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Radwan Force, ignorarla ne aumenta l’efficacia

Mentre cresce l’interesse regionale e internazionale per il destino del progetto “Nuovo Medio Oriente“, la “Radwan Force” di Hezbollah è tornata alla ribalta del panorama mediatico e della sicurezza con notevole forza. Questa Forza è diventata un punto focale del dibattito militare e mediatico israeliano, ed è stata ripetutamente citata in numerosi reportage occidentali, in quanto rappresenta un ostacolo fondamentale a qualsiasi tentativo di ridisegnare la mappa dell’influenza nel Levante arabo.

Le motivazioni per condurre questo studio derivano da questa sorprendente contraddizione nelle descrizioni della “Radwan Force”. Da un lato, il discorso dei media ebraici indica che questa unità “ha subito gravi colpi”, “ha perso metà del suo personale”, mentre allo stesso tempo è descritta come “il pericolo principale sul fronte settentrionale”, “la minaccia diretta al territorio israeliano” e “la forza più capace di penetrare la geografia israeliana dall’interno del Libano”.

Questa apparente contraddizione solleva una questione metodologica: come può un’unità che si dice sia in declino e in contrazione essere allo stesso tempo classificata come il deterrente asimmetrico più pericoloso della regione? Ciò che sta accadendo è una descrizione realistica delle capacità o un preludio politico per giustificare future decisioni sul campo? Radwan sta davvero vivendo un'”erosione operativa” o sta vivendo un “congelamento strategico” in preparazione di uno scontro su larga scala?

Questo studio cerca di svelare questi paradossi attraverso una lettura analitica della struttura militare della Forza Radwan, tracciandone lo sviluppo ideologico e il suo impatto sulle dinamiche geopolitiche del Levante arabo. Lo studio sostiene che la Radwan, in quanto struttura ibrida all’interno del sistema della Resistenza libanese, ha trasceso il concetto di “unità di combattimento” per diventare un attore geomilitare che rimodella l’equilibrio tra deterrenza e influenza nella regione.

Sfida strutturale al progetto del Nuovo Medio Oriente

Il documento propone inoltre che la Forza Radwan non rappresenti semplicemente una minaccia militare per Israele, ma piuttosto una sfida strutturale al progetto del Nuovo Medio Oriente, attraverso la sua posizione strategica, il dispiegamento segreto e la struttura di combattimento multidimensionale. Ciò la rende l’ostacolo più rilevante ai tentativi di controllo del Libano nell’ambito del nuovo ordine di sicurezza regionale.

Pertanto, questo studio si basa su un’analisi trasversale dei resoconti dei media, combinando fonti occidentali, ebraiche e arabe per presentare una lettura equilibrata e documentata della realtà della “Radwan”, libera da retoriche di esagerazione o minimizzazione, attraverso la lente della geopolitica militare contemporanea.

L’emergere e lo sviluppo ideologico e militare della Radwan Force

La struttura militare di Hezbollah ha subito trasformazioni qualitative dopo la guerra del luglio 2006. Queste trasformazioni non hanno rappresentato un semplice riposizionamento, ma hanno segnato la nascita di una nuova generazione di unità di combattimento con un elevato livello di professionalità. In questo contesto, la Radwan è emersa come una delle formazioni di combattimento più importanti del partito, nell’ambito dello sviluppo della strategia di resistenza da deterrenza difensiva a deterrenza offensiva preventiva.

Questa unità è stata chiamata “Al-Radwan” in onore del leader Imad Mughniyeh (Hajj Radwan), che ha costituito la pietra angolare della moderna mentalità militare e di intelligence di Hezbollah. Questo nome non è meramente simbolico; racchiude anche una dimensione tattica e operativa, esprimendo un’ideologia combattiva fedele all’Asse della Resistenza nella regione e abbracciando la teoria del “coinvolgimento permanente” con il nemico come mezzo per ostacolarne i progetti regionali, incluso il cosiddetto “Nuovo Medio Oriente”.

La Radwan Force è la formazione militare d’élite di Hezbollah. È un’unità dedicata alle operazioni speciali all’interno dei territori occupati, inclusi piani di infiltrazione e controllo temporaneo di siti militari o insediamenti nell’Alta Galilea. Il personale riceve un addestramento multilivello, che spazia dalle tecniche di combattimento notturno alla guerra in galleria e al combattimento ravvicinato con le forze speciali. Questo addestramento si svolge in aree montuose e costiere che imitano la geografia della Galilea, conferendo loro un vantaggio topografico sulle forze israeliane.

Radwan Force sfida fondamentale per il Comando Settentrionale Idf

Secondo un’analisi del Center for Security Studies dell’Università di Tel Aviv (2023), “la Radwan rappresenta una sfida fondamentale per il Comando Settentrionale delle Idf, data la capacità di condurre operazioni offensive lampo all’interno del territorio israeliano senza fare affidamento sulle infrastrutture militari tradizionali”.

La dottrina di combattimento della Radwan si basa sul principio della “decentralizzazione sul campo”, il che significa che i suoi piccoli gruppi possiedono poteri tattici indipendenti durante gli scontri. Questa caratteristica rende la Radwan Force più flessibile rispetto alle forze regolari, che si basano su una rigida catena di comando.

Nuova generazione di organizzazioni ibride

Nello stesso contesto, l’esperto militare americano Anthony Cordesman ha sottolineato in uno studio pubblicato dal Center for Strategic and International Studies che: “La Radwan Force non sono solo una milizia avanzata, ma rappresentano piuttosto il nucleo di una nuova generazione di organizzazioni ibride in grado di sfidare gli eserciti regolari in ambienti complessi”.

Vale la pena notare che la Radwan non viene utilizzata come forza di frizione quotidiana al confine, come confermato dagli stessi rapporti ebraici, che indicavano che la maggior parte di coloro che hanno partecipato alla 2Battaglia dei Primi Guerrieri” del 2024 proveniva da formazioni di mobilitazione locali. Ciò indica che il partito continua a considerare l’Unità Radwan una risorsa strategica per un gruppo di obiettivi significativi e specifici, piuttosto che una forza di logoramento sul campo.

Questa percezione è rafforzata da quanto affermato in uno studio pubblicato dall’Al-Ahram Center for Political and Strategic Studies (2024), che afferma: “Hezbollah gestisce le sue forze in modo professionale, riservando le forze d’élite per le operazioni strategiche. Tra queste rientra la Radwan Force, che non ha mostrato una forza significativa nella battaglia, ma è stata temporaneamente neutralizzata in preparazione di una battaglia importante”.

Alla luce di quanto sopra, si può affermare che la Radwan Force non è semplicemente un battaglione d’élite all’interno di Hezbollah, ma piuttosto la massima espressione militare del cambiamento qualitativo nella dottrina della Resistenza. Rappresenta la punta di diamante nell’affrontare i progetti egemonici regionali, in particolare il progetto “Nuovo Medio Oriente”, che presuppone un ambiente debole e incapace di coesione. Questo è un aspetto che questa unità, con la sua elevata efficacia in combattimento, il dispiegamento clandestino e la rigida disciplina organizzativa, sta minando esistenzialmente.

Radwan Force di fronte alla deterrenza israeliana

Dalla fine della guerra del luglio 2006, l’equazione di deterrenza tra Hezbollah e Israele è entrata in una nuova fase di complessità, con le due parti che ora gestiscono un conflitto a bassa intensità basato sulla “deterrenza reciproca”, senza sfociare in una guerra totale. Tuttavia, l’escalation delle operazioni sul fronte settentrionale dall’ottobre 2023 e le successive campagne mediatiche israeliane sul declino della Forza Radwan rivelano un deliberato tentativo di rimodellare il panorama psicologico, piuttosto che una descrizione realistica della situazione sul campo.

In una serie di resoconti pubblicati dai quotidiani Yedioth Ahronoth e Maariv tra giugno e luglio 2025, l’unità Radwan è stata descritta come affetta da un’erosione delle sue capacità di combattimento e delle sue risorse umane. Ufficiali del Comando Settentrionale delle Idf hanno indicato che la forza dell’unità era diminuita da circa 6mila combattenti a meno di 3mila e che l’infrastruttura logistica in prima linea era stata gravemente compromessa. Tuttavia, una lettura analitica di queste affermazioni rivela un divario tra la narrazione dell’intelligence israeliana e i fatti sul campo.

La prima cosa che desta sospetti è l’ammissione israeliana che coloro che hanno preso parte agli scontri di confine degli ultimi mesi non erano membri delle forze “Radwan”, ma piuttosto formazioni locali, la maggior parte delle quali provenienti dalla mobilitazione. Ciò smentisce l’affermazione di un’erosione di effettivi. Se fosse effettivamente diminuita o fosse stata danneggiata, come viene propagandata, non sarebbe stata una fonte costante di preoccupazione per l’entità temporanea, diventando il soggetto principale dei suoi media militari e politici.

La tattica di Hezbollah

Un rapporto dell’Istituto israeliano per gli studi nazionali afferma che: “La tattica di Hezbollah di tenere le sue élite militari fuori dai combattimenti quotidiani non è indice di debolezza, ma piuttosto di un livello avanzato di moderazione strategica”.

Storicamente, i resoconti sulla “distruzione del nemico” sono stati utilizzati come strumento di propaganda per preparare l’opinione pubblica israeliana a un’azione militare preventiva. Studi militari occidentali indicano che questa tattica non è nuova; era stata impiegata anche prima dell’invasione del 1982, quando l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) fu descritta come al collasso, salvo poi scoprire che questa affermazione era inesatta sul campo.

L’aspetto più significativo nei recenti resoconti ebraici è la contraddizione tra l’affermazione che la forza Radwan sia in declino e la descrizione che essa è ancora considerata “la minaccia più diretta al territorio israeliano”, come affermato in un’analisi del ricercatore israeliano Ehud Yaari sulla rivista del Jerusalem Institute for Strategic and Security Studies, dove ha affermato: “Radwan non è solo un’unità d’incursione, ma un progetto operativo strategico, che comprende piani per penetrare, interrompere le linee di rifornimento e prendere il controllo delle città nell’Alta Galilea”.

Né possiamo ignorare il graduale e timido ritorno degli abitanti degli insediamenti della Galilea. Le stime indicano che il 74% di loro è rientrato, secondo Ma’ariv, pur indicando una relativa calma, non riflette necessariamente un calo della minaccia “Radwan”. Piuttosto, riflette il timore di un riposizionamento tattico e l’anticipazione di una potenziale esplosione più grande.

L’unità non è stata smantellata, ma è stata intelligentemente ridistribuita

In questo contesto, l’International Crisis Group sottolinea che: “L’unità non è stata effettivamente smantellata, ma è stata intelligentemente ridistribuita come riserva strategica, alla luce dell’escalation graduale in corso dal 2023”.

Analizzando la discrepanza tra “esaurimento” e “minaccia strategica” si scopre che i resoconti israeliani non intendono descrivere la realtà, ma piuttosto giustificare una potenziale decisione di estendere l’attacco al Libano, o almeno preparare l’opinione pubblica a una nuova equazione di deterrenza.

In conclusione, si può affermare che la Radwan Force viene impiegata sul campo solo quando assolutamente necessario, a conferma del fatto che continuano a rappresentare la più importante forza di riserva offensiva di Hezbollah, contrariamente alla narrativa che ne promuove l’erosione. Di conseguenza, rimangono un vero e proprio elemento di rottura per qualsiasi architettura di sicurezza che Israele cerchi di imporre nell’ambito del suo progetto di “Nuovo Medio Oriente”, basato sulla sottomissione dei fronti settentrionali senza costi strategici.

Forze Radwan: spina nel fianco dei nuovi progetti in Medio Oriente

Dall’inizio del nuovo millennio, il dibattito occidentale e americano si è intensificato attorno alla necessità di ristrutturare la regione araba nell’ambito di un progetto noto come “Nuovo Medio Oriente”, proposto dall’ex Segretario di Stato americano Condoleezza Rice nel 2006, nel pieno della guerra di luglio tra Hezbollah e Israele. Questo progetto, basato sull’imposizione di nuovi sistemi politici e sullo smantellamento delle reti della Resistenza, si è scontrato fin dall’inizio con una realtà ingestibile per gli standard di sicurezza occidentali. La sua espressione più evidente è stata l’emergere di una forza sul campo organizzata ed efficace nota come “Radwan Force”.

La sfida posta dalla Radwan non era solo di sicurezza, ma anche ideologica e strategica. Essa incarna una struttura militare ibrida che trascende sia la logica dello Stato che quella della milizia, rendendola un modello unico le cui azioni non possono essere previste o contenute nei quadri convenzionali dei progetti di controllo occidentali. Come affermato in un rapporto dell’americana Rand Corporation: “La Radwan Force rappresenta la minaccia ibrida per eccellenza: decentralizzata, guidata da ideologie e integrata a livello regionale”.

Nel contesto regionale, la presenza della Radwan si è estesa oltre il Libano. I suoi membri hanno partecipato a battaglie di alto profilo sul suolo siriano, dove sono stati incaricati di missioni delicate all’interno della base militare dell’Asse della Resistenza, in particolare a Qusayr, Qalamoun e nella campagna meridionale di Aleppo. Questa espansione non solo riflette la flessibilità del suo dispiegamento, ma riflette anche un approfondimento del concetto di profondità strategica, che contraddice la filosofia della “regionalizzazione della sicurezza” che Washington e Tel Aviv cercano di consolidare.

Strategie

Il quotidiano americano Foreign Policy ha avvertito che: “Quanto più Israele si concentra su Gaza o sulla Cisgiordania, tanto più la Radwan approfondisce il suo dispiegamento operativo dal fiume Litani al confine siriano”.

Fonti di intelligence occidentali confermano che il dispiegamento della Radwan in aree naturalmente protette a nord del Litani (come osservato da Maariv) riflette un’attenta preparazione al momento dello scontro, non una semplice difesa passiva. Secondo un’analisi di Stratfor, Hezbollah “cerca di costruire una capacità offensiva deterrente basata su reti missilistiche a corto raggio mimetizzate, che gli consentano di iniziare e intensificare le proprie azioni alle proprie condizioni”.

Qui risiede la vera minaccia del potere della Radwan: non solo costituisce un ostacolo militare tattico, ma mina anche la filosofia stessa della “Pax Americana”, che si basa sullo smantellamento delle fonti di potere indipendenti dallo Stato. In altre parole, Radwan, in quanto estensione della dottrina di Hezbollah, rappresenta una struttura militare che non può essere contenuta nei sistemi di insediamento tradizionali, perché non deriva da un’autorità centrale negoziabile, ma piuttosto da una dottrina legata all’idea di Resistenza globale.

La continua distanza dall’impegno diretto non riflette una ritirata

Alla luce di ciò, uno studio pubblicato dal Center for Arab Unity Studies conferma che: “Ciò che frena il nuovo Medio Oriente non è solo la ribellione dei regimi tradizionali, ma anche l’esistenza di strutture come “Al-Radwan”, che incarnano l’idea di un attacco preventivo al di fuori della logica dello Stato e impediscono all’avversario di prevedere la forma o i tempi della battaglia”.

La continua distanza di Al-Radwan dall’impegno diretto non riflette una ritirata, ma piuttosto una tattica consapevole e una preparazione adeguata. Non si tratta semplicemente di una carta di pressione temporanea, ma di una risorsa strategica che può essere attivata in qualsiasi momento, alterando la geometria della regione con la sua sola presenza, anche senza il suo utilizzo.

In definitiva, nessun progetto regionale potrà essere completato nel Levante arabo finché il modello “Radwan” persisterà come una “minaccia inevitabile”. Esso non solo scompagina la macchina bellica israeliana, ma ostacola anche le equazioni politiche e di sicurezza che si cerca di imporre sotto la bandiera di “normalizzazione e stabilità”. In questo senso, la “Radwan Force” non è una mera unità militare, ma piuttosto una solida struttura decostruttiva per qualsiasi nuova architettura coloniale in Oriente.

Scenari per la deterrenza o il confronto con la Radwan Force

Nel contesto delle tensioni in corso al confine tra Libano e Palestina, e con l’escalation mediatica e politica israeliana attorno alle “minacce Radwan”, la probabilità di uno scontro diretto, o almeno di importanti sviluppi sul campo che vadano oltre i confini di una “frizione calcolata”, sta crescendo. La maggior parte delle valutazioni strategiche indica che qualsiasi futura guerra nel nord sarà non convenzionale, né nel teatro né nei mezzi, soprattutto con la “Radwan” posizionata come centro di gravità operativo nell’equazione.

I think tank militari israeliani individuano tre scenari principali per una possibile escalation con Hezbollah, guidati da “uno scontro limitato con un tentativo di incursione della Radwan”, “una guerra su larga scala su più fronti” e “attacchi preventivi a strutture e leadership”. Nonostante la diversità di questi scenari, il denominatore comune è che “Radwan” rappresenta l’elemento più preoccupante nei calcoli israeliani, secondo un recente rapporto dell’Institute for National Security Studies: “Qualsiasi guerra futura non scoppierà solo grazie ai missili, ma piuttosto a causa delle preoccupazioni circa un’incursione terrestre da parte della Radwan Force, che ha finito per credere nella propria capacità di condurre operazioni di qualità in Galilea.”

Timori israeliani

Il paradosso che preoccupa Israele è che questa unità, nonostante la sua apparente distanza dalle linee del fronte, si stia preparando, monitorando e studiando in dettaglio l’ambiente del campo di battaglia. Rapporti dell’Alma Center israeliano indicano che l’esercito israeliano “sta seriamente considerando uno scenario in cui l’unità Radwan potrebbe effettuare un’operazione lampo per rapire soldati o prendere il controllo di un valico di frontiera sensibile” – uno scenario che non è teorico, ma per il quale la Forza si sta addestrando da anni.

Secondo un articolo pubblicato su Jane’s Defence Weekly, la Forza Radwan si sta preparando non solo a respingere un attacco, ma anche a liberare il territorio qualora dovesse scoppiare uno scontro. Sfrutta il terreno accidentato del Libano meridionale e una rete di tunnel, bunker e apparati cellulari che non si basa su un’infrastruttura fissa, rendendo difficile il suo attacco aereo.

Se Israele ricorresse a un attacco preventivo contro il quartier generale e la leadership di Al-Radwan, lo scenario alternativo sarebbe un’esplosione su larga scala che farebbe precipitare il fronte settentrionale in una guerra prolungata. L’International Crisis Group stima che una simile mossa potrebbe “trasformare la battaglia in uno scontro regionale che coinvolge Siria, Iraq, Yemen e l’Iran, e potrebbe portare a una completa interruzione della navigazione nel Mediterraneo e nelle sue vie d’acqua”.

D’altro canto, la Radwan dimostra un’elevata flessibilità tattica e, negli ultimi anni, Hezbollah ha sperimentato strumenti di “risposta graduale”, lanciando razzi non guidati, poi missili di precisione e infine droni, senza tuttavia arrivare a un impegno su vasta scala. Tuttavia, questa politica è soggetta a limiti, in particolare quando si prendono di mira figure di spicco o si rappresenta una minaccia diretta alla struttura della Forza.

La superiorità della Radwan

La superiorità della Radwan non risiede solo nella sua capacità di effettuare un “attacco a sorpresa”, ma anche nella sua capacità di resistere per lunghi periodi sul terreno. Non si tratta di un’unità di intervento rapido in grado di essere sorpresa e poi ritirarsi, ma piuttosto di una struttura di combattimento preparata per la guerra in territorio ostile, che espone lo stesso fronte interno israeliano a una doppia pressione: psicologica e militare.

In sintesi, la Radwan sembra essere un fattore non convenzionale nelle equazioni di deterrenza: un’unità flessibile e silenziosa, ma pronta a entrare in azione non appena l’equilibrio si rompe. Questo rende l’idea di una guerra con Hezbollah non una questione di “se”, ma piuttosto di “quando” e “come”. La domanda più seria è: Israele può sopportare le conseguenze dell’apertura di questo fronte?

Oggi, la Radwan rappresenta più di una semplice unità militare all’interno della struttura di Hezbollah; incarna un cambiamento qualitativo nel concetto di Resistenza, da difesa locale a minaccia strategica transfrontaliera. Esaminandone le origini e lo sviluppo, analizzandone la posizione nel panorama regionale ed esaminandone i potenziali scenari di confronto, diventa chiaro che la Radwan non rappresenta una mera “sfida alla sicurezza” per Israele, ma piuttosto un vero e proprio ostacolo strutturale alla possibilità di attuare il progetto del “Nuovo Medio Oriente”, che prevede un Oriente privo di avamposti militari deterrenti e non parte dell’ordine regionale sponsorizzato dagli Stati Uniti.

Ignorare Radwan Force non ne riduce la pericolosità, ma ne aumenta l’efficacia

Comprendere che ignorare tali strutture non ne riduce la pericolosità, ma anzi ne aumenta l’efficacia, poiché operano al di fuori dei tradizionali sistemi di monitoraggio. Ciò richiede un pensiero razionale e una diplomazia flessibile, lontana da minacce e intimidazioni, che affronti la “forza misteriosa” come un vero e proprio attore nella definizione della politica regionale.

In conclusione, la Radwan Force si rivela una carta non ancora pienamente attivata, ma che, in un momento critico, potrebbe ribaltare la situazione dell’intero progetto “Nuovo Medio Oriente”, non solo innescando una guerra su larga scala, ma continuando a rappresentare un dilemma senza soluzione convenzionale.

di Redazione

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