Pazienti psichiatrici, un’altra emergenza italiana
I pazienti psichiatrici in Italia rappresentano un’altra pagina delle problematiche che affliggono la nazione; chiusi gli ospedali giudiziari le strutture che li avrebbero dovuto sostituire non hanno risolto il problema, hanno si eliminato le strutture contenitive ma sono sull’orlo del collasso.
I pazienti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2016 sono stati 807.035. Di questi, 349.176 sono entrati in contatto per la prima volta durante lo stesso anno con i Dipartimenti di salute mentale. Lo ratifica il nuovo Rapporto sulla salute mentale 2016, appena pubblicato dal ministero della Salute a 40 anni esatti, era il 13 maggio 1978, dalla promulgazione della “legge Basaglia”, un provvedimento rivoluzionario che dispose la chiusura degli ospedali psichiatrici.
E’ pur vero che la legge Basaglia è stata innovativa e rivoluzionaria sotto tanti punti di vista, gli ospedali erano dei veri e propri lager ed ha portato l’Italia nella modernità visto che anche le presunte cure prestate all’interno delle strutture erano del tutto aleatorie; si calcola che all’interno delle fatiscenti strutture venivano rinchiuse da duemila a tremila persone e con questi numeri provvedere a delle terapie mirate era del tutto impossibile, l’unica cosa che si otteneva era una passivizzazione della persona.
Nel Rapporto ministeriale mancano i dati della Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano, ma il quadro è ben delineato. Per il 54% di casi si tratta di utenti di sesso femminile, mentre la composizione per età riflette l’invecchiamento della popolazione generale, con un’ampia percentuale di pazienti al di sopra dei 45 anni: il 66,9%. Meno numerosi, stabilisce ancora il rapporto, i pazienti al di sotto dei 25 anni, mentre la più alta concentrazione si ha nella classe 45-54 anni con il 25,1% nei maschi e il 23,4% nelle femmine, che sono invece una percentuale più elevata nella classe over 75 anni, dove si riscontrano il 7,6% nei maschi e il 12,4% nelle femmine. I tassi relativi ai disturbi schizofrenici, ai disturbi di personalità, ai disturbi da abuso di sostanze e al ritardo mentale sono maggiori nel sesso maschile rispetto a quello femminile, mentre l’opposto avviene per i disturbi affettivi, nevrotici e depressivi.
Il ricovero è ancora esistente ed in alcuni casi necessario, non a caso le prestazioni erogate nel 2016 dai servizi preposti ammontano a 11 milioni e 860mila. Si registrano 108.847 dimissioni dalle strutture psichiatriche ospedaliere pubbliche e private; 7.963 trattamenti sanitari obbligatori nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura; 575.416 accessi al pronto soccorso per patologie psichiatriche, che costituiscono circa il 2,8% del numero totale di accessi al pronto soccorso a livello nazionale.
Il ricovero è ancora praticato anche se lo si effettua in unità operative molto più piccole ed esiste una rete di servizi sociali diffusa in tutto il territorio strutturata tramite i dipartimenti di salute mentale: Nel 2016 il sistema informativo salute mentale ha rilevato dati di attività di 1.460 servizi territoriali, 2.282 strutture residenziali e 898 strutture semiresidenziali. Le strutture ospedaliere in convenzione che erogano attività di assistenza psichiatrica sono 22, l’offerta per i posti letto in degenza ordinaria è di 9,4 ogni 100 mila abitanti maggiorenni.
Per quanto concerne il consumo di antidepressivi la spesa lorda è di oltre 338 milioni di euro con un numero di confezioni vendute pari a 34 milioni a dimostrazione di come in Italia vi sia un consumo abbastanza elevato di psicofarmaci.
Sulla malattia mentale tanto è stato fatto ma molto rimane da fare, il lavoro da compiere riguarda soprattutto la mentalità e lo stereotipo che ruota intorno alla figura del malato psichico; se molta gente prova vergogna nel dire di aver intrapreso un cammino terapeutico e nel dire di essere andato almeno una volta da uno psicoterapeuta, ancora peggiore è la situazione per quello che viene ritenuto il “malato mentale”; troppi in Italia concepiscono ancora il malato mentale come uno pericoloso, da rinchiudere. Scarseggiano le campagne educative e informative e si registra un progressivo sottofinanziamento della salute mentale. Che porta al depauperamento dei servizi, con una ricaduta pesante su strutture, operatori, mezzi, dotazioni.
di Sebastiano Lo Monaco