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Omicidi del capitalismo: le morti bianche

Le Morti Bianche. Incredibile, in questi primi sette mesi sono stati 431 i morti sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno, calano i morti stranieri, in questo momento all’8,2%. Sono il Veneto e la Lombardia le regioni con più morti sul lavoro e non Roma e il Lazio se si prendono in esame i morti sui luoghi di lavoro escludendo i morti sulle strade e in itinere che lavorano all’estero. Gli agricoltori schiacciati dal trattore rappresentano, come tutti gli anni, la maggioranza di tutti i morti sui luoghi di lavoro, sono già 95 gli agricoltori schiacciati dal trattore nel 2018. Gli edili superano il 20% di tutti i morti sul lavoro, la maggioranza di queste vittime cade dall’alto, dai tetti e dalle impalcature.

morti-biancheIl bollettino della guerra quotidiana va tenuto aggiornato: miniere e ponti in costruzione che crollano, roghi in fabbrica, petroliere e piattaforme petrolifere in fiamme, impalcature di cantieri che si afflosciano, amianto che uccide giorno dopo giorno, malattie “professionali” che fiaccano i corpi.

Agli operai veneti delle Acciaierie bruciati vivi, al giovane schiacciato in Liguria, sono seguiti altri episodi: ad Olbia un operaio è morto schiacciato da tubi di metallo, stessa sorte all’operaio di 53 anni di Pordenone che ha perso la vita colpito da una lastra di metallo di alcuni quintali… solo l’ultima settimana di luglio ha registrato la strage silenziosa, la solita moria dei lavoratori che vogliamo ricordare: un giovane assessore muore travolto dall’albero tagliato dal padre, un uomo di 46 anni è travolto dal suo mezzo agricolo, un edile di 50 anni perde la vita in provincia di Catanzaro, cade da un’impalcatura e viene trafitto da un pezzo di ferro, un operaio è morto nel Tribunale di Palermo, cadendo da una scala mentre montava la fibra.

Non si parli di “fatalità”, non si parli di “leggi male applicate”, non si parli di “risorse insufficienti”, non si parli di “errori umani” o di “morti bianche”: è tutto un modo di produzione che va buttato nella pattumiera della storia, perché lì – nei ritmi di lavoro, nella corsa al profitto, nei tagli delle spese improduttive, nello sfruttamento quotidiano della forza-lavoro – sta la ragione, da trecento anni a questa parte, di quell’omicidio di massa che ha nome “incidente sul lavoro” e che meglio sarebbe chiamare “omicidio di lavoro”.

Gli operai devono tornare a difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro con la lotta, la lotta aperta e senza sconti, insofferenti di ogni “se” e di ogni “ma” e soprattutto di ogni limitazione, di ogni condizionamento, di ogni regolamentazione. Devono tornare a mobilitarsi e organizzarsi, territorialmente, insofferenti delle gabbie che sindacati ufficiali e partiti democratici costruiscono ogni giorno sulla pelle loro e delle loro famiglie. La difesa è necessaria e urgente, ma non basta: ciò che deve tornare ad animare queste lotte indispensabili è la consapevolezza che o ci si prepara ad abbattere questo sistema fondato sul profitto e sullo sfruttamento (miseria, disoccupazione, precarietà, malattia e morte) oppure questa guerra quotidiana contro i lavoratori continuerà imperterrita a fare vittime.

di Cristina Amoroso

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