Putin fa il Leonida e dà il benservito al messo saudita
In “300”, pellicola di enorme successo che romanza l’epopea lacedemone alle Termopili, una delle scene rimaste scolpite nell’immaginario degli spettatori è l’incontro tra Leonida, re di Sparta, e un messo dell’imperatore persiano. Quest’ultimo si reca dal sovrano greco per prospettargli un accordo di pace, tentando di lusingarlo con proposte economicamente assai vantaggiose ma implicanti una condizione che l’orgoglioso Leonida rifiuta con disprezzo. Ossia, la subalternità di Sparta all’Impero persiano. Pertanto, Leonida fa sì che il colloquio si concluda in maniera alquanto pittoresca e violenta, sancendo così la definitiva rottura delle relazioni diplomatiche con la Persia e spingendo il corso degli eventi verso la celebre battaglia.
A seguito dell’incontro avvenuto lo scorso 31 luglio tra Vladimir Putin e il capo dei servizi di spionaggio dell’Arabia Saudita, Bandar bin Sultan, qualche osservatore di politica internazionale dalla fervida fantasia, forse, avrà ripensato a quel passaggio del film “300”. Con il leader russo nei panni di re Leonida e il rappresentante saudita in quelli del nero ambasciatore del potente Serse.
Cautela, per favore. L’accostamento, come del resto ogni paragone tra celluloide e carne ed ossa, è solo un ridondante esercizio di immaginazione. Il quale, tuttavia, contiene in questo caso qualche elemento di attinenza con la realtà.
Veniamo ai fatti. Lo scorso 8 agosto, le agenzie internazionali riportano di un faccia a faccia avvenuto a Mosca qualche giorno prima, il 31 luglio appunto. I due interlocutori sono il presidente russo Vladimir Putin e il principe saudita Bandar bin Sultan. Tema dell’incontro, una proposta che l’emissario di Riad intende rivolgere alla Russia. Stando a quanto riportato da un diplomatico europeo da anni attivo nel Golfo persico, Bandar bin Sultan avrebbe spiegato che il suo Paese «è pronto ad aiutare Mosca a giocare un ruolo più importante in Medio Oriente nel momento in cui gli Usa sono piuttosto sulla linea del disimpegno». Inoltre, avrebbe proposto a Putin l’acquisto di armamenti russi per 15 miliardi di dollari, oltre a investimenti «considerevoli».
E non è finita. La già allettante proposta saudita si sarebbe ulteriormente arricchita di vantaggi energetici. Bandar bin Sultan si sarebbe fatto garante con Mosca di un divieto di transito del gas di Paesi del Golfo in territorio siriano, «indipendentemente dal regime» che potrebbe prendere il potere a Damasco. Di fatto, questo scenario consentirebbe alla Russia di fugare qualsiasi concorrente in tal senso e di mantenere un cospicuo interesse economico in Siria. Quest’ultima proposta, tuttavia, riassume il senso della visita del diplomatico saudita a Mosca. Ovvero, assicurare a Putin il mantenimento dei propri affari in Siria a patto, però, di un cambio di strategia da parte russa. In cambio, sostanzialmente, della fine dell’alleanza tra Russia e Siria, elemento che ha finora disinnescato sul nascere ogni velleità atlantica di intervenire militarmente in territorio siriano.
A quel punto, al leader russo sarà tornato in mente quanto avvenne nel 2009, quando Assad, allora saldo al potere in Siria, declinò un’offerta da parte del Qatar di costruire un gasdotto entro i propri confini nazionali per collegare il Golfo persico all’Europa. Assad decise di non firmare quei pur vantaggiosi accordi, pensando bene che l’alleanza strategica con la Russia valesse molto più delle lusinghe di un ricco ma piccolo Stato persico, insignificante o quasi nello scacchiere geopolitico. Alcuni analisti sostengono che Assad stia scontando oggi, con un bagno di sangue che dilania il suo Paese, quella mossa in opposizione ai desiderata qatarioti in Siria.
Avrà pensato a quei fatti, Putin, facendo le sue attente considerazioni, prima di rispondere laconico e sicuro: «Nessun cambio di strategia, malgrado queste proposte». Incassato il niet russo, l’inviato saudita, stando sempre a quanto riferito dal diplomatico europeo, «ha fatto capire che l’unica opzione sul tappeto a questo punto diventa quella militare e che bisogna scordarsi della conferenza Ginevra 2, poiché l’opposizione non parteciperà». Concessagli l’ultima parola, Putin avrebbe infine accompagnato il principe arabo alla porta e lo avrebbe salutato educatamente.
Tutt’altra reazione rispetto a quella avuta dal Leonida del film “300” nei confronti dell’emissario di Serse. Eppure, altrettanto ferma innanzi alla minaccia. Talvolta un cordiale silenzio è più esplicito di un brutale sussulto. Chissà se lo avrà capito anche il presidente statunitense Obama, che sempre in questi giorni ha incassato la freddezza russa come risposta alla sua decisione di non partecipare a un incontro bilaterale con Putin a margine del G20 che si terrà a San Pietroburgo.