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Italia: aspettando un nuovo “miracolo” renziano

di Salvo Ardizzone

La luna di miele del Governo Renzi rischia di finire anzi tempo, presa nella tagliola fra le esigenze di cassa per rispettare, almeno in parte, le varie promesse fatte, e gli arcigni diktat di un’Europa ancora e sempre a guida tedesca e per nulla addomesticata.
Il ministro Padoan, in questi giorni, pare trovarsi dinanzi alla classica missione impossibile: rinnovare il famoso “bonus” degli 80 euro per il 2015 (cosa che pesa sulle casse dello Stato per 10 Mld), coprire spese indifferibili per 6 Mld e aggiungere altri 4 Mld previsti dalla Legge di Stabilità per il 2014. Fanno 20 Mld da trovare, al netto del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per una platea immensa, dell’estensione del “bonus” anche a quelle fasce più deboli, tenute fuori dal precedente decreto e della copertura per altre ondate di esodati.

Un qualche aiuto può certo venire dalla diminuzione dei tassi sui titoli del debito pubblico emessi nell’anno, ma non basta di certo, fanno 3 o 4 Mld; resta il dilemma se agire su minori spese o maggiori tasse. Renzi, di mettere altre tasse non vuol sentire, e così il piano di Padoan, di reperire risorse attraverso il riordino della sterminata pletora di deduzioni e detrazioni fiscali, strappate di volta in volta dalle varie lobby, è stato cestinato. Che sia per calcolo politico (assai più probabile) o per equità, ci sembra corretto che il risultato di quella rimodulazione sia a somma zero, e quello che verrebbe tolto a chi aveva ottenuto troppo, dovrebbe essere utilizzato per dar sollievo a chi è più gravato.
D’accordo. Rimane però il problema di trovarli quei soldi, e l’unica via che resta è quella della revisione della spesa (ma questa volta vera). E qui cominciano i dolori.

Come sapeva bene Tremonti, che ai suoi tempi neppure ci provò, tagliare spese essenziali fa sollevare le proteste di molti, certo, ma sono proteste che in Italia non graffiano anche se toccano la carne viva della gente. Ma provare a toccare gli sprechi, che sono la riserva di caccia di lobby e potentati che lì ingrassano, solleva un’autentica tempesta; da questa constatazione provengono i famosi e tanto deprecati tagli lineari, uguali su tutti i capitoli di spesa, gli unici che in un Paese come il nostro potevano a suo tempo essere applicati.
Ma ora di tagli simili non si può parlare; molti servizi essenziali sono già al di sotto del livello minimo, e parole come razionalizzare e risparmiare suonano più come una provocazione che un programma. Ora si tratta di tagliare e mettere ordine in quell’ambito vasto quanto opaco, dove ancora spadroneggiano gli amici degli amici, e parliamo di mettere in cantiere centrali uniche di acquisti, costi standard e così via discorrendo.

È ovvio che le resistenze d’un apparato burocratico che vede limitato il suo potere e i suoi interessi siano furiose (ne sa qualcosa il Commissario Cottarelli), così, trincerandosi dietro mille cavilli, fa arrivare i dati col contagocce, rinviando le soluzioni dei problemi.
È una corsa contro il tempo, contro le resistenza d’una casta che vede insidiate le proprie prerogative e il proprio potere, e contro l’inflessibilità di chi, in Europa, non ha la minima intenzione di mollare d’un centimetro su regole e procedure tagliate su misura sui propri interessi.
Non è che ne siamo convinti, sarebbe davvero troppo, ma, qualunque siano le motivazioni, non ci resta che sperare in una riduzione dello sconcio di lobby e centri di potere che ingrassano, mentre il resto del Paese è alla fame.

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