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Giornalisti assassinati, Messico al terzo posto

Secondo il report annuale della Federazione Internazionale dei Giornalisti, il Messico risulta il terzo Paese al mondo per numero di giornalisti assassinati. Ai primi due posti di questa graduatoria si attestano Paesi vittime di aggressioni militari come l’Iraq e l’Afghanistan.

La situazione politica ha dimostrato ancora una volta l’importanza dell’oligarchia nazionale nelle elezioni presidenziali. Entrambi i partiti, e le coalizioni di governo succedutesi, non hanno dato spazio alla salvaguardia dei diritti umani né alla tutela dell’informazione.

Giornalisti assassinati come in guerra

Nonostante non ci sia una vera e propria guerra civile in atto, informare resta un’attività con altissimo tasso di rischio. Basti considerare che tra i 30mila casi di desaparecidos registrati nella scorsa decade si iscrivono per lo più attivisti per i diritti civili ed ambientali e/o manifestanti, ossia persone che han cercato di far emergere le violazioni civili ed ambientali nude e crude.

Negli ultimi 10 anni il numero dei giornalisti assassinati o scomparsi ammonta a circa 100 unità. Tra di essi la maggior parte è rappresentata da reporter locali che investigavano su casi di cronaca nera (omicidi e desaparecidos) o su reati di natura ambientale.

Pedro Miguel, editorialista del quotidiano “La Jornada”, intervistato al proposito, afferma: “Noi giornalisti messicani viviamo in uno stato di insicurezza perpetuo, alla mercé del crimine organizzato e senza adeguate tutele statali”. Il giornalista continua affermando: “Da anni ci governa un’oligarchia che ha concentrato i suoi sforzi nella corruzione dello Stato, privatizzazione degli enti pubblici e che ha rinunciato alla salvaguardia delle tutele fondamentali come il preservare la vita, la sicurezza ed i diritti del popolo”.

Uno Stato, il Messico, in cui difendere chi fa informazione diventa di anno in anno più complicato. Uno Stato il cui presidente, Andrés Manuel López Obrador, si è dimostrato propenso alla tutela dei diritto all’informazione più a parole che a fatti. Uno Stato in cui corruzione ed infiltrazione “malavitosa” convivono su vari strati, rendendo il paese uno dei posti più difficili al mondo per chi fa informazione.

di Maurizio di Meglio

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