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Ma la Germania è davvero così forte?

di Mauro Indelicato

Il calcio è un mezzo decisamente potente, specie in un’Europa che vive di questo sport, il quale accompagna da più di un secolo ormai ogni domenica di diversi appassionati e di tanta gente comune; e per mezzo del calcio, purtroppo, spesso si è fatta immensa propaganda, tanto da far dire a qualcuno che tale sport rappresenti il vero “oppio dei popoli”.

Fino a qualche anno fa, i successi della Spagna, servivano a dimostrare come Madrid avesse superato Roma in economia e nel peso politico all’interno del vecchio continente, oltre a dare un’immagine nuova e dinamica del Paese di Juan Carlos di Borbone; ora, proprio il tracollo delle squadre spagnole, a vantaggio di quelle tedesche, serve a molti per far vedere come la Germania oramai domini l’Europa e raggiunga grandi risultati anche in uno sport monopolizzato da inglesi, spagnoli ed italiani.

Il Bayer Monaco che infligge sette gol agli “indomabili” del Barcellona, è stata descritta come immagine emblematica della Germania “pigliatutto”: “Ci hanno rubato i soldi, adesso anche le competizioni” si leggeva in uno striscione del Camp Nou.

Ma siamo sicuri che questo emblema sia corrispondente di una situazione reale? Ricordiamoci cosa si diceva della Spagna nel 2008: dopo la vittoria degli europei delle furie rosse, i giornali parlavano del boom economico spagnolo, dei progressi in ricerca ed infrastrutture fatti con Aznar prima e Zapatero poi, dei presunti “progressi civili” con l’introduzione dei matrimoni gay, insomma quasi un paradiso terrestre risorto dalle ceneri degli anni ’70.

Sappiamo invece, com’è andata a finire; adesso, la Spagna è uno dei Paesi in cui la speculazione finanziaria ha fatto diversi danni, la tanto paventata crescita economico/sociale, altro non era che una bolla di sapone che quando è esplosa ha ridotto, e sta riducendo, alla fame tutta la nazione.

Sorge quindi spontaneo chiedersi se la Germania sia davvero questo “nuovo paradiso” europeo di cui tutti, media italiani in primis, parlano; si evidenzia come Berlino, anche se di poco, cresce e prospera, mentre tutto il resto arranca o è in recessione, così come non ci si stanca mai nel sottolineare l’efficienza tedesco–europea, confrontandola con la burocrazia di stampo italico.

Tornando alla domanda di prima, vediamo le tante ombra invece di questa Germania che “gioca” al ruolo di maxi potenza europea, capace di decidere quale stato deve sopravvivere e quale invece deve morire affogato dal debito pubblico.

Partiamo proprio dalla capitale, quella Berlino la cui ricostruzione dopo la caduta del muro continua ad andare avanti e si presenta agli occhi del mondo come una città moderna ed a misura d’uomo, nonostante i cinque milioni di abitanti; eppure, a pochi passi dalla capitale, da diversi anni c’è un cantiere fermo, non uno qualsiasi, ma quello del nuovo grande aeroporto intercontinentale.

Progetti variati, storie di tangenti, fallimenti, subappalti ed infiltrazioni politiche, sembra una situazione tutta italiana, invece è ciò che accade alle porte della nuova capitale federale. Altra spina nel fianco della nuova “gloria” tedesca, è il mercato dell’auto, crollato del 13%, il che vuol dire, in un Paese che ha le maggiori catene automobilistiche del mondo, perdita di tanti posti di lavoro.

Proprio il lavoro, anche da queste parti, non è un problema secondario, ma inizia ad emergere in tutta la sua totalità; sono diversi gli scioperi nelle grandi città tedesche dall’inizio dell’anno, alcuni degenerati anche in scontri con la Polizia.

Il problema del lavoro è compreso in un’altra grande tematica, che i media tradizionali considerano risolta, ma che invece è tutt’altro che vicina ad una soluzione, ossia l’economa nei territori dell’ex Germania Est.

Nell’ex Ddr, c’è una fetta sempre più crescente di persone che si tuffano nell’Ostalghia, (nostalgia in tedesco), un vero e proprio rimpianto dei tempi in cui l’est era diviso dal governo occidentale di Bonn.

Ciò che chiamano unificazione, altro non è che una semplice annessione del Paese vincitore, la Germania Ovest, su quello rappresentante il blocco uscito sconfitto dalla guerra fredda, con conseguente rapido passaggio da economia socialista ad economia di mercato per la Germania Est, cosa che ha creato un totale collasso sociale, mai raccontato a pieno in questi lunghi 22 anni, preferendo invece l’immagine di una Germania unita ed unificata anche nell’economia.

Proprio dall’est, arrivano le avvisaglie che fanno tremare maggiormente Angela Merkel; chi pensa infatti che l’opinione pubblica tedesca consideri l’Euro come un dogma e sia in gran parte favorevole alla moneta unica, in realtà si sbaglia di grosso. I partiti anti–Euro prendono sempre più piede ed alle prossime elezioni legislative di settembre, potrebbero rappresentare una grande sorpresa.

Da Oscar Lafonteine, leader storico della sinistra radicale tedesca, ai nuovi movimenti, come quello dei Pirati, la politica tedesca presenta ormai una vasta gamma di formazioni che non garantiranno più l’immagine di una Germania “fedele” a quei dettami europei che lei stessa ha imposto e continua ad imporre da oramai due decenni.

L’argomento Euro è talmente entrato nel clima pre–elettorale, che gli uomini dell’Spd, accreditati di una scarsa percentuale rispetto alle ambizioni di vittoria, sono stati costretti, pur avendo già un accordo di massima per una nuova “Gross Koalition” con la Merkel, ad alzare leggermente i toni contro le politiche di austerity che, come detto prima, iniziano a fare sentire i propri effetti dirompenti anche da queste parti.

Insomma, tra una crisi che avanza ed un antieuropeismo che ha messo piede in vari strati della società, la Germania vive anch’essa momenti molto importanti ed intensi, nonostante l’immagine di potenza pigliatutto che la Merkel e la stampa filo–europeista tendono a diffondere.

Di certo, se anche nella patria della Bce, attecchisce il seme sempre più diffuso del fronte no Euro, allora è chiaro che qualche minimo grattacapo a Bruxelles ed a Francoforte inizierà ad agitare le varie gerarchie finanziarie.

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