Ondata di proteste dei profughi palestinesi in Libano contro Unrwa
Riprendono da fine dicembre le proteste nei campi profughi palestinesi in Libano contro la gestione dell’assistenza Unrwa, Agenzia Onu in carica dei profughi palestinesi in Medio Oriente dal 1949. In Libano sono circa 500.000.
Le ultime decisioni dell’attuale amministrazione prevedono un taglio ai servizi socio-sanitari che già negli ultimi anni erano stati diminuiti, ma anche nell’educazione (portando il numero di studenti per classe fino a 50). Il significato è che Unrwa viene meno al proprio mandato nei confronti dei profughi palestinesi che vivono in Libano da decenni come anche degli sfollati provenienti dalla Siria.
Ai profughi palestinesi si chiede di sostenere le spese mediche, anche per interventi chirurgici, dal 20% al 40% del costo totale. Le nuove misure prevedono la riduzione del 15% e del 10% delle spese Unrwa per i ricoveri in base al grado di codice.
Pochi giorni fa un altro profugo palestinese è deceduto perché un ospedale libanese si era rifiutato di prenderlo in cura in seguito alle dichiarazioni ufficiali sui tagli rilasciate dal Commissario generale Unrwa. La situazione è esasperata e diventano due i profughi palestinesi che hanno perso la vita a causa di questa nuova “misura”. ‘Omar Al-Khudair si era dato fuoco perché Unrwa gli aveva negato le spese per il trattamento medico di cui aveva urgente bisogno.
L’organizzazione per il Diritto al Ritorno Al-Thabit imputa la piena responsabilità di queste scelte sul direttore generale Unrwa in Libano, Matyas Shamali. Da più parti si denunciano quelle considerate “decisioni politiche” contro le quali il fronte palestinese promette di non abbassare la guardia. Unrwa viene condannata dai palestinesi che alle misure d’austerità a giustificazione dei tagli, antepongono invece la volontà politica dell’Agenzia di abbandonare la storica causa dei profughi e per abolirne il Diritto al Ritorno. L’ondata di proteste continuative da otto giorni tra i campi palestinesi in Libano è già considerata senza precedenti. Uno sciopero generale il 17 gennaio e sit-in davanti agli uffici dell’Agenzia che restano chiusi. Nei campi di Badawi e Nahr Al-Bared, Mieh Mieh, ‘Ein Al-Helwe, Jalil, Tripoli e Beqa’a, ovunque si protesta e si annuncia un’organizzazione delle manifestazioni sotto un comando unificato.
In qualità di agenzia umanitaria Onu, Unrwa non dovrebbe essere condizionata da questioni di ordine finanziario. Lo stato dei profughi palestinesi in Libano non è mai migliorato e l’arrivo di nuovi sfollati dalla Siria fa aumentare il numero dei beneficiari e le previsioni di intervento. I profughi palestinesi sono terrorizzati dall’eventualità che gradualmente Unrwa possa rilasciare l’intera questione al governo libanese il quale non prevede per la loro comunità assistenza sanitaria, né istruzione. Settanta i mestieri che il Libano proibisce di svolgere ai palestinesi e un recente rapporto dell’American University di Beirut mostrava un dato di disoccupazione tra i profughi pari al 60%.
Oggi i rappresentanti delle fazioni palestinesi, comitati civili e popolari e associazioni s’impegnano a tenere testa a chi li vorrebbe “trascurare”, nelle parole di Shaiykh Hisham Mousa, dei comitati popolari.
Alla negazione dei diritti civili oggi i palestinesi in Libano si vedono abusare anche dei Diritti Umani. Il momento è tanto più delicato se si pensa che, qualora venissero abbandonati a sé stessi, i palestinesi non avrebbero altra scelta oltre a quella di cercare “rifugio” in altre parti del mondo, mettendosi sui barconi diretti lontano dalla patria del loro Diritto al Ritorno.