie di intelligence israeliane hanno tentato incessantemente di infiltrarsi nell’ambiente libanese reclutando agenti locali. L’urgente bisogno di informazioni del Mossad deriva dal fatto che la Resistenza, sia palestinese in Libano che Hezbollah, rappresenta un “fantasma” la cui struttura e attività sono difficili da comprendere per l’occupazione. Il blackout imposto dalla Resistenza a partire dal 1982 ha portato Israele a considerare gli agenti come l’unica opzione per ottenere informazioni sul campo, spingendolo a creare ampie reti segrete, le più importanti delle quali erano Mahmoud Rafi e i fratelli Ali e Youssef Jarrah.

Youssef e Ali lavorarono con il Mossad dal 1983 fino al loro arresto nel 2008. Le loro attività erano concentrate nella valle della Beka’a e nella zona di Masnaa, al confine tra Libano e Siria, con estensioni a Damasco e Kafr Sousa. Ali al-Jarrah era abile nel nascondere la sua vera identità, vivendo in diverse case e approfittando dei frequenti viaggi in Europa, Giordania e Turchia per facilitare il suo passaggio in Israele.

Indagini della Resistenza

Le indagini hanno rivelato che Jarrah aveva ricevuto un addestramento avanzato in fotografia e intercettazioni, e che gli erano state fornite auto dotate di telecamere per monitorare la periferia sud, i campi palestinesi e vaste aree di Damasco, tra cui Kfar Sousa, dove il comandante martire Imad Mughniyeh fu poi assassinato nel 2008. Nella sua casa sono state trovate anche attrezzature avanzate per la fotografia digitale e la crittografia, oltre alle registrazioni di un’indagine geografica completa della valle della Beka’a. I rapporti della sicurezza collegavano il suo lavoro ai ripetuti raid dell’occupazione israeliana sui siti palestinesi nella regione a partire dagli anni ’80, evidenziando l’entità dei danni che la sua infiltrazione aveva inflitto alla Resistenza.

Reti del Mossad

Parallelamente alle ferite, emerse un’altra rete, guidata da Mahmoud Rafi, nato nel 1949 e sergente in pensione delle Forze di Sicurezza Interna. Rafi era un agente modello che trascendeva i rapporti individuali per creare un’intera rete per il Mossad. Dal 1993, iniziò la sua carriera con un ufficiale israeliano di nome “Ayoub”, al quale fornì informazioni sui siti e le attività di Hezbollah a Nabatiyeh in cambio di denaro. In seguito, si addestrò ad Haifa e Safed su apparecchiature di comunicazione, per poi occuparsi del trasporto e dello stoccaggio di esplosivi e denaro in diverse regioni del Libano.

Le confessioni di Rafi dopo il suo arresto nel 2006 hanno rivelato la gravità delle sue attività, tra cui gli omicidi dei leader di Hezbollah Ali Hassan Deeb (1998) e Ghaleb Awali (2003), l’attacco a Jihad Jibril a Beirut (2002) e gli omicidi dei fratelli Mahmoud e Nidal Majzoub a Sidone (2006). Era anche coinvolto nel piazzare bombe sui ponti di Naameh e Zahrani e nel portare a termine operazioni terroristiche che hanno causato la morte di civili. Il tribunale militare lo ha condannato a morte nel 2008, affermando che le sue attività andavano oltre la collaborazione individuale, arrivando a guidare una rete organizzata che rappresentava una minaccia diretta per l’intera società libanese.

Resistenza e intelligence militare: cooperazione per scoprire le reti

Ciò che ha caratterizzato il periodo 2006-2008 è stato il fatto che Hezbollah non solo ha respinto militarmente l’aggressione israeliana, ma ha anche dimostrato l’efficacia della sua intelligence nello scoprire reti interne. Attraverso un attento monitoraggio delle comunicazioni e dei movimenti, il partito è stato in grado di fornire alla Direzione dell’Intelligence dell’Esercito libanese informazioni cruciali, che hanno portato all’arresto di Rafi e dei fratelli Jarrah. Questa cooperazione ha dimostrato un modello efficace tra la Resistenza e le istituzioni ufficiali libanesi e, all’epoca, ha contribuito a rafforzare la fiducia della società libanese nella capacità dello Stato e della Resistenza di proteggere insieme l’interno del Paese dalle infiltrazioni.

Ciò che si può concludere dall’operato dell’occupazione negli anni ’80 e dalla sua attenzione al reclutamento di agenti all’interno del Libano, è che Israele non fu in grado di identificare direttamente la natura di questa Resistenza emergente a causa della sua assoluta segretezza e cautela, e quindi della sua scarsa capacità di affrontarla senza fare affidamento su strumenti interni. Gli agenti reclutati da Israele non si limitarono alla raccolta di informazioni; parteciparono anche ad assassinii e al posizionamento di ordigni esplosivi, che costarono la vita a molti libanesi. L’esperienza conferma che qualsiasi compiacimento o inclinazione verso tentazioni finanziarie può trasformare un individuo in uno strumento nelle mani del nemico.

Oggi il pericolo aumenta

Oggi, con il progresso della comunicazione e delle intrusioni informatiche, il pericolo si moltiplica. La collaborazione con il nemico può iniziare con un messaggio tramite un’applicazione aperta, una comunicazione con una parte sconosciuta o persino a vostra insaputa, mentre parlate al telefono e rivelate informazioni che non dovrebbero essere divulgate. Pertanto, la consapevolezza sociale e la comprensione che la guerra attualmente si basa sulla guerra informatica e sulle informazioni, insieme alla cautela nell’uso delle piattaforme digitali, sono vitali per prevenire il ripetersi di scenari simili e l’affondamento nel pantano della collaborazione con Israele.

di Redazione

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