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Nessuno tocchi Nimr Al-Nimr

di Redazione

Se Diritti Umani e Libertà d’espressione fossero egualmente riconosciuti per tutti, il caso del prigioniero Nimr Al-Nimr nelle carceri dell’Arabia Saudita susciterebbe clamore. Che cosa impedisce ai grandi media occidentali di occuparsi della tragica condizione degli oppositori della monarchia saudita? Nell’Italia laica solamente Nessuno Tocchi Caino ricorda che il 18 giugno sono state condannate a morte in Arabia Saudita ventisei persone, con accuse come aver pronunciato discorsi critici nei confronti del regime e partecipato alle proteste contro la famiglia regnante.

Totalmente sconosciuto, di conseguenza, il caso giudiziario dello Sceicco, termine che indica persona autorevole di venerabile esperienza, Nimr Baqui Al-Nimr.

Siamo nella primavera del 2012. Muore un membro della monarchia saudita. Un gruppo di giovani, impegnati da mesi nelle dimostrazioni per il rilascio dei prigionieri politici, organizza una celebrazione che è l’opposto del cordoglio funebre. Vengono arrestati. Nei giorni seguenti lo Sceicco Nimr Al-Nimr, già noto per la sua opposizione al regime e per le sprezzanti critiche agli Stati Uniti, pronuncia un discorso il loro difesa.
L’8 luglio 2012 al-Nimr viene arrestato, la polizia dichiara il verificarsi di uno scontro a fuoco per giustificarne il ferimento. Viene condotto in carcere e da quel momento la sua vita è quella di tutti i prigionieri nelle nazioni dove la libertà di espressione è considerata pericolosa: isolamento, privazione dei contatti con i famigliari, interrogatori, comunicazione carente delle accuse, privazione delle cure mediche.

Ciò è tipico delle dittature, certamente, ma è praticato anche da nazioni definite democratiche. Per esempio Israele, che sui prigionieri politici palestinesi pratica anche l’alimentazione forzata e che un ultradecennale trattamento simile a quello saudita riservò a Mordechai Vanunu, il whistleblower del progetto nucleare di Dimona. O negli Stati Uniti dove la popolazione carceraria Afro-americana in particolare subisce detenzioni in isolamento di durata pluriennale, dove si commina la pena di morte a minorenni e minorati psichici e dove le carceri private tengono i detenuti in condizioni degradanti. 

Pochi giorni dopo l’arresto di Nimr, Amnesty rilascia un tiepido comunicato poi entra in amnesia, almeno pubblicamente.
Richiede: precisate le accuse o rilasciatelo. Risposta: è accusato di incitamento alla sedizione.
Lo Sceicco era noto per l’appoggio alle istanze separatiste delle province orientali. Anche in Italia c’è chi auspica secessioni, alcuni ambienti di Trieste per esempio, senza che questo apra le porte della galera.

L’ “imperdonabile” crimine dello sceicco è aver parlato in favore delle minoranze. Questo urta il dispotico potere monarchico e fa di Nimr un prigioniero di coscienza. Una di quelle figure che dovrebbero far scattare l’indignazione degli attivisti internazionali per i Diritti Umani.

L’Arabia Saudita, come Israele, è un pilastro dell’influenza americana in Medio Oriente. Non la si mette in discussione.

Spicca allora nei ricordi la campagna in difesa di Sakineh. Era accusata di un crimine comune, ma offriva un’eccellente occasione per la demonizzazione dell’Iran. Mentre la recente vicenda di Meriam in Sudan, per la quale molto si è attivata Amnesty, era un caso che serviva egregiamente per la diffamazione dell’islam. Come in guerra, nella geopolitica la prima vittima è la verità.

“Aggravante” per Nimr è l’appartenenza alla corrente religiosa Sciita, pertanto personaggio massimamente inviso alla monarchia che rappresenta il Wahabismo, costola radicale e giustizialista del Sunnismo, cui si è ispirata Al-Qaeda fondata dal saudita Osama Bin Laden.

Non si poteva accusarlo di crimini violenti poiché nella veemenza dei suoi discorsi pubblici la costante era il rifiuto della violenza, “Se nelle dimostrazioni vedete qualcuno armato, ditegli che questo non lo vogliamo, rimandatelo a casa. La nostra forza non viene dalle armi, ma dallo spirito di sacrificio”.

Dopo due anni di detenzione, e non pochi tentativi di farlo credere morto e chiudere la questione tacitando i turbolenti oppositori, si arriva al giorno in cui doveva essere depositata la sentenza definitiva, il 12 ago 2014, ma lo stesso giorno la Corte annuncia: sentenza rimandata al 24 agosto.

Il motivo dello slittamento non è noto, ci sono voci secondo le quali vi sia stata un’iniziativa non ufficiale dello sciita Halder Al-Abati Premier incaricato l’11 agosto di formare il nuovo governo dell’Iraq. Comunque sia, lo slittamento dà altro tempo alle petizioni in suo favore.

Quella in Change.org, che ne chiede la liberazione, è indirizzata a Ban Ki-Moon, John Kerry, Barack Obama. Ci sono Pagine di Facebook come Free Sheikh Nimr Baqir Al-Nimr.

Tuttavia il mondo dell’attivismo italiano per i Diritti Umani è latitante. Forse c’è imbarazzo nel difendere i diritti di un prigioniero chiaramente connotato religiosamente? Ma non ci fu per Meriam convertita al Cristianesimo.
C’è forse il timore che, difendendo i diritti di un fedele islamico, si possa apparire “teneri” con i terroristi? Ma è il governo saudita che notoriamente promuove la nascita e finanzia bande di terroristi.
O c’è semplicemente la tendenza ad andare a rimorchio dei media? Ciò di cui non si parla non esiste?

Fonte: http://mcc43.wordpress.com/ 

 

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