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Parliamo di TAV, terza parte

Il TAV e la Val di Susa: l’Osservatorio Virano

di Marco Cedolin

Dopo la cacciata delle “truppe” avvenuta l’8 dicembre 2005 nel corso di una vera e propria sommossa popolare e l’abbandono di ogni velleità consistente nello scavare il tunnel geognostico a Venaus e mettere in atto il progetto del TAV Torino – Lione così come era stato concepito, la creazione dell’Osservatorio presieduto dall’arch. Mario Virano rappresentò un metodo per mettere insieme i cocci e trovare una strada che fosse in grado di aggirare la contestazione radicale nei confronti del progetto, portata avanti non solo dalla popolazione, ma anche dai sindaci della maggioranza dei comuni valsusini.

Gli anni che fecero seguito al “caldissimo” autunno del 2005 rappresentarono una sorta di palude istituzionale totalmente impermeabile all’esterno, dove sotto l’abile direzione di Virano gli interessi politici e quelli delle cosche finanziarie iniziarono a fondersi fra loro in maniera sempre più salda.

I sindaci contrari all’opera, sotto la guida del presidente della Comunità Montana Bassa Val di Susa Antonio Ferrentino (diventato famoso in TV avendo “capeggiato” la contestazione del 2005) entrarono nell’osservatorio giusticando presso la popolazione la loro presenza con il fatto che alla base di ogni ragionamento esperito in quel luogo ci sarebbe stata l’opzione (cosidetta opzione zero) di sospendere definitivamente qualsiasi ipotesi di progetto TAV in Val di Susa.

In realtà la “leggenda” dell’opzione zero non superò mai il suo stadio mitologico e all’interno dell’Osservatorio si lavorò per anni con l’unico intendimento di rendere possibile la costruzione dell’opera, e lo si fece con la collaborazione più o meno consapevole di tutti i sindaci che avevano contribuito a fermare il TAV, sotto l’abile regia (sicuramente consapevole) di Virano e dell’ex leader della contestazione Antonio Ferrentino.

Pur essendo nato sotto le mentite spoglie di un organismo volto a favorire il dialogo con la popolazione, l’Osservatorio Virano rappresentò l’esatta antitesi di qualsiasi forma di dialogo e si rivelò fin da subito come un consesso “segreto” inaccessibile non soltanto ai cittadini ma perfino ai giornalisti ai quali venne impedito di assistere alle riunioni. Per anni la popolazione della Val di Susa trovò sulla sua strada solamente cancelli chiusi, presidiati da corposi reparti antisommossa e fu costretta a “vivere” d’informazioni pilotate, portate da Antonio Ferrentino che con una certa regolarità era solito aggiornare i cittadini nel corso di assemblee pubbliche, alle quali presenziava in compagnia di vari esponenti di spicco di quella sinistra radicale che i valsusini avevano massicciamente votato, in segno di ringraziamento per l’appoggio dato alla lotta NO TAV.

In realtà, senza nessuna intenzione di dedicare tempo a facezie come il dialogo o l’opzione zero, all’interno dell’Osservatorio si lavorò alacremente fin dal primo momento con l’unico scopo di costruire un nuovo progetto che superasse velocemente tutti gli iter progettuali e raccogliesse l’approvazione della maggior parte dei sindaci che amministravano i comuni interessati. Per raggiungere questo scopo, se da un lato fu usato il “carisma” di Antonio Ferrentino presso i suoi colleghi, nell’indurre anche i più scettici a convincersi di avere preso la decisione giusta, dall’altro si procedette a realizzare varie ipotesi di percorsi alternativi (quello in Val Sangone su tutti), al solo scopo di affiancare ai sindaci dissenzienti una gran quantità di amministratori compiacenti, della cintura di Torino e della Val Sangone, che avrebbero contribuito ad approvare la costruzione del TAV, ben sapendo che i loro comuni non sarebbero mai stati interessati dall’opera.

Contemporaneamente anche la popolazione valsusina, tenuta regolarmente fuori dai cancelli, fu oggetto di una certa attenzione, anche se non improntata al dialogo. Dopo i primi mesi, durante i quali l’Osservatorio, con l’aiuto di Ferrentino, si impegnò nel far scendere la tensione e rendere nuovamente “governabile” il territorio, il leit motiv divenne quello di smorzare la contestazione portandola ad operare su un piano inclinato che non era il suo, fatto di carte bollate, di conferenze dei servizi, di paludi procedurali da attraversare in una nebbia di burocrazia.

E passando dalla strada alla carta, senza dubbio la contestazione scese di tono e pur rimanendo ferma e decisa perse ben presto quel carattere di “sommossa popolare” che tanto aveva spaventato la classe politica solo un paio di anni prima. Oltretutto l’ambigua posizione assunta da Ferrentino nel tempo contribuì anche a creare divisioni e insofferenza fra chi iniziava a realizzare quale fosse il reale percorso del personaggio e chi ancora credeva fideisticamente in una sua buona fede.

Il primo luglio del 2008, dopo quasi tre anni di operatività, l’Osservatorio presieduto da Mario Virano fu così in grado di chiudere il cerchio iniziato nel dicembre del 2005.

Esisteva un nuovo TAV ed esisteva un accordo di massima con il territorio, rappresentato dai sindaci che nella quasi totalità (tranne un paio di “eroi”) avevano avallato il percorso dell’Osservatorio e la sua naturale conclusione.

L’accordo venne naturalmente presentato dalla classe politica e dai media mainstream come un grande successo della linea del dialogo e della condivisione, nonostante i cittadini della Valle di Susa nel corso di questo periodo non avessero trovato nessuno disposto ad ascoltarli e dialogare con loro, ma solamente cancelli chiusi, manganelli e trasformisti della politica impegnati a prenderli per il naso.

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