Palestina. Una discutibile leadership a difesa dei “benefici” della causa palestinese
“L’uccisione di massa degli ebrei durante l’Olocausto è stato il crimine più efferato contro l’umanità dell’epoca moderna”, ha dichiarato oggi il presidente palestinese Mahmoud Abbas.
La dichiarazione arriva in un momento molto delicato per i colloqui di pace con Israele, sospesi la settimana scorsa dopo che Abbas ha raggiunto un accordo con il movimento di Hamas per formare un governo di unità nazionale.
“Sulla triste commemorazione della Giornata dell’Olocausto, chiediamo al governo israeliano di cogliere l’opportunità per concludere una pace giusta e globale nella regione, basata sulla visione di due Stati, Israele e Palestina che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza” ha aggiunto il presidente. Mentre Abbas condanna l’Olocausto, funzionari di Hamas hanno messo in dubbio la portata del genocidio.
Pochi giorni fa Israele ha imposto severe sanzioni economiche all’Autorità palestinese, “colpevole” di aver firmato 15 trattati internazionali. L’Anp ha firmato anche la Convenzione di Ginevra del 1949, creata dopo la seconda guerra mondiale, che comprende normative in materia di trattamento dei civili in tempo di guerra.
“Il prossimo governo riconoscerà Israele, rifiuterà la violenza e il terrorismo, e rispetterà gli impegni internazionali”. “Senza Gerusalemme non ci saranno negoziati e i palestinesi non riconosceranno Israele come “Stato ebraico”, ha dichiarato Abbas al consiglio dell’Olp.
L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ha riconosciuto il diritto di Israele ad esistere nel 1988, ma afferma che il riconoscimento di Israele come “Stato ebraico” potrebbe compromettere il diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi e limitare i diritti dei cittadini palestinesi di Israele.
Continua il triste valzer di riconoscimenti, dichiarazioni e promesse da parte della discutibile leadership palestinese, che invece di battersi realmente per i diritti del suo popolo, pensa a prolungare e rafforzare la comoda e fruttuosa posizione che da decenni gli viene garantita dalla “causa palestinese”.