Parliamo di TAV, quarta parte
Il TAV e la Val di Susa: le notti delle trivelle
di Marco Cedolin
L’Osservatorio presieduto da Mario Virano aveva fatto il proprio dovere, consistente nel partorire un nuovo progetto di TAV fra Torino e Lione che, sia pur ad obtorto collo, venisse approvato dalla maggioranza delle amministrazioni comunali interessate (e non) dalla futura opera, ma il redivivo TAV continuava comunque a restare una linea di pennarello tracciata sulla carta.
Alla fine del 2009 la Val di Susa era ancora quella sorta di “territorio inviolabile” che quattro anni prima aveva respinto l’alta velocità attraverso una sommossa popolare e da allora nessuno aveva più osato mettere in campo azioni che fossero in qualche modo collegate al TAV.
Mario Virano aveva fatto ripartire il progetto Torino – Lione sotto l’aspetto procedurale e burocratico, ma doveva sapere come realmente avrebbe reagito nei fatti la popolazione della Val di Susa ad un ritorno del TAV.
Per raggiungere questo scopo, nei primi giorni del 2010 venne avviata una campagna di sondaggi che avrebbe interessato vari comuni della Valle e della cintura torinese.
La dinamica fu in tutti i casi la stessa. Nel cuore della notte una trivella, scortata da centinaia di agenti antisommossa veniva trasportata nel luogo deputato al sondaggio, dove i militari la difendevano con le unghie e con i denti fino all’imbrunire, quando la trivella veniva smantellata in tutta fretta, per poi ricomparire a pochi km di distanza qualche notte dopo.
I Valsusini presero l’abitudine di dormire vestiti, pronti a trascorrere la notte al gelo, le trivelle vennero posizionate generalmente sotto ai viadotti dell’autostrada o in discariche abbandonate, dove sicuramente non c’era nulla da sondare ma potevano venire difese agevolmente.
La campagna di sondaggi che avrebbe dovuto durare anni terminò bruscamente già nel mese di febbraio, quando nel corso di un pestaggio selvaggio praticato dai poliziotti vennero feriti seriamente alcuni manifestanti.
Mario Virano non aveva certo incrementato le proprie conoscenze per quanto riguarda l’aspetto geologico del territorio valsusino, ma in compenso aveva ricevuto la conferma che sarebbe stata dura ma ce la poteva fare.
Dopo 5 anni aveva violato il territorio valsusino con quelle stesse trivelle che scatenarono la rivolta nel 2005 e tutto sommato ne era uscito indenne. La contestazione continuava a rimanere pesante, molte centinaia e talvolta anche migliaia di persone avevano assediato i luoghi dei sondaggi, l’autostrada e le statali erano state bloccate occasionalmente, oltre 40mila valligiani avevano sfilato con le bandiere a Susa. Ma a differenza del 2005 (anche in virtù della tattica mordi e fuggi adottata) la protesta non era sfociata in una rivolta popolare ed era stato possibile trivellare all’interno di un territorio dove fino a qualche mese prima sarebbe stato impensabile anche solo organizzare un convegno che promuovesse il TAV.
La strada per il futuro era dunque tracciata.