Palestina, le radici dell’occupazione e la via per la sua liberazione
Nel 1799, dopo il fallimento dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte nel formare uno Stato sionista, alla fine del diciannovesimo secolo l’Impero britannico pose il progetto nella sua agenda. Il crollo dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra mondiale e l’insediamento britannico in Palestina posero le basi per la sua attuazione. Nel 1917, la Gran Bretagna dichiarò il suo sostegno alla creazione dello Stato sionista in Palestina. Con il sostegno britannico, una delegazione sionista entrò in Palestina e i sionisti cacciando decine di migliaia di palestinesi, iniziarono a stabilirsi nelle terre da sempre appartenute ai palestinesi.
Un maturato senso di pericolo vissuto dai palestinesi sfociò in una vera e propria resistenza che nel 1936 portò alla rivoluzione contro l’imperialismo britannico e il colonialismo sionista. Nel 1939 gli inglesi persero la rivoluzione. I palestinesi avevano due nemici: le forze coloniali britanniche e la guerriglia armata sionista che contava su 40mila mercenari.
Divisione della Palestina
Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite approvarono un piano per dividere la Palestina in due Stati, ebraico e arabo. Gli ebrei all’epoca costituivano un terzo della popolazione palestinese e controllavano il 6% del territorio palestinese; il piano delle Nazioni Unite diede loro il 55 per cento del territorio palestinese. I palestinesi e i loro alleati arabi rigettarono il piano, mentre il movimento sionista lo approvò in quanto legittimava l’instaurazione di un regime sionista nei territori palestinesi. I sionisti non vi aderirono e nel 1948 occuparono dozzine di città e villaggi palestinesi cacciando gli abitanti originari.
Con la decisione britannica di ritirarsi dalla Palestina il 14 maggio 1948, Ben Gurion, allora presidente del Comitato Esecutivo dell’Agenzia Ebraica sponsorizzata dal Regno Unito, dichiarò ufficialmente l’instaurazione del dominio sionista. In pochi minuti, le due grandi potenze mondiali, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, riconobbero il regime occupante in Israele. Il 14 maggio 1948 fu dichiarato “Day of Doom”, in ricordo della deportazione forzata di oltre 750mila palestinesi dalle loro case e terre. In questo giorno si commemora anche il massacro israeliano di almeno 10mila palestinesi.
Piani del regime sionista in Palestina
I piani del regime sionista per la completa espulsione dei palestinesi dalle loro terre sono continuati e continuano ancora oggi con atrocità e uccisioni ai danni del popolo palestinese. Assedi e boicottaggi nei territori palestinesi, l’espulsione dei legittimi proprietari dalle loro case e gli insediamenti illegali. La distruzione di tutti i simboli del patrimonio della Palestina ha portato al deterioramento della situazione e allo sfollamento di sei milioni di palestinesi.
Vale la pena ricordare che dal 1948 al 2016 l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu hanno adottato un totale di 225 risoluzioni sull’aggressione, i massacri e gli insediamenti sionisti (nei territori palestinesi oggetto della Risoluzione 242 nel novembre 1967, dopo la guerra dei sei giorni) ratifiche che questo regime criminale ha totalmente ignorato.
Ciò che perpetua l’occupazione israeliana, le continue uccisioni e lo sfollamento del popolo palestinese oppresso è in primis il pieno sostegno di alcuni Paesi, in particolare degli Stati Uniti, ai crimini di questo regime. In seconda istanza, il compromesso accettato dai Paesi arabi della regione e il loro tradimento nei confronti della causa palestinese. Infine, il silenzio complice della comunità internazionale. Una delle manifestazioni peggiori della natura degli Stati filo-israeliani è il loro approccio ipocrita e ambivalente dinnanzi a questo regime e al genocidio del popolo palestinese.
È interessante notare che il motivo dell’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti e dei suoi partner per la liberazione del Kuwait fu la non adesione di Saddam ad una Risoluzione del Consiglio di sicurezza, mentre Israele ha al suo attivo un gran numero di non conformità alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza.
Il vergognoso silenzio dei presunti difensori dei diritti umani di fronte al continuo massacro di palestinesi da parte dei sionisti è assordante!
Ruolo degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti e i Paesi con loro allineati, senza riguardo per i diritti dei palestinesi e in palese violazione del diritto e dei regolamenti internazionali e della rinuncia ai loro obblighi, hanno presentato piani che sono completamente in linea con il proseguimento dell’occupazione israeliana. Il Patto del secolo e gli Accordi di Abramo andavano in questa direzione. Gli Stati Uniti sono arrivati addirittura a spostare la propria ambasciata a Gerusalemme, costringendo alcuni Paesi arabi a scendere a compromessi e stabilire relazioni con il regime israeliano.
Israele, con il costante via libera ai crimini e al tradimento e nel silenzio degli altri Paesi della regione e dell’Occidente, oltre ad avere il più grande arsenale nucleare in Medio Oriente in grado di minacciare la pace e la stabilità mondiali, ha scritto una lunga storia di tentativi di sabotaggio della pace e del programma nucleare di altri Paesi attraverso l’assassinio dei loro scienziati nucleari. Tutte queste azioni violano il diritto e i regolamenti internazionali e rischiano di provocare disastri umani e ambientali su vasta scala.
Solidarietà alla Palestina
Considerate le realtà fattuali relative alla questione palestinese, ciò che si rende necessario per porre fine all’occupazione di questa terra in questa realtà così opprimente e non più sostenibile è la solidarietà al popolo palestinese e il sostegno dei popoli liberi del mondo alla sua causa. Mantenere viva la Giornata Internazionale di Quds (che si celebra ogni anno l’ultimo venerdì del mese sacro del Ramadan) riconoscendo in essa l’asse simbolico di unità del mondo islamico e mostrare l’unità della Ummah islamica sulla questione palestinese e sostenere l’ideale della Santa Gerusalemme dovrebbe essere una priorità del mondo islamico e dei popoli liberi del mondo.
L’unico modo per risolvere la questione palestinese sembra essere il percorso più democratico, ovvero tenere un referendum in questa terra dopo il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi del regime di apartheid israeliano e il ritorno di tutti i profughi palestinesi in patria. Il popolo palestinese ha le radici della propria identità, originalità e sovranità nella propria terra e, come ogni altro popolo del mondo, ha diritto a determinare il proprio destino. È necessario dunque che le organizzazioni e istituzioni internazionali competenti così come le persone libere del mondo, tra cui l’Italia, facciano un passo in questa direzione.
Il voto del popolo deve essere categoricamente rispettato.
di Redazione