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Ong: Lobby di grandi coscienze o arieti da guerra?

di Cristina Amoroso

Delle infinite Organizzazioni non governative (Ong), chi non conosce Amnesty International, Save the children, Human Rights Watch, Médecins sans frontières o Emergency di Gino Strada?

Lobby di Grandi Coscienze, così le ha definite il giornalista canadese Mark Steyn, che a loro gloria contano i martiri umanitari come missionari dell’era neo-coloniale. Protagoniste nel campo dell’ecologia come Greenpeace, nella lotta contro la fame, le malattie, il razzismo, l’Ads…, le Ong sono diventate uno degli apparati economici, politici e ideologici fra i più potenti nell’attuale scena internazionale, da quando, nel 1984, s’affacciò l’età d’oro dell’aiuto umanitario con la raccolta di fondi di Bob Geldof e la beneficenza illuminata dai riflettori delle bande rock. O da quando nel 2001 tremila Ong fiancheggiarono i lavori della Conferenza Onu contro il razzismo e Israele ne uscì come uno “Stato criminale”, gli ebrei come razzisti inveterati.

Alle Ong si deve anche gran parte della battaglia legalista per chiudere il carcere di Guantanamo, che l’ex presidente di Amnesty International Irene Khan ha definito “Gulag del nostro tempo”. Il senso di colpa coloniale da allora è diventato un combustibile nell’agenda umanitaria. Poi si scopre con Wikileaks, che le Ong restano un canale decisivo per finanziare il terrorismo. Nomi come Rashid Trust (pachistana), Islamic Heritage Revival Society (Kuwait), Al-Haramain (Arabia Saudita), Holy Land e World Islamic Charity. I fondi raccolti vengono spesso incanalati dalle Ong verso i gruppi jihadisti, dietro al pretesto dell’aiuto agli affamati, ai poveri, ai senzatetto.

Poi inizia la lotta contro le Ong da parte di alcuni paesi. In Egitto nel 2012  nell’aula gremita di giornalisti e avvocati inizia il processo contro 43 operatori di Ong straniere, in particolare Usa. Nello stesso anno il Sudan ha espulso quattro organizzazioni umanitarie straniere che operano nell’est del Paese.

Sempre nel 2012, in Russia la Duma stabilisce: le Ong che esercitano la propria attività in Russia e ricevono fondi stranieri sono ora ufficialmente “agenti stranieri”, cioè, stalinianamente, delle specie di spie, e per questo sottoposte a rigido controllo. Più tardi il presidente russo, nel 2014, annuncia nuovi cambiamenti nella già contestata legge che aveva introdotto limitazioni e controlli polizieschi sulle attività delle Ong internazionali nel Paese. “Devono essere eliminate le scappatoie che consentono a qualcuno di fare gli interessi dei Paesi stranieri a casa nostra”, ha dichiarato Putin.  Il Cremlino attacca le organizzazioni non governative, che ritiene direttamente coinvolte nelle proteste che hanno portato al cambio di regime in Ucraina: in Russia non verranno “usate” come a Kiev, “dall’estero” per organizzare un golpe, ha riferito il presidente russo Vladimir Putin.

Dopo la Russia è la volta dell’India del neo-eletto Primo Ministro Narendra Modi. L’Intelligence Bureau (Ib), importante agenzia di sicurezza interna dell’India, ha presentato una relazione individuando diverse organizzazioni non governative finanziate dall’estero (Ong) che “incidono negativamente sullo sviluppo economico”. La relazione d’Ib rivela che “numerose Ong indiane, finanziate da alcuni donatori da Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Olanda e Paesi scandinavi, utilizzano certi problemi sociali creando un ambiente adatto a bloccare i programmi di sviluppo”.Le Ong sono “la facciata di enti che hanno avviato attività armate”, come sostiene l’Ib?

Nell’era senza fine della guerra globale al terrorismo, con le sue insurrezioni e contro-insurrezioni, la sottile linea tra obiettivi militari e umanitari si è estremamente offuscata fino al punto che entrambi i settori si sono trovati allineati. Questa tendenza sembra essere confermata da un manuale di campo dell’esercito americano, reso pubblico il mese scorso, che delinea la dottrina degli americani per le contro-insurrezioni.

 Il manuale di 200 pagine, destinato all’esercito americano, al Corpo dei Marines, alla Guardia Nazionale e alle Riserve dell’esercito, è stato stabilito in primo luogo sotto l’ex generale statunitense David Petraeus, comandare nella missione in Iraq tra 2007-2008, e aggiornato ogni 4-6 anni per mostrare la progressione di strategie anti-insurrezionali americane.
Tra i molti pezzi affascinanti di informazione che fanno luce sulla mentalità e la tattica che guidano la macchina da guerra americana, ci sono le sezioni che trattano il ruolo delle Ong umanitarie in un modo che li presenta come un ingranaggio vitale – o nelle parole del documento come parte degli “sforzi globali” – per raggiungere gli obiettivi  militari all’interno dell’arena torbida di una guerra asimmetrica.

Se Jonathan Whittall, capo del dipartimento di analisi per Medici Senza Frontiere (Msf) è molto critico sull’approccio del manuale al concetto di azione umanitaria in quanto distorto e male informato, è evidente che il manuale descrive il rapporto tra le Ong e le operazioni di controinsurrezione come una relazione basata sull’unità di intenti e le Ong sono indicate come azione umanitaria partner.

D’altra parte la cultura del “co-optare” attività non militari da parte dei militari americani, come Whittall afferma, si è radicalmente accelerata nel periodo successivo all’11 settembre, esemplificato dalla dichiarazione infame dell’allora Segretario di Stato Colin Powell nel mese di ottobre 2001, sul ruolo delle Ong dopo l’invasione dell’Afghanistan.
“Seriamente bisogna fare in modo di avere il miglior rapporto con le Ong che sono un tale moltiplicatore di forza per noi, una parte così importante della nostra squadra di combattimento. Siamo tutti impegnati per lo stesso, eccezionale scopo di aiutare ogni uomo e donna che ha bisogno, che ha fame, che è senza speranza, per aiutare ognuno di loro a riempire la pancia, avere un tetto sopra la testa, educare i propri figli, avere speranza”, dichiarava Powell al momento.

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