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Allarme in Nord Africa sul ritorno dei foreign fighters

Il ritorno in massa in Nord Africa dei foreign fighters inquadrati nelle milizie dello Stato Islamico dopo le sconfitte in Iraq e Siria, rappresenta una minaccia reale, che gli Stati devono prepararsi a fronteggiare. L’allarme è stato lanciato mercoledì scorso dal Ministro degli Esteri algerino, Abdelkader Messahel, nel corso di una conferenza stampa al Cairo, dopo un incontro sulla Libia con le sue controparti egiziana e tunisina, Sameh Shoukry e Khemaies Jhinaoui.

“Le informazioni in nostro possesso dicono che i foreingn fighters, dopo la sconfitta dell’Isis, torneranno nella nostra regione”, ha affermato il ministro algerino, aggiungendo che i mercenari dello Stato Islamico, che controllano ormai solo pochi territori sulla frontiera siriano-irachena, approfitteranno del caos libico per istallarsi nella regione.

Dopo l’esplosivo aumento nel 2014, l’Isis ha conquistato vaste aree di territorio in Siria e in Iraq, attirando migliaia di combattenti stranieri, ma quest’anno una serie di sconfitte ha lasciato i terroristi aggrappati a poche sacche di territorio.  Uno degli effetti del declino dell’Isis è lo spostamento in massa di centinaia di foreign fighters, un fenomeno che preoccupa molto anche le intelligence europee: il timore che questi ex combattenti, una volta tornati nei loro Paesi di partenza, mettano in pratica l’addestramento militare ricevuto in Siria per organizzare e compiere attentati.

Non è la prima volta che i tre ministri degli Esteri nordafricani si incontrano per discutere sulla Libia, a febbraio in Tunisia e ancora a giungo in Algeria, con l’obiettivo di spingere per una soluzione in Libia. La priorità è “preservare l’unità, la stabilità e l’integrità territoriale della Libia e mantenere il dialogo e l’accordo politico libico come unica base per risolvere la crisi libica”, ha dichiarato il ministro degli Esteri egiziano.

La Libia è stata scossa dal caos dopo la caduta del 2011 e l’uccisione del dittatore di lunga data Muammar Gheddafi, con amministrazioni e milizie rivali in corsa per il potere. Terroristi, trafficanti d’armi e trafficanti di esseri umani hanno approfittato del caos per ottenere un punto d’appoggio nel Paese nordafricano ricco di petrolio.

Quello che sta accadendo in Libia minaccia la sua sicurezza e stabilità ed è diventato un rifugio per diversi gruppi terroristici”, ha dichiarato il ministro tunisino Jhinaoui. Il gruppo terroristico Isis trae ispirazione dal Wahhabismo, la setta ufficiale dell’Arabia Saudita che abbraccia le idee estremiste responsabili dell’emergere di molti altri gruppi terroristici come al-Qaeda, Boko, Haram, al-Shabab e Talebani.

Anche l’Unione Africana (Ua), essendo la preminente organizzazione regionale a cui è stato affidato il mantenimento della pace e della sicurezza in Africa, è stata impegnata nello sviluppo di strumenti giuridici e normativi e di meccanismi per affrontare le complesse sfide alla sicurezza che affliggono il continente. Sembrerebbe tuttavia che l’Ua sia in ritardo nello sviluppo di strumenti e meccanismi pertinenti per affrontare questa particolare minaccia recentemente emersa, vale a dire il fenomeno delle persone che partecipano a conflitti armati in Paesi di cui non sono cittadini o abitualmente residenti, ossia stranieri combattenti, i foreign fighters, verso i quali non risultano prodotte o esaminate misure che possano essere strumentali per rafforzare la lotta contro il terrorismo e l’estremismo nella regione.

di Cristina Amoroso

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