Nichi Vendola, ovvero l’io gay cattocomunista, innocente per definizione
A un anno di distanza dallo scandalo sanità, Nichi Vendola entra di prepotenza nel circuito mediatico, convocato da Il Fatto quotidiano che pubblica l’intercettazione di una telefonata tra Nichi Vendola e Girolamo Archinà, l’ambiguo capo delle relazioni istituzionali del siderurgico tarantino. Non si tratta dell’inchiesta in corso sull’Ilva di Taranto che novera anche il leader di Sel tra i 53 indagati coinvolti a vario titolo. E’ qualcosa che non ha niente di penalmente rilevante ma che va a colpire la sua immagine di politico, in fondo uguale a tutti gli altri.
Nella telefonata Vendola, nel dire ad Archinà che, di ritorno dalla Cina, vuole incontrare Emilio Riva, confessa di essersi molto divertito a proposito di quel microfono che Archinà ha strappato di mano a un giornalista quando, alla fine di una conferenza stampa, il cronista chiedeva conto al padrone dell’Ilva dei morti avvelenati dai fumi dell’acciaieria.
Basta il tono di ilarità complice perché inizi la lapidazione nel mare magnum della rete verso l’uomo di sinistra che “ride sulle disgrazie altrui”, “sui morti di tumore” ecc. ecc. E’ il marchio di infamia! Per Marco Travaglio e per Giuliano Ferrara la carriera politica di Nichi Vendola è ormai conclusa.
Noi non crediamo che la carriera politica di Nicola Vendola sia giunta al termine. Il comunismo e il cattolicesimo hanno forgiato il carattere del piccolo Nichi, che è riuscito a costruirsi passo passo la strada che lo ha portato ad essere il potente Rais di Puglia, contrariamente alle premesse esistenziali che lo destinavano ad una vita piccolo borghese da impiegatuccio nel paese dell’entroterra barese.
Autoproclamatosi gay in anni in cui gli omosessuali non si nascondevano, diviene il principe degli Arcigay che gli garantiscono l’appoggio nelle elezioni durante la sua permanenza nel Pci ed oltre, quando era già iniziata da parte dell’Arcigay l’affiliazione di locali per la socializzazione nei centri di comunità per lesbiche, gay, bisessuali, e transgender.
Come cattolico vive il cattolicesimo post conciliare che va tingendo la sua veste talare di dissenso modernista, strizzando l’occhio al proletariato, imparando la forza del volontariato nella costanza di un impegno ossequioso che gli sarà utile nella creazione delle sue “Fabbriche di Nichi”, luoghi fisici e virtuali,“spazi diversi, attivi e creativi”, creati dai volontari in un “luoghi funzionali, accoglienti, se possibile visibili, dove procurarsi i fondi col fundrising e fare politica e altro senza tessere e denaro… Sono più di seicento, riporta il loro sito, ed hanno invaso l’Italia ed oltre raggiungendo Londra, Parigi, Madrid, Atene, Mosca, Lisbona, e perfino a Bangkok (fa concorrenza alla Soka Gakkai!).
Come comunista vive la fine del Pci che, pur di non fare un’autocritica costruttiva e perdere i finanziamenti sovietici, per anni aveva difeso Gramsci e lo stalinismo, non rendendosi conto che quello sovietico era pur sempre un capitalismo, anche se di Stato. Vive la politica comunista double face che inganna il proletariato inventandosi, di volta involta, un nemico contro cui alzare le barricate e mantenendosi sempre una “spalla massimalista” che gli garantisse l’appoggio degli ultras.
E così il buon Nichi – tra una barricata e l’altra – passa al Movimento per la Rifondazione Comunista con Garavini e sbarca in Parlamento con una barca di voti ricevuti a Bari e Foggia, dove resterà con Bertinotti senza brillare di luce propria (se non per l’orecchino) fino al 2005, inondando nel frattempo la Puglia di accalorati discorsi di lotte contadine, costruendosi il suo elettorato e suscitando amori alla Berlusconi: “Tra me e i pugliesi – dice Nichi – c’è un rapporto prepolitico. Nonne e madri mi fermano. I bambini mi mandano lettere con consigli”. E’ tempo di creare il suo Sel!
È con la candidatura a governatore che Nichi ha dimostrato di godere di una popolarità personale che gli ha permesso di dettare lui le condizioni al Pd, di avere una barca di elettori. E nelle primarie del 2012, in un confronto televisivo tra i cinque candidati del centro sinistra – Bersani, Renzi, Puppato, Tabacci, Vendola – il nostro Nichi mostra tutto il suo Olimpo di divinità a cui fa riferimento: accanto a Berlinguer e Togliatti trova posto il Cardinale Carlo Maria Martini, mentre Bersani chiama in causa addirittura Papa Giovanni XXIII come suo ispiratore: il Papa mancato e il Papa che ha iniziato una “nuova” strada per la Chiesa.
Il Cardinale amato e riverito da Formigoni è la luce che ispira Vendola! Non a tutti piace l’accostamento. E più tardi Nichi vuole correggere il tiro e carica su facebook una sua istantanea davanti alla tomba di Pier Paolo Pasolini con questa didascalia: “La tomba di Pier Paolo Pasolini a Casarsa è una parte del mio Pantheon. Oggi sono passato da qui”.
Non spetta a noi parlare dei procedimenti penali o avallare chiacchiere omofobiche, Nichi Vendola, per noi, rimane un piccolo borghese che ha fatto strada con tenacia e, in onore del suo Pantheon, dedichiamo alcune parole di Pier Paolo Pasolini a lui e a quanti lo sostengono: “La cultura piccolo borghese massifica i principi elaborati dalla cultura borghese sin dal ‘700. Individualismo, sentimentalismo, moralismo. Fuga dalla ragione, dal rigore, dalla cultura, dalla realtà, dalla necessità del presente per ripiegare nell’emotività, nell’irresponsabilità, nell’esaltazione del libero stato di natura, nella ricostruzione acritica del passato, con l’obiettivo di adattarlo arbitrariamente alle esigenze immediate del presente. Con il risultato veramente confortevole per le classi dirigenti di trasformare le conquiste scomode della ragione in tranquillizzanti certezze ideologiche e le preoccupanti contraddizioni poste dalla realtà economica in innocenti problemi psicologici”.