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Obama firma dichiarazione di guerra al Venezuela

di Cristina Amoroso

Barack Obama ha alla fine preso in mano la situazione con un ulteriore attacco alla Rivoluzione Bolivariana, dopo la frustrazione degli Usa di 16 anni di fallimenti politici e militari in Venezuela, che li hanno tenuti sempre più lontani dai giacimenti gasiferi e petroliferi del Paese sudamericano.

Il presidente Usa lunedì scorso ha emesso un ordine presidenziale che ha dichiarato una “emergenza nazionale per la minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti posta dalla situazione in Venezuela”, a causa “degli sforzi del governo (di Nicolas Maduro) per scalare l’intimidazione degli oppositori politici”.

Non solo quindi Obama ha dichiarato il Venezuela una “minaccia alla sicurezza nazionale”, ha anche ordinato sanzioni contro sette funzionari venezuelani. Il decreto firmato dal presidente non è centrato “sulle persone e l’economia del Venezuela”, ha dichiarato il portavoce presidenziale Josh Earnest, che ha spiegato: “Si concentra su chi è coinvolto o responsabile per l’erosione delle garanzie dei diritti umani, la persecuzione degli oppositori politici, limitando la libertà di stampa, facendo uso della violenza e violando i diritti umani”, parole queste degne del portavoce di un Premio Nobel per la pace.

Questa sfacciata, ridicola e irrazionale dichiarazione di minaccia interventista contro il governo rivoluzionario, viene a costituire l’apice di tutte le aggressioni imperialiste negli ultimi 16 anni. La vittoria elettorale del presidente Hugo Chavez nel 1998; il fallito tentativo di ricattarlo nei suoi primi anni in carica; il tentativo fallito di colpo di Stato del 2002; il sabotaggio petrolifero nel 2003; la cattura di 200 paramilitari colombiani nel 2004, che si preparavano per un piano d’aggressione; 19 successive sconfitte elettorali dei suoi politici, agenti-mercenari degli Stati Uniti; la vittoria elettorale del presidente Nicolas Maduro, dopo la scomparsa del presidente Hugo Chávez nel 2013; la guerra economica inefficace; il piano dello pseudo leader dell’opposizione Leopoldo Lopez in carcere dal febbraio del 2014; e il più recente colpo di Stato fallito messo in atto con lo scopo di bombardare punti strategici della capitale e assassinare il presidente Nicolas Maduro.

La Casa Bianca, che non ha ancora rimosso Cuba dalla lista degli sponsor del terrorismo e non ha ancora messo all’ordine del giorno bilaterale con l’isola la possibilità di chiudere la prigione di Guantanamo, ha chiesto al governo guidato da Nicolás Maduro il “rilascio di tutti i prigionieri politici, tra cui decine di studenti, il leader dell’opposizione Leopoldo Lopez e i sindaci Daniel Ceballos e Antonio Ledezma”.

Con la dichiarazione del Venezuela come una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti, l’imperialismo americano sembra concepire oggi l’attacco mercenario indiretto in preparazione di quello più consistente ed adatto per affrontare il governo rivoluzionario, in vista del prossimo piano di elezioni. Attraverso questa affermazione, il governo degli Stati Uniti potrebbe ora giustificare l’uso di mercenari americani per finanziare i gruppi terroristici e le loro azioni contro obiettivi civili e militari in Venezuela.

La Casa Bianca ha voluto forse riprendere il piano del 1985 applicato al Nicaragua, dichiarato dall’allora presidente Ronald Reagan,“una pericolosa minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti”? Allora la Cia fu autorizzata a sostenere i gruppi mercenari Contras per la destabilizzazione del Paese che rese possibile la vittoria del candidato Violeta Chamorro nelle elezioni presidenziali del 1990.

Da allora quanti piani sono stati approntati dalla Casa Bianca!

Dalla Siria, all’Iraq, alla Libia e all’Ucraina, dove i servizi segreti degli Stati Uniti hanno ben guidato la formazione e gli armamenti di vari gruppi terroristici e neo-nazisti: l’Isis-Daesh (male conosciuto come lo Stato Islamico), il Fronte Al-Nusra (ramo di Al-Qaeda in Siria), e Svoboda, il partito nazi-fascista ucraino, per la lotta contro il legittimo governo di Bashar Al-Assad in Siria e Victor Yanukovich in Ucraina, mentre è fallito lo stesso piano di destabilizzazione della Repubblica di Macedonia, volto a rovesciare il governo del primo ministro, democraticamente eletto.  Non mancheranno altri tentativi nei Balcani, in uno scacchiere strategico per gli Usa.

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