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Quantitative Easing, ultima speranza per Europa e Italia

di Salvo Ardizzone

Giovedì, al termine della riunione della Bce tenuta a Cipro, Draghi ha dichiarato ufficialmente che da lunedì 9 cominceranno gli acquisti del Quantitative Easing: 60 Mld al mese fino a settembre del 2016 ed anche oltre se fosse necessario; almeno 1.100 Mld di nuove emissioni monetarie che, nelle intenzioni, dovrebbero dare liquidità a un Continente asfissiato dalle politiche di rigore made in Berlin.

Stretta fra le mille pastoie di regolamenti volutamente astrusi, Francoforte parte buona ultima, dopo che su questa strada s’erano già incamminate negli anni della crisi la Bank of England, la Federal Reserve americana e la Banca del Giappone.

Già dall’annuncio fatto il 22 gennaio, dopo un braccio di ferro con la Bundesbank, gli effetti s’erano cominciati a vedere, con il costo del denaro sempre più basso e le borse euforiche per l’aspettativa. Certo, l’operazione mostra diversi limiti vistosi, primo fra tutti la condivisione dei rischi d’insolvenza di quelle emissioni solo per il 20%, rimanendo il resto a carico dei singoli Stati, ma pur sempre un anatema per Berlino.

Sia come sia, il vistoso deprezzamento dell’Euro, che ora viaggia intorno al rapporto 1,1 con il dollaro, è tutta benzina per le esportazioni, e la nuova liquidità iniettata nell’economia “dovrebbe” (il condizionale è d’obbligo) almeno in parte favorire gli investimenti delle imprese fin’ora strangolate dal credit crunch (la stretta creditizia). Tutto questo, unito a una bolletta petrolifera da anni mai così bassa e al costo dei debiti pubblici ridotto ai minimi, rappresenta l’ultima cartuccia da sparare contro una crisi lunga quanto dolorosa, che ha inciso nella carne delle imprese e della società, con fallimenti a catena, disoccupazione altissima ed esplosione dell’area del disagio.

Sta di fatto, però, che malgrado Draghi abbia vinto una mano con Berlino nella partita monetaria (quella di stretta pertinenza della Bce), sul fronte strettamente politico, nella sostanza sia cambiato assai poco, con l’ottusa ed egoistica visione di Schauble (il Ministro delle Finanze tedesco) ancora a dettar legge all’Eurogruppo dei Ministri finanziari della Ue.

Ne sanno qualcosa Tsipras e Varoufakis che, presentatisi a Bruxelles convinti che un mandato popolare contasse qualcosa, sono stati costretti a rimangiarsi il programma a cui il Popolo greco aveva affidato le proprie speranze di risollevarsi. Adesso entrambi si dibattono fra il martello di una Ue sorda a qualunque ragione che non venga da Berlino, e l’incudine di un’opinione pubblica disorientata e disillusa. Lo stesso Draghi, in margine alla riunione di Cipro, ha detto chiaro che non può e non intende fare più di quanto stia già facendo, visto che in poco più di due mesi la Bce ha raddoppiato la sua esposizione verso la Grecia giungendo a 100 Mld, il 68% del suo Pil.

Non è una soluzione monetaria quella che può salvare Atene, ma politica, né essa può sperare di trovare solide alleanza nell’establishment che l’ha affossata; scegliendo d’impegolarsi in una trattativa con Bruxelles senza buttare sul tavolo il vero problema, il peso insostenibile del debito, i suoi nuovi vertici hanno condannato la Grecia a dissanguarsi in un vicolo cieco.

Anche l’Italia è dinanzi a un bivio: uno spread che viaggia sui 90 punti non lo si vedeva da cinque anni; questo, unito a un costo del nostro enorme debito mai così basso e a una bolletta petrolifera drasticamente ridotta, è un’occasione irripetibile per risollevarsi, probabilmente l’ultima prima del tracollo.

Purtroppo ciò che vediamo è tutt’altro: spot vuoti gabellati per riforme, lobby che continuano a spadroneggiare indisturbate, il Governo impegnato in una valanga di provvedimenti contraddittori quanto privi di contenuti, la cosiddetta politica occupata in liti da pollaio e l’opposizione sempre più irrilevante e sempre più funzionale a chi ha sempre comandato. Insomma, è l’Italia di sempre.

Non sappiamo se il “bazooka” di Draghi colpirà il bersaglio, ma per l’Italia l’ultima campanella a Cipro è già suonata.

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