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Renzi e i selfie di un’Italia che non c’è

di Salvo Ardizzone

Solo qualche settimana fa, con grande strepito e immense aspettative, è stato varato dal Governo il decreto “Sblocca Italia”, che avrebbe dovuto rimettere in moto la nostra boccheggiante economia. Nell’ambito di quel libro dei sogni, c’era l’operazione “Italia sicura” (altro dei tanti nomi immaginifici che Renzi affibbia ai suoi provvedimenti): si tratterebbe di rimettere in campo risorse già stanziate per interventi contro il dissesto idrogeologico e per infrastrutture idriche. In parte soldi non spesi addirittura dal 1998 (2,4 Mld), in parte deliberati dal Cipe nel 2012 (1,6 Mld) che dormono sonni tranquilli negli uffici. Non sono tanti per i nostri guai, certo, ma coi tempi che corrono sarebbero già qualcosa.

Gli ostacoli per mettere in moto quei cantieri derivano dai mali tipici della nostra Italia: normative confuse, progetti approssimativi, incredibile frantumazione delle competenze, rimpallo di responsabilità e risorse che alla fine non arrivano mai, incagliate sulle scrivanie, finché qualche “interesse” non le smuove. Sarebbe legittimo aspettarsi che la struttura creata ad hoc si attivasse a risolverli quei problemi, permettendo finalmente il completamento delle circa quattromila opere censite.

Ma l’Italia è un Paese diverso; il 23 settembre, dopo un lungo silenzio, i vertici della struttura (il direttore Mauro Grassi e il coordinatore Erasmo De Angelis) s’attivano contattando finalmente tutti i dirigenti degli Uffici di Tutela dei territori di tutti gli Enti Locali, comuni, province o regioni, preposti a quelle possibili opere, con una mail che li ha lasciati quanto meno interdetti: entro il giorno successivo dovevano inviare un selfie, con operai e tecnici in primo piano e sullo sfondo il cantiere, completo di un audio da montare che specificasse l’opera, l’importo di spesa e il tipo d’intervento.

Era stato il nostro Premier a richiederlo con forza, addirittura reiterando la richiesta da New York fra un incontro e l’altro, perché vengano messi senza indugio sul sito di Palazzo Chigi a dimostrazione della sua operosa efficienza.

Così, dopo i selfie notturni dalla Presidenza, per mostrare che mentre il Paese dorme Lui lavora alacremente, ora arrivano i selfie dai cantieri, con il contorno dei sorrisi di tecnici e maestranze scelti come che sia (è specificato nel messaggio) in primo piano. E chi se ne importa se poi le opere continuano a rimanere bloccate per le eterne disfunzioni della burocrazia, per norme lunari fatte apposta per paralizzare tutto o per risorse che si smuovono solo per l’interesse di qualcuno, che solo può trovare il modo di superare il cavillo che le inchioda.

Bazzecole. L’importante è apparire, sorridere e mostrare al mondo un’Italia che non c’é. L’inconsistente Italia dei selfie. L’inconsistente Italia di Renzi. Peccato che quella vera stia morendo.

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