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La protesta dei gilets jaunes si diffonde in Europa

Le proteste dei gilets jaunes, il movimento dei cittadini francesi contro l’aumento dei prezzi del carburante e le riforme economiche del presidente Emmanuel Macron, si sono sviluppate per la quarta settimana consecutiva in violenti scontri con la polizia antisommossa in diverse città della Francia, e in manifestazioni diffuse in altri paesi d’Europa, raggiungendo anche la frontiera con l’Italia.

gilets-jaunesL’ondata di dimostrazioni è iniziata il 17 novembre in opposizione ad un aumento delle tasse sul carburante. Il presidente francese ha fermato la misura, che faceva parte di un piano per incentivare diversi punti dell’accordo di Parigi, e congelato i prezzi del gas e dell’elettricità. Ma non è stato sufficiente a calmare l’insoddisfazione dei gilet gialli, un movimento eterogeneo senza un leader, che ora chiede al governo di abbassare le tasse e aumentare il salario minimo e le pensioni. Un potere senza direzione, “un potere che vacilla”, “un potere messo all’angolo”, “un potere senza influenza”, “un potere autoritario”, sono i commenti dei media, progressisti o conservatori.

Superbo, Christophe Castaner, il ministro degli Interni ha minimizzato l’importanza dei manifestanti: “I gilet gialli sono solo 10mila in tutto il Paese, di cui solo una parte è radicalizzata”. Gli stessi vengono additati dalla grancassa mediatica come violenti e facinorosi, nonostante stiano semplicemente tentando di far valere i propri diritti, parole come “barbari”, “idioti”, “bifolchi”, “irresponsabili” sono diffuse nelle reti sociali. I media hanno parlato dei gilets jaunes che “grugniscono”: per loro le classi popolari non si ribellano, ma invece grugniscono come animali di fattoria. Parlano di “violenza di questo movimento” quando un’auto è stata incendiata o una vetrina è stata infranta o una statua imbrattata.  

La demonizzazione dei gilet gialli non ha funzionato. Il mondo ha imparato che in questa Francia di Macron c’è la fame, come nel resto dell’Europa. Macron Dimissioni!, è l’urlo delle strade. L’indignazione ha gettato migliaia di francesi nelle strade, tinti di un fervore rivoluzionario di profonde radici storiche che a suo tempo hanno segnato il futuro dell’Europa e del mondo. Consapevole del fatto che il potere del popolo rimane lì, latente e in grado di trasformare la scena sociale e politica, il collettivo noto come gilets jaunes ha invaso le strade e gradualmente ha capitalizzato la frustrazione di una società stanca di battute d’arresto causate da politiche neoliberiste del governo di Emmanuel Macron, il “presidente dei ricchi”, fino a riunire cittadini di tutti gli strati sociali. Il messaggio inviato al mondo da questo movimento non potrebbe essere più chiaro: la rivoluzione non è morta.  

Il messaggio che scaturisce dalle proteste nel Paese parla dell’imperativo bisogno di unità. Hanno diviso tra ricchi e poveri, tra nativi e migranti, tra le opposte tendenze politiche e tra credenze religiose abilmente sviluppate per generare animosità e rivalità tra i cittadini e tra i popoli. La grande sfida proposta dal popolo francese è quella di unirsi contro un sistema neoliberista che ha provocato la debolezza endemica degli Stati. I governi, soprattutto i più deboli politicamente e istituzionalmente si trovano ad affrontare le pressioni di una sovrastruttura di immenso potere economico, che ha preso il potere politico minando le fondamenta della democrazia complice dei piani degli Stati Uniti. In questo modo e senza una maggiore opposizione, essi afferrano tutti i beni e le risorse più preziose delle nazioni per venderli ai legittimi proprietari a prezzi di usura: estrazione mineraria, agricoltura, acqua, petrolio, energia e persino le colture autoctone trasformate, grazie a brevetti legalizzati da tangenti, in proprietà corporative.  

La Francia, specchio dei tempi e dello scontro di classe, è guerra sociale, culturale e geopolitica dei popoli, pressochè tutti proletarizzati dal globalismo neoliberista, contro le élites. E’ lotta insurrezionale che presenta affinità stretta con quella del 1789 per la sovranità del popolo (lavoratore, operaio, contadino, intellettuale) contro i gruppi dell’accumulazione e della predazione, della menzogna e della cospirazione. Contro l’uomo di Goldman Sachs, l’uomo costruito in vitro dai Rothschild non c’erano i famigerati Black Block, ma solo infermiere, camionisti, contadini, pensionate, lavoratori ridotti allo stremo, tante donne. 

Per affrontare l’ira del popolo, il governo di destra di Macron ha mobilitato 89mila soldati e ha arrestato più di 1.300 persone, spesso in maniera brutale. Ci sono stati più di 135 feriti, compresi i giornalisti. Il più grande apparato repressivo che la Francia abba mai avuto: in tutta il Paese ci saranno stati circa 130mila dimostranti, contro quasi 90mila poliziotti.  

Il colore giallo dei gilets jaunes ha sostituito il selciato delle rivolte di mezzo secolo fa, del cosiddetto maggio del ’68. Come allora le rivolte si sono diffuse. A Bruxelles, la polizia ha arrestato più di 400 persone sabato scorso dopo che i manifestanti, ispirati al movimento francese, hanno lanciato pietre e petardi, cercando di raggiungere gli edifici del governo belga e dell’Unione europea per chiedere le dimissioni del primo ministro, Charles Michel.

A Rotterdam, in Olanda, centinaia di gilets jaunes hanno attraversato pacificamente un ponte della città cantando una canzone sull’Olanda e distribuendo fiori tra i passanti. La rivolta si è estesa da Parigi al resto dei punti di confine della Francia, compresa la Spagna, dove centinaia di manifestanti hanno bloccato con camion il passaggio dei Pirenei, nel Basco Irun. Anche la frontiera con l’Italia è stata raggiunta: dopo un corteo pacifico formato da un centinaio di persone che dal municipio di Mentone è arrivato al valico di frontiera di Ponte San Ludovico, i manifestanti hanno raggiunto, in scooter e moto, la barriera autostradale entrando in territorio italiano.

La presa della Bastiglia è iniziata così, quando nel 1789 le donne dei quartieri poveri uscirono per strada perché non avevano più pane per nutrire i figli, la regina Maria Antonietta esclamò divertita: “Se non hanno il pane, mangino le brioches!”. Pochi giorni dopo, queste donne andarono a cercarla a Versailles. Il resto è storia nota.

di Cristina Amoroso

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