Referendum, considerazioni a margine
Referendum – Al di là delle impressioni, per loro natura opinabili, vien voglia di tirare fuori dai denti alcune considerazioni. E cioè: è mai possibile che con l’autunno alle porte e l’inevitabile virus, le probabili alluvioni, i prevedibili smottamenti e allagamenti, e tanto altro che metà spaventerebbe anche lucifero, si è sentita l’urgenza di far spostare milioni di persone per dimezzare il numero dei parlamentari, senza alcuna vera riforma? Ed è normale sentire nei bar, nei negozi, nelle piazze, nei mercati i commenti dell’italiano medio che non vanno oltre al “così non rubano più questi ladroni”? Non sembri pretestuoso, ma pare di stare nei dintorni del “non ce n’è coviddi”, dintorni densi, ma tanto densi di gente italica.
Referendum e il disgusto per la politica
Gli ultimi dati, infatti, indicano nel 70% di analfabeti funzionali, persone che sanno leggere e scrivere, ma non capiscono né quello che leggono né quello che scrivono. Dunque, si annaspa, si cincischia, senza l’appoggio di un discorso articolato, logico, serio. E i giornalisti, a loro volta, cosa fanno? Con un parallelismo farsesco semplificano, inveiscono, duettano nei loro comodi salottini televisivi. Tronfi infarciscono i discorsi di termini inglesi: welfare, jobs act, recovery fund, ext poll, default, spending review, share, sono solo alcuni vocaboli che cadono nel vuoto perché ai più incomprensibili. Conseguenza: disgusto e disamore per la politica.
A latere, questi Capuleti e Montecchi dovrebbero chiarire perché i loro toni sono sempre accesi e pieni d’ira, visto che guadagnano più dei politici, e sono sempre a favore di telecamera. Purtroppo, quel che ne deriva è l”immagine di un Paese che attraverso le istituzioni e l’informazione sbertuccia il sacrosanto diritto del cittadino di esercitare il voto con conoscienza e coscienza. Conoscere, fino a prova contraria, vuol dire poter scegliere liberamente. È questo è un dato inconfutabile. Ma vi sono orecchie sorde a questo legittimo e doveroso richiamo? Sì, tant’è che il solito Grillo propone (provocatoriamente!?) il sorteggio dei politici come modalità di reclutamento dei parlamentari. E già il suo motto “uno vale uno” si è sublimamente trasformato in “uno vale l’altro”, alla faccia della qualità e della competenza.
di Adelaide Conti