Onu: militari israeliani nella black list per crimini contro l’umanità
Le Nazioni Unite intendono inserire l’esercito israeliano nella black list dei gruppi terroristici, per gli atti di barbarie e di deliberata crudeltà compiuti durante l’ultima offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza tra luglio e agosto 2014. Crudeltà e barbarie di cui le vittime principali sono state soprattutto minori: 577 bambini uccisi e 3300 feriti durante “Protective Edge”. La mozione è stata presentata da Leila Zerrougui, inviata dell’Onu per i Bambini e i Conflitti Armati, che in un dettagliato rapporto ha messo in evidenza come l’esercito israeliano abbia abusato della forza contro vittime inermi e innocenti. La denuncia, pur coraggiosa, resterà molto probabilmente inascoltata, considerando le preoccupazioni di Ban Ki-moon per il rischio oggettivo di un incrinarsi dei rapporti tra l’Onu e il governo di Tel Aviv.
Non si è fatta attendere la reazione di Washington, storico sostenitore di Israele, che ha fatto sapere tramite il senatore Lindsey Graham, che gli Usa sono pronti a tagliare i fondi alle Nazioni Unite qualora vengano deliberati atti volti a gettare discredito sulla politica del governo di Tel Aviv e a “emarginare” Israele. La black list, in cui Israele non comparirà mai – ma nella quale gli spetterebbe il posto d’onore, guadagnato in 67 anni di pratica del terrore e pulizia etnica della Palestina – comprende Al-Qaeda, Boko Haram, Isis, Talebani e Paesi come il Congo e la Repubblica Centrafricana.
Autorevoli sono le organizzazioni che hanno lanciato un grido di allarme contro le violenze perpetrate dall’esercito israeliano contro i bambini palestinesi durante ‘Margine Protettivo’. Defense for Children International – Palestine, nel rapporto “Operation Protective Edge: A War Waged on Children” presentato il 16 aprile, ha messo in evidenza l’alto prezzo pagato dai bambini palestinesi. Le prove raccolte da Dcip hanno dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che non c’era un solo posto sicuro per i bambini di Gaza durante “Protective Edge”: sono stati uccisi nelle loro case colpite dai missili israeliani; sono stati uccisi nelle scuole delle Nazioni Unite, dove avevano cercato disperatamente rifugio, dai proiettili dell’artiglieria israeliana ad alto potere esplosivo; sono stati uccisi per le strade dai droni israeliani, mentre con i loro cari vagavano tra le macerie in cerca di un riparo.
Dei 3300 bambini palestinesi feriti tra luglio e agosto, oltre mille hanno riportato ferite che li hanno resi disabili in maniera permanente. E tutti, anche quelli che sono guariti dalle ferite fisiche, si trovano a dover affrontare traumi psicologici da cui difficilmente potranno risollevarsi. Anche B’Tselem, Breaking the Silence e Human Rights Watch hanno denunciato gli abusi dell’esercito israeliano sui civili di Gaza e, in particolare, sui bambini. Eppure, l’Onu non sembra avere alcuna intenzione di servirsi di queste denunce e delle prove raccolte per far valere i diritti dei palestinesi. Il timore di ‘irritare’ le autorità israeliane e come diretta conseguenza attirarsi l’ostilità del governo di Tel Aviv e di quello di Washington sembra valgano più dell’obbligo di far rispettare le leggi e di punire i colpevoli.