Nucleare iraniano, gli Usa non rispettano gli accordi
di Cinzia Palmacci
Sono passati circa 15 anni dal 2001 ad oggi, e 15 sono gli anni della questione sul programma nucleare iraniano.
Prima di diventare una questione internazionale, il programma nucleare dell’Iran fino a settembre 2003 era una questione propria all’Agenzia internazionale per l’energia atomica, e fu negoziata con il capo della Aiea. Fino a quel momento, la propaganda occidentale si basava su falsi rapporti e allegati dell’Organizzazione dei Mojahedin-e Khalq (Mko), un gruppo terroristico attivo contro gli interessi di Teheran. Da allora, il programma nucleare iraniano è passato attraverso quattro diverse fasi.
La prima fase comprende il periodo 2003-2005 quando Hassan Rouhani allora segretario del Supremo Consiglio di sicurezza nazionale è stato incaricato della questione nucleare. Durante i suoi 22 mesi di permanenza in carica, Rouhani concentrò maggiormente gli sforzi nell’evitare un confronto militare diretto con gli Stati Uniti. In questa fase, l’Aiea, i Paesi europei, e la Russia hanno chiesto che l’Iran firmasse il Protocollo aggiuntivo del Tnp che conferisce l’autorità legale complementare all’Aiea per verificare gli obblighi di salvaguardia di uno Stato, e sospendere il suo programma di arricchimento dell’uranio.
Queste richieste sono state fatte mentre Washington era principalmente rivolta alla chiusura completa degli impianti nucleari nella Repubblica Islamica. Col passare del tempo l’Iran ha deciso di negoziare i punti salienti dell’accordo con i tre Paesi europei di Gran Bretagna, Francia e Germania. I negoziati si sono svolti a Sa’dabad nel Complesso di Teheran il 21 ottobre 2003, a Bruxelles il 23 febbraio 2004, e a Parigi il 15 novembre 2004. Gli accordi sono stati raggiunti, prendendo i loro nomi dai luoghi dei negoziati.
Durante la seconda fase, a partire dal 15 agosto 2004 al 21 ottobre 2007 era Ali Larijani il Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’Iran. Larijani mostra un approccio completamente diverso nei confronti dei colloqui sul nucleare. Durante questa fase, Teheran ha ripreso l’attività di arricchimento che era stata volontariamente sospesa quando Rouhani era in carica. L’Aiea ha rinviato il caso al Consiglio di Sicurezza nel gennaio 2006, e il Consiglio di Sicurezza ha adottato nuove risoluzioni anti-iraniane in base al capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite, definendo il programma nucleare iraniano una “minaccia alla pace globale”. In seguito, i colloqui sul nucleare sono stati rilanciati questa volta con la presenza di Russia e Cina insieme con le tre potenze europee. Larijani ha partecipato ai negoziati con l’ex capo della politica estera della Ue Javier Solana in diverse città europee, tra cui Berlino, Berna, Monaco di Baviera, Madrid e Lisbona. Mentre erano in corso i negoziati per la sospensione dell’attività di arricchimento dell’uranio, Larijani si è dimesso dal suo incarico a causa della differenza di vedute tra lui e il presidente iraniano nel corso degli accordi raggiunti.
Dopo Larijani, ha preso il suo posto Saeed Jalili rimasto in carica per sei anni da ottobre 2007 al giugno 2013. L’approccio fondamentale di Jalili fu la resistenza alle richieste del Consiglio di sicurezza e l’Occidente per la sospensione dell’arricchimento dell’uranio. La compagine iraniana ha preteso il riconoscimento del diritto all’arricchimento dell’uranio sul suolo iraniano. Dopo nove negoziati dei quali nessuno giunto mai ad un accordo, l’Occidente ha utilizzato lo strumento delle sanzioni economiche contro l’Iran.
La quarta fase è quella attuale del presidente Hassan Rouhani. Questa volta la questione nucleare non ha avuto solo un riflesso puramente internazionale, perché gli iraniani si sono dimostrati molto consapevoli dell’importanza di trovare una soluzione pacifica. La questione nucleare è stata trasferita dal Consiglio di sicurezza nazionale supremo al Ministero degli Esteri, con Javad Zarif responsabile per i negoziati. Il risultato di due anni di colloqui a New York, Ginevra, Losanna e Vienna è stato un accordo conosciuto come Joint o piano d’azione globale (Jcpa) nel mese di giugno 2015, secondo il quale l’Iran si è impegnato a limitare le proprie attività nucleari in cambio della revoca parziale delle sanzioni. L’Iran ha sospeso il 20 per cento di arricchimento dell’uranio, ridimensionato il numero di centrifughe, ha ridotto il suo uranio arricchito, e ha permesso supervisioni e controlli intensivi dell’Aiea come suoi principali impegni nel contratto.
Da quando è stato raggiunto l’accordo, l’Iran ha dimostrato di aver pienamente rispettato i suoi impegni, cosa confermata dall’Aiea e dalle parti occidentali. Purtroppo, non si può dire lo stesso degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali. Washington ha rifiutato di rispettare i propri impegni nella revoca delle sanzioni, e non smette di mostrarsi ostile nei confronti della Repubblica islamica dimostrando un comportamento tutt’altro che onesto. Imponendo nuove sanzioni all’Iran e sequestrando tutti i beni iraniani negli Stati Uniti bloccandone l’accesso al sistema finanziario statunitense, gli Usa hanno creato un ambiente ostile all’ingresso dell’Iran come partner economico dei Paesi europei. D’altra parte, i funzionari politici iraniani hanno protestato per il comportamento americano scorretto delle ultime settimane, avvertendo che se gli Usa continuano a violare i termini dell’accordo, l’Iran potrebbe tornare al punto zero riprendendo le sue attività nucleari sospese.