Qatar. “Per organizzare una Coppa del Mondo a volte è preferibile meno democrazia”
“Less democracy is sometimes better for organising a World Cup.” Queste le parole del segretario della Fifa Jérôme Valcke, riportate dal The Guardian, che dovrebbero per sempre mettere a tacere le sciocchezze divulgate dalla federazione sul potere dei Mondiali di calcio di collaborare alla pace e di cambiare il mondo.
Di fronte alle manifestazioni in Brasile contro le maxi spese, 11 miliardi di dollari, stanziati dal governo di Brasilia per l’organizzazione dei Mondiali di calcio, la Fifa – in vista del torneo Brasile 2014 – deve avere avuto qualche sentimento nostalgico per i Mondiali Argentina 1978, vinti dall’Argentina, certo molto bene organizzata dal governo militare di Vileda. Potrà ugualmente stare tranquilla per i Mondiali Russia 2018, come dichiarato dallo stesso segretario
Valcke: “Quando si ha un forte capo di Stato che può decidere, come forse Putin può fare nel 2018, è più facile per noi organizzatori rispetto ad un altro Paese come la Germania… dove si deve negoziare a diversi livelli”. E ancora più tranquilla potrà stare la Federazione per i Mondiali Qatar 2022. Poco importa se l’organizzazione del Paese “poco democratico” pagherà un costo altissimo di vite umane di lavoratori schiavi!
Del resto chi sono questi Signori del Pallone che da Zurigo decidono la scelta del Paese che ospiterà i mondiali, quando i futuri giocatori che scenderanno in campo sono ancora bambini con i calzoni corti?
Usando un termine calcistico i Signori del Pallone della Fifa sono tutti fantasisti, con una vita da mezzapunta, essendo riusciti a dribblare le notevoli grane giudiziarie che, copiose, si sono frapposte sulle loro strade.
Così il discusso numero uno, Sepp Blatter, accusato di avere comprato voti per la sua elezione al trono della federazione, oltre che di frodi sui diritti tv, riciclaggio su fondi neri e tangenti.
Così la famiglia Fok legata forse alla Triade Cinese, che di padre in figlio si salvano da procedimenti penali nel Stati Uniti, a Macao, rimanendo a rappresentanza delle federazioni asiatiche.
Così la Federazione Sudamericana con Teixeira, presidente verde-oro fino al 2012 coinvolto nel caso “bancada da bola”, che svelò la cupola attraverso la quale la Ferdercalcio finanziava parlamentari compiacenti che avrebbero dovuto impedire le indagini sul più grande processo sul calcio della storia del Brasile: il caso Nike-Cpiche fece emergere accuse raccapriccianti: giocatori-bambini esportati in Europa e obbligati a prostituirsi, riciclaggio nelle Cayman e in Svizzera, truffe nei diritti tv, corruzione e frode fiscale. L’inchiesta si trasformò, da subito, in uno shock nazionale, coinvolgendo anche la fondazione del mitico Pelè: l’ente occultava denaro di provenienza Unicef in un fondo nero delle Isole Vergini.
E mentre il Consiglio dirigente della Fifa ha deciso di istituire un gruppo di lavoro per studiare le date della Coppa del Mondo 2022 in Qatar onde evitare i caldi mesi estivi, risultato che si saprà non prima del 2015, il “democratico” Qatar continua a costruire le infrastrutture necessarie per il 2022, per niente scandalizzato dai dati agghiaccianti pubblicati dal quotidiani britannico The Guardian (http://www.theguardian.com/world/2013/sep/25/revealed-qatars-world-cup-slaves?CMP=twt_fd) in un’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani e sulle condizioni dei lavoratori stranieri presenti in Qatar, descrivendo uno scenario di moderna schiavitù che deve essere sfuggito ai giornalisti di Aljazeera a Doha, che hanno mantenuto un sacro silenzio sulla vicenda.
Questa estate, lavoratori nepalesi sono morti ad una cadenza di quasi una al giorno in Qatar, molti dei quali giovani uomini che hanno avuto attacchi di cuore improvvisi. L’indagine ha trovato prove secondo cui migliaia di nepalesi, che costituiscono il più grande gruppo di operai in Qatar, sono sottoposti a sfruttamenti e abusi in una forma di schiavitù moderna. Secondo i documenti ottenuti dall’ambasciata nepalese a Doha, almeno 44 lavoratori sono morti tra il 4 giugno e l’8 agosto. Più della metà sono morti di attacchi di cuore, insufficienza cardiaca o incidenti sul lavoro.
L’indagine evidenzia anche:
• Prove di lavoro forzato in un grande progetto di infrastrutture per la Coppa del Mondo.
• Alcuni uomini nepalesi hanno sostenuto di non essere stati pagati per mesi con i loro stipendi conservati per impedire loro di scappare.
• Alcuni lavoratori affermano che i datori di lavoro di routine confiscano i passaporti e si rifiutano di rilasciare carte d’identità, riducendoli in effetti alla condizione di clandestini.
• I lavoratori dicono che è stato negato l’accesso all’acqua potabile gratuita nel caldo del deserto.
• Circa 30 nepalesi hanno cercato rifugio presso la loro ambasciata a Doha per sfuggire alle brutali condizioni del loro impiego.
Le accuse suggeriscono una catena di sfruttamento che parte da poveri villaggi nepalesi e arriva fino ai leader del Qatar. Il quadro generale è quello di una delle nazioni più ricche che – in preparazione del torneo sportivo più popolare del mondo – sfruttano uno dei Paesi più poveri del mondo.
L’indagine del The Guardian ha anche messo in evidenza condizioni di lavoro ripugnanti, ostelli sporchi con 12 letti per stanza, operai costretti a lavorare senza paga e ad elemosinare il cibo, 10 ore al giorno nei cantieri per meno di 200 dollari al messe, costrizione a lavorare a ritmi serrati anche durante la terribile estate qatariota, con temperature che superano abbondantemente i 50° gradi a volte senza accesso all’acqua potabile.
Per i lavoratori immigrati non si profila alcun tipo di tutela. Non esiste sindacato che li protegga, né corte che li difenda. Loro, che costituiscono l’85 per cento della popolazione della penisola – i cittadini qatarioti sono solo 300mila, con il Pil pro capite più alto al mondo – e il 90 per cento della forza lavoro, vengono principalmente da India, Nepal e Sud-est asiatico. E Doha ha già annunciato di volerne assumere un altro milione nel prossimo decennio per completare le infrastrutture del mondiale 2022.
Quasi tutti i lavoratori migranti hanno enormi debiti maturati dal Nepal, al fine di pagare gli agenti di reclutamento per i loro posti di lavoro. L’obbligo di rimborsare questi debiti, combinato con il mancato pagamento dei salari, la confisca dei documenti e l’incapacità dei lavoratori di lasciare il loro posto di lavoro, costituiscono il lavoro forzato, che, secondo le stime, interessa fino a 21 milioni di persone in tutto il mondo. Così radicato è questo sfruttamento che l’ambasciatore nepalese in Qatar, Maya Kumari Sharma, ha recentemente dichiarato: “Le prove scoperte dal The Guardian sono la chiara dimostrazione dell’uso sistematico di lavoro forzato in Qatar”, mentre Aidan McQuade, direttore della Anti-Slavery International, fondata nel 1839 ritiene che: “In effetti, queste condizioni di lavoro e il numero sorprendente di decessi di lavoratori vulnerabili vanno al di là del lavoro degli schiavi nel vecchio sistema schiavistico, dove gli esseri umani erano trattati come oggetti”. La Coppa del Mondo rischia di essere costruita sul lavoro forzato.
Questo sta accadendo in Qatar, che, secondo alcune stime, spenderà 100 miliardi di dollari in progetti di infrastrutture per sostenere la Coppa del Mondo. Oltre a nove stadi, il Paese spenderà 20 miliardi dollari per nuove strade, 4 miliardi di dollari per una via che collega il Qatar al Bahrein, 24 miliardi di dollari per una rete ferroviaria ad alta velocità, 55.000 camere d’albergo per ospitare tifosi ospiti ed ha quasi completato un nuovo aeroporto.
Mentre la Fifa parla dell’effetto del caldo estremo del Qatar su qualche centinaio di calciatori, e Sepp Blatter suggerisce di iniziare il torneo nel mese di novembre, chi si preoccupa dei disagi, del sangue e del sudore di migliaia di lavoratori migranti, costretti forzatamente a turni di lavoro otto volte superiori alla durata di una partita di calcio?