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Netanyahu: mia missione spirituale fondare “Grande Israele”

Il concetto di “Grande Israele” è stato uno dei più controversi del pensiero sionista. Si tratta di un progetto basato su presunte narrazioni bibliche e visioni geopolitiche che mirano a estendere l’influenza israeliana dal fiume Nilo in Egitto a ovest fino al fiume Eufrate a est, comprendendo Palestina, Libano, Siria, Giordania, Egitto, Iraq e, si dice, persino i confini dell’Arabia Saudita e degli Stati del Golfo. Questa ambizione non è mai stata assente dal discorso dei leader israeliani, ma sotto Benjamin Netanyahu ha assunto una dimensione più esplicita e audace, spinta dalle mutevoli circostanze regionali e da un sostegno americano senza precedenti.

Netanyahu e il sogno ideologico sionista

Netanyahu vede la questione come un sogno ideologico sionista, affidato da Dio e dal popolo ebraico per realizzare le “speranze dei nostri antenati”. D’altra parte, la vede come un piano strategico per garantire la sicurezza e la sopravvivenza dell’entità israeliana, che non può essere realizzata entro i suoi ristretti confini geografici e demografici. Considera l’espansione regionale, diretta o indiretta, una necessità esistenziale. Qui, il progetto israeliano si interseca con gli interessi dell’egemonia americana in Medio Oriente, poiché Israele costituisce la punta di diamante nell’imporre un equilibrio di potere favorevole a Washington e nell’impedire l’ascesa di qualsiasi potenza regionale concorrente.

Tuttavia, questa ambizione è ostacolata da una realtà complessa. In primo luogo, c’è la presenza di una Resistenza armata prossima alla distruzione di questa entità in Palestina e Libano, in grado di minare qualsiasi tentativo di espansione. In secondo luogo, c’è un contesto regionale in cui il ciclo di normalizzazione politica e di sicurezza non è stato completato, nonostante alcuni progressi ottenuti attraverso gli Accordi di Abramo. Nonostante la superiorità militare, di intelligence e aerea di Israele in particolare, Netanyahu non è stato finora in grado di trasformare il suo progetto di “Grande Israele” in una realtà tangibile. Questo lo spinge a sfruttare crisi come la questione dei prigionieri di Gaza o la guerra in corso con Hamas ed Hezbollah, come pretesti temporanei sulla strada verso il suo obiettivo.

Il contesto ideologico del concetto di “Grande Israele”

Il progetto “Grande Israele” si basa su una combinazione di presunte narrazioni religiose e visioni geopolitiche che vedono l’espansione territoriale come un mezzo per garantire la sicurezza strategica. Questo concetto è stato politicamente invocato nel discorso di Netanyahu per riaffermare l’idea che l’entità israeliana, con la sua piccola area geografica, non può garantire la propria sicurezza e sopravvivenza senza controllare un’area geografica più ampia che si estende dal Nilo all’Eufrate.

Strumenti di potere israeliani: superiorità militare e di intelligence

Sebbene il progetto non sia stato implementato sul campo, l’entità occupante ha sviluppato capacità significative che le conferiscono un ampio margine di influenza, come:

  • Superiorità militare: che comprende il possesso di armi avanzate, il controllo aereo quasi assoluto della regione e la tecnologia militare avanzata.
  • Dominio dell’intelligence: Israele si affida a vaste reti di raccolta di informazioni, il che gli conferisce la capacità di influenzare gli eventi regionali anche senza un intervento militare diretto.
  • Ampliando la sua rete di alleati: Netanyahu ha rafforzato le relazioni con gli Stati Uniti e diversi Paesi arabi nel quadro della normalizzazione, fornendogli sostegno politico, economico e militare.

Ostacolo geografico

La geografia limitata di Israele rimane una sfida strategica, poiché i decisori politici ritengono che la sua attuale superficie territoriale non offra una profondità difensiva sufficiente. Da qui la spinta verso l’espansione regionale, sia direttamente che attraverso mezzi indiretti come l’influenza politica ed economica nei Paesi confinanti.

La Resistenza principale ostacolo per Netanyahu

La presenza di una Resistenza armata a Gaza e in Libano costituisce l’ostacolo più significativo a qualsiasi progetto espansionistico. Queste forze, in particolare Hamas ed Hezbollah, rappresentano una minaccia costante che costringe l’entità occupante a rivalutare i propri calcoli militari e politici. Pertanto, parlare di “eliminazione di Hamas” o “disarmo di Hezbollah” diventa parte di una strategia più ampia volta a rimuovere gli ostacoli al progetto del “Grande Israele”.

Questioni come il ritorno dei prigionieri da Gaza o la cessazione degli armamenti di Hezbollah sono spesso usate come pretesti per operazioni militari o pressioni politiche che mirano a creare un ambiente regionale libero da forze che potrebbero ostacolare l’espansione israeliana. Tuttavia, questo approccio si scontra con ripetuti fallimenti a causa della tenacia della Resistenza, impedendo a quest’ambizione di trasformarsi in realtà.

Tra ambizione e vincoli realistici

Nonostante Israele disponga di strumenti di potere ed egemonia a più livelli, il progetto del “Grande Israele” rimane, in questa fase, confinato al discorso politico e ideologico. Pertanto, per Netanyahu, il progetto rimane una carta di mobilitazione interna e un incentivo a espandere l’egemonia indiretta, piuttosto che un piano attuabile nel prossimo futuro. Ciò non nega l’effettivo ingresso della regione nel vortice di Netanyahu, che cerca di realizzare il suo sogno occupando più terre e Paesi con ogni mezzo disponibile: massacri, distruzione, fame.

di Redazione

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